martedì 26 febbraio 2008

Vademecum: storia delle primarie

Nella costituzione degli Stati Uniti non ci sono accenni alle primarie, e infatti dall'Unione fino al 1820 i candidati alla Presidenza venivano decisi dai membri del Congresso appartenenti al Democratic-Republican Party, il partito di maggioranza assoluta che, fino al 1824, espresse i Presidenti (con l'unica eccezione del secondo Presidente, John Adams, del Partito Federalista). Nel 1824 il partito si divise in diverse nuove formazioni, tra cui l'attuale Partito Democratico, e il sistema andò riformato. Nel 1832 si decise che il candidato presidente di ogni partito andava scelto e nominato in una convention nazionale, i cui delegati venivano scelti da convention locali. Non c'era consultazione popolare, e le decisioni erano frutto di intrighi di palazzo.
La cosiddetta Progressive Era, alla fine del XIX secolo, portò alle prime forme di consultazioni popolari. Inizialmente, attorno al 1890, si cominciarono a tenere delle elezioni con semplice carattere di consultazione, ma senza valore vincolante. Nel 1910, l'Oregon divenne il primo stato a indire delle elezioni primarie con preferenza, in cui si prevedeva che i delegati sostenessero il candidato vincitore delle primarie stesse. Nel 1912 si aggiunsero altri 12 stati, che diventarono 20 nel 1920, anche se tra il 1936 e il 1968 alcuni cambiarono idea.
Il primo vero test per le primarie arivò nel 1912, quando il Presidente uscente Taft si scontrò con il Repubblicano Theodore Roosevelt (suo predecessore) e con il Democratico Woodrow Wilson (nella foto). Roosevelt si dimostrò il candidato più popolare, ma poichè gli stati in cui si tenevano le primarie erano la minoranza, il partito scelse Taft. Per protesta, Roosevelt fondò il Progressive Party e si presentò comunque. Con un elettorato repubblicano spaccato, Wilson vinse le Presidenziali.
Per aumentare l'affluenza alle urne, inizialmente bassa, il New Hampshire nel 1949 semplificò le regole, e nel 1952 proprio le primarie in NH videro Dwight Eisenhower sconfiggere nettamente Robert Taft tra i Repubblicani,e il Democratico Kefauver superare il presidente uscente Truman, spingendolo così a rinunciare a correre per un terzo mandato. Da allora le primarie in New Hampshire, tra le prime in calendario, vengono considerate un attendibile test dell'eleggibilità di un candidato.
Tuttavia gli stati ad affidarsi alle primarie erano ancora in minoranza, e capitava spesso che un candidato con un forte appoggio del partito si presentasse solo alla convention perchè aveva già la maggioranza dei delegati.
La rivoluzione arrivò con le primarie del 1960: Lyndon Johnson era il candidato del partito, ed era talmente sicuro della vittoria da non presentarsi alle primarie. Alle primarie trionfò il giovane cattolico John Fitzgerald Kennedy, che arrivò alla convention forte di quasi 2 milioni di voti e ottenne alla fine il 52% dei voti dei delegati, conquistando la nomination.
Nel 1968, Hubert Humphrey provò a replicare l'expolit di Kennedy, e ottenne un buon successo nelle primarie, ma il partito gli preferì Eugene McCarthy, ritenuto più eleggibile. Dopo questi fatti, il Partito Democratico varò una commissione che raccomandò l'utilizzo delle primarie in tutti gli stati. Lo stesso successe per i Repubblicani.
Negli anni, alcuni stati confinanti hanno provato a indire le primarie insieme per aumentare il proprio peso, ma senza molto successo. Dal 1984 si tiene il Super Tuesday, in cui votano quasi la metà degli stati contemporaneamente. Nel 1990, la California decise di anticipare le proprie primarie da giugno a marzo, e di conseguenza si è avuta una tendenza collettiva e costante ad anticipare le primarie, perciò il New Hampshire, che teneva tradizionalmente le votazioni a marzo, le ha spostate a gennaio.
Il sistema delle primarie è stato spesso oggetto di critiche, soprattutto riguardo il fatto che i primi stati in cui si vota (Iowa e New Hampshire) finiscono per dare un imprinting alla corsa pur avendo una scarsa rappresentatività.
Ci sono diverse ipotesi di riforma delle primarie: il cosiddetto American Plan propone di cominciare dagli stati più piccoli e di continuare man mano con quelli più grandi, estraendoli a sorte. Questo sistema però aumenterebbe i costi.
Il Delaware Plan prevede di tenere le primarie in 4 sessioni, ognuna delle quali raggruppi gli stati, partendo dai più piccoli. Gli stati più popolosi si sono opposti perchè non vogliono tenere le primarie per ultimi.
Il Rotating regional system prevede di suddividere le primarie in 4 regioni: West, MidWest, South e NorthEast.
Un altro piano basato sulla suddivisione regionale è l'Interregional Plan, che prevede la divisione in 6 gruppi con l'ordine estratto a sorte.
Il Balanced primary system prevede di mantenere l'attuale formula ma di ridurre le settimane da 18 a 13 e bilanciando il peso dei vari stati (ad esempio, la California voterebbe a metà delle 13 settimane).
Infine, in molti chiedono di indire una national primary, facendo votare tutti gli stati nello stesso giorno.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Guido, come sempre ottimi articoli che aiutano a fare chiarezza sulle primarie.

Intanto vi do notizie su un sondaggio freschissimo.

Texas (SurveyUSA) Obama 49, Clinton 45 :-)

Democratico

Anonimo ha detto...

Nuovo sondaggio (di Rasmussen) in Ohio

Clinton 48
Obama 43
5 punti di vantaggio

Una settimana fa sempre Rasmuessen dava la Clinton al 48% e Obama al 40%
8 punti di vantaggio

2 settimane fa la Clinton aveva 14 punti di vantaggio

Democratico

Anonimo ha detto...

Comunque SurveyUSA che a differenza degli altri sondaggi azzeccò perfettamente il risultato della California oggi (sempre in Ohio) dà la Clinton al 50% e Obama al 44% (sei punti di distacco) Ma la settimana scorsa Survey dava un vantaggio alla Clinton di 9 punti mentre due settimane fa il vantaggio era di 17 punti.



Peccato che si vota il 4 marzo. Forse Obama, se le primarie negli stati dove si voterà tra una settimana si fossero tenuto con una decina di giorni di vantaggio, avrebbe potuto vincere.


Democratico