sabato 10 maggio 2008

Sondaggi: per il LA Times Obama e la Clinton superano McCain

Nonostante la lotta fratricida di queste infinite primarie Democratiche, secondo un sondaggio condotto da Los Angeles Times/Bloomberg (per i risultati completi, basta ingrandire l'immagine a fianco cliccandoci sopra) sia Barack Obama che Hillary Clinton vincerebbero contro il candidato del GOP John McCain.
Il Senatore dell'Arizona è competitivo, ma gli è fatale il giudizio che gli elettori danno di lui nel campo economico, quello che preoccupa maggiormente gli elettori interpellati. In economia, è la Clinton ad ispirare maggiore fiducia.
In un ipotetico testa a testa a novembre, Obama sarebbe al 46% contro il 40% di McCain, con un 9% di indecisi. La Clinton invece condurrebbe con il 47% contro il 38% di McCain, ma una quota di indecisi maggiore, l'11%. Il margine di errore è del 3%. Un analogo sondaggio condotto dal quotidiano californiano a febbraio dava il Repubblicano in testa, con 6 punti di distacco sulla Clinton e 2 su Obama. In quel periodo era un sondaggio in controtendenza con gli altri che vedevano Obama grande favorito, e anche quest'ultimo sondaggio è piuttosto discordante rispetto a tutti gli altri, che vedono McCain guadagnare punti sui Democratici. Secondo il supervisore del sondaggio, Susan Pinkus, questo dato è dovuto alla crescente preoccupazione degli americani per l'economia: il 56% degli interpellati sostiene che l'economia debba essere la priorità per i candidati, e il 78% ritiene che l'America stia andando verso la recessione. Questi ultimi sono al 52% con Obama o con la Clinton e al 32% con McCain.

Tra gli over 65 la Clinton e McCain sono praticamente appaiati con pochi decimali di scarto, mentre il Repubblicano guida su Obama per 47 a 41. Tra gli elettori di età compresa tra i 18 e i 44 anni, Obama avrebbe il 55% contro il 35% di McCain, mentre in un testa a testa Clinton-McCain le percentuali sarebbero 48 a 35.
Tra gli afro-americani, Obama avrebbe il 79% contro il 3% di McCain, mentre la Clinton avrebbe il 60%, contro il 9% di McCain e il 23% di indecisi.
Tra gli indipendenti, McCain è nettamente in testa sulla Clinton ed appaiato con Obama.

Gli elettori si dimostrano particolarmente sfiduciati riguardo la strada intrapresa dalla loro nazione con la attuale amministrazione: il 76% degli interprellati ha dichiarato che l'America è "seriamente sulla strada sbagliata". Tra questi i più sfiduciati sono gli elettori progressisti - al 90% - ma anche tra i conservatori c'è un 62% di delusi, mentre tra gli indipendenti il giudizio negativo si attesta all'82%. Tra gli elettori Repubblicani, il giudizio negativo ammonta al 50%.
Susan Pinkus fa notare che per trovare giudizi così negativi sull'America bisogna tornare indietro fino al 1992, quando Bill Clinton vinse contro il Presidente in carica George H.W. Bush sull'onda della recessione del biennio precedente.
In economia, la Clinton è giudicata la più competente tra i tre candidati, con il 32%. Obama è al 26% e McCain al 23%.

Obama: il 20 maggio potrebbe essere il giorno della vittoria

Barack Obama ha rilasciato ieri le prime interviste dopo il voto in North Carolina ed Indiana, e pur non dando per scontata la nomination, ha fatto previsioni sulla data in cui la sua vittoria sarà ufficiale, e ha spostato il tiro su McCain, accusato di strumentalizzare le dichiarazioni di alcuni leader di Hamas.
Ecco una trascrizione di alcuni passi significativi dell'intervista concessa all'anchorman della NBC Brian Williams.

Williams: Barack Obama è il nominato in pectore del Partito Democratico?
Barack Obama: non ancora, ma lo sarò, se la Senatrice Clinton deciderà di non andare avanti o se completeremo le sei votazioni rimanenti in testa come siamo oggi. Ma non voglio dare niente per scontato. La Senatrice Clinton è stata data per finita prima d'ora, ed è risalita. E' un candidato formidabile. Ma ovviamente guardiamo con fiducia al risultato di martedì, perchè rafforzerà la nostra posizione. Anche se non è ancora ufficiale, confido nel fatto che finiremo le primarie rafforzando la leadership.

Williams: è possibile dire che la vittoria sarà decisa il 20 maggio, il giorno delle primarie in Oregon e Kentucky?
Obama
: quello sarà un giorno importante. Se, a quel punto, avremo la maggioranza dei delegati elettivi, cosa possibile, allora potremo dichiarare la nostra vittoria. Ma dovremo farlo in modo da unificare il partito.

Williams: ci sono stati contatti, conversazioni o abboccamenti con lo staff della Clinton per sondare la possibilità di un ticket che coinvolga la Senatrice?
Obama: non abbiamo avuto conversazioni di questo tipo, perchè rispetto ciò che ha detto pubblicamente riguardo la sua volontà di proseguire la campagna elettorale.

Williams: ma è un'ipotesi che viene presa in considerazione?
Obama: Brian, come ho detto rispetto la Senatrice e il suo desiderio di continuare ad essere in gara. Appena sarò sicuro di essere il nominato, allora potrò cominciare a fare queste aperture con lei, come con chiunque altro, per trovare il modo migliore per unire il partito.

Williams:la Clinton avrebbe le caratteristiche giuste per essere il candidato vice-presidente?
Obama: non c'è dubbio che sia qualificata per fare il vice-presidente, così come è qualificata per fare il Presidente. L'ho detto prima. Sarebbe il miglior presidente, se io non fossi in gara. E' una persona intelligente e capace, come può ammettere chiunque abbia avuto a che fare con lei.

Obama ha poi rilasciato un'intervista all'anchorman della CNN Wolf Blitzer. Qui Obama si è concentrato maggiormente su John McCain, accusato di fare politica "calunniosa" per aver messo in dubbio la sua capacità di fare il Presidente.
"E' offensivo e deludente" ha detto, riferendosi alle dichiarazioni di McCain secondo cui Hamas farebbe festa se Obama fosse eletto presidente "Perchè John McCain ha sempre detto 'Io non farò quel tipo di politica', e cadere in queste calunnie è spiacevole, tantopiù perchè la mia posizione su Hamas non è diversa dalla sua. Ho detto che è un'organizzazione terroristica e che non dobbiamo negoziare con loro finchè non riconosceranno lo Stato di Israele rinunciando alla violenza, e finchè non rispetteranno gli accordi tra Palestinesi e Israeliani. Perciò questi commenti da parte sua mi sembrano il segno che stia perdendo il senno inseguendo la nomination. Non abbiamo bisogno di cose di questo genere in campagna elettorale."

venerdì 9 maggio 2008

I cinque errori della Clinton

di Karen Tumulty (TIME)

Lungo tutto il suo discorso "a tutta velocità verso la Casa Bianca", la Clinton a Indianapolis ha usato un tono inconfondibilmente elegiaco. E se qualcuno aveva dei dubbi sul fatto che la immortale Hillary fosse consapevole che la sua corsa era giunta alla fine, bastavano le facce malinconiche di suo marito e di sua figlia.
Questa corsa era iniziata con un vantaggio apparentemente insormontabile, che è evaporato costantemente man mano che la campagna si è protratta più a lungo di quanto nessuno avrebbe mai pensato. Lei ha fatto almeno 5 grandi errori, ognuno dei quali ha portato al successivo.

1. Ha sbagliato il tono
Questo è stato probabilmente l'errore più grande. In un'epoca che è completamente incentrata sul cambiamento, la Clinton si è presentata come una sorta di Presidente uscente, puntando sull'esperienza, la preparazione e la forza del suo nome. Tutto ciò aveva un senso, soprattutto per fugare i dubbi che molti avevano sulla possiblità di eleggere una donna. Ma nel posizionarsi in modo da vincere a novembre, la Clinton ha completamente frainteso lo stato d'animo degli elettori Democratici nelle primarie, che volevano disperatamente voltare pagina.
"Essere una consumata insider di Washington non è esattamente la cosa migliore in un anno in cui tutti vogliono il cambiamento" ha detto David Axelrod, capo stratega di Obama "la strategia iniziale della Clinton era pessima e ha fatto il nostro gioco". Ma i suoi sbagli hanno fatto di peggio.

2. Non conosceva le regole
La Clinton ha scelto le persone del suo staff contando sulla loro lealtà nei suoi confronti, invece che sulla loro preparazione. Questo è diventato terribilmente chiaro in un brainstorming l'anno scorso, secondo due testimoni diretti. Mentre studiavano il calendario della primarie, il capo stratega Mark Penn predisse che una vittoria in California avrebbe di fatto chiuso la partita assegnando alla Clinton 370 delegati. Sembrava forte, ma come ogni studente di liceo sa, Penn aveva torto: i Democratici, al contrario dei Repubblicani, assegnano i loro delegati proporzionalmente anzichè con il winner-take-all. Seduto lì accanto, il veterano del partito Harold Ickes, che ha constribuito a stabilire queste regole, inorridì, e lo disse a Penn. "Come è possibile" chiese Ickes "che il più famoso stratega politico non capisca il sistema proporzionale?". Ma la strategia rimase invariata, con una campagna basata sui grandi stati. Ancora adesso, sembra che non lo abbiano capito. Sia Hillary che Bill ripetono spesso che se i Democratici avessero lo stesso sistema elettorale dei Repubblicani, lei avrebbe la nomination. Nel frattempo, lo staff della Clinton ammette sottovoce che:

3. Sono stati sottovalutati gli stati con i caucus
Nel momento in cui la strategia della Clinton si è basata sui grandi stati, lei ha sembrato virtualmente snobbare stati come Minnesota, Nebraska e Kansas, che scelgono i loro delegati tramite i caucus. C'era una ragione: i Clinton decisero, secondo un consigliere, che "i caucus non avevano niente a che fare con loro". I loro sostenitori principali - donne, anziani, operai - non sono tipi da impegnarsi per un'intera serata, come richiede il sistema. Ma è stata una specie di resa unilaterale in stati che assegnano il 12% dei delegati elettivi totali. Ed è stato proprio nei caucus states che Obama ha costruito la sua leadership tra i delegati "Nonostante tutti i soldi e il talento che avevano" dice Axelrod "loro - incomprensibilmente - non hanno capito i caucus e l'importanza che avrebbero assunto".
Quando i collaboratori della Clinton hanno capito la gravità del loro errore, non avevano più risorse su cui contare, in parte perchè:

4. Ha fatto affidamento su "vecchi" soldi
Per più di un decennio, i Clinton hanno fissato lo standard delle raccolte fondi nel Partito Democratico, e praticamente tutti i vecchi finanziatori di Bill si sono attivati per Hillary. La sua campagna per l'elezione al Senato nel 2006 raccolse la sorprendente cifra di 51,6 milioni di dollari, nonostante il risultato fosse scontato. Ma nel frattempo è accaduto qualcosa che i Clinton non hanno compreso bene: Internet. Anche se il circuito di finanziatori dei Clinton è ancora impressionante, è composto da chi di solito stacca assegni di grosse cifre. Ma una volta raggiunta la cifra di 2.300 $ permessa dalla legge, non hanno potuto donare di più. Così il pozzo che sembrava senza fondo ha finito per prosciugarsi.
Obama invece si è basato su un nuovo modello: le più di 800.000 persone iscritte al suo sito, che donano 5, 10, 50 dollari alla volta (in questo modo la sua campagna ha raccolto on-line più di 100 milioni di dollari, circa la metà del totale). Nel frattempo i Clinton hanno dovuto attingere al loro patrimonio personale, prima a gennaio con 5 milioni per il Super Tuesday, e poi con altri 6,4 milioni per l'Indiana e la North Carolina. Questo riflette l'errore finale:

5. Non ha pensato ad una lunga gara
La strategia della Clinton si è sempre basata su un rapido KO. Se avesse vinto in Iowa, era la sua idea, la corsa si sarebbe conclusa subito. La Clinton spese a piene mani e alla fine arrivò solo terza. Ciò che soprese Obama fu il tempo che lei impiegò per riprendersi. Lei arrivò ad un pareggio nel Super Tuesday, ma a quel punto non aveva truppe per combattere nei successivi stati. Obama, invece, era un treno che correva forte su due o tre binari. Anche se quartier generale di Chicago contava sulle vittorie nei primi stati, c'era sempre un'altra organizzazione che si occupava delle votazioni successive. Il 21 febbraio il manager della campagna di Obama, David Plouffe, era a Raleigh, in North Carolina. In quell'occasione disse che le primarie in NC, che si sarebbero tenute 10 settimane dopo "potevano essere molto importanti per la nomination". A quel tempo, l'idea sembrava ridicola.

Adesso invece la questione non è se la Clinton si farà da parte, ma quando. Lei continua ad aggiundere tappe alla sua campagna elettorale, anche se gli appelli perchè si fermi si fanno sempre più insistenti. Ma l'unica voce che lei ascolta è quella dentro la sua testa, ha spiegato un assistente di lunga data. Lo scopo della Clinton riguarda più la storia che la politica. Come prima donna arrivata così lontano, vuole che le persone che hanno creduto in lei vedano che ha fatto del suo meglio. E poi? Come ha detto ad Indianapolis, "Comunque vada, lavorerò per il nominato perchè vinca a novembre". Quando si tratterà di sanare le divisioni nel Partito Democratico, lo sconfitto potrà avere molta più influenza del vincitore.

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Conoscere John McCain

di Karl Rove (Wall Street Journal)

Mi è capitato quando ero a cena con Doris Day. No, non quella Doris Day, ma la moglie del Colonnello Bud Day (nella foto con McCain), pilota, medaglia d'oro, prigioniero di guerra in Vietnam e compagno di prigionia di John McCain ad Hanoi.
Mentre cenavamo nella loro tenuta in Florida, poco tempo fa, ho sentito cose su McCain al tempo stesso commoventi e problematiche. Commoventi perchè mi hanno raccontato cose su di lui che gli americani dovrebbero conoscere. Problematiche perchè John McCain è uno degli individui più riservati che abbiano mai corso per la presidenza.

Quando devono scegliere il loro presidente, gli Americani vogliono sapere dai candidati molto più delle loro posizioni politiche. Vogliono conoscere il loro carattere e i loro valori. Nel caso di McCain, significa che vorranno sapere molto più di quanto lui ha intenzione di rivelare.
Day mi ha raccontato una di queste storie che gli americani dovrebbero ascoltare. Riguarda ciò che accadde al colonnello Day dopo essere fuggito da una prigione vietnamita durante la guerra. Quando venne catturato di nuovo, uno dei suoi aguzzini gli ruppe un braccio e gli disse "Te l'avevo detto che ti avrei reso uno storpio".
Quel gesto aveva lo scopo di spezzare la volontà di Day. Era sopravvissuto alla prigionia con la speranza che un giorno sarebbe tornato in patria e avrebbe volato di nuovo. Per uccidere quella speranza, il vietnamita lasciò la frattura scomposta e gli chiuse il braccio un un gesso deformato. In quel modo sarebbe rimasto deforme e non avrebbe più potuto volare.
Se ciò non accadde fu merito di John McCain. Rischiando severe punizioni, McCain e Day raccolsero pezzi di bambù nel cortile della prigione e li usarono come stecche. McCain mise Day sul pavimento della loro cella e, usando mani e piedi, ricompose la frattura mettendo l'osso di Day a posto. Poi, prendendo le bende della sua stessa ferita e i usando pezzi di bambù, steccò il braccio.
Anni dopo, i chirurghi dell'aeronautica esaminarono Day e si complimentarono con i suoi carcerieri. Mr Day li corresse: il merito era del Dr. McCain. Day tornò a volare.

Oggi, Day è un 83enne che ricorda vividamente i sermoni di McCain. In uno di questi, McCain citò la frase di Gesù "date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" per spiegare ai suoi compagni di prigionia che non dovevano chiedere a Dio di liberarli, ma di aiutarli a diventare persone migliori mentre erano in prigione. Era stato Cesare a farli imprigionare e Cesare li avrebbe fatti uscire. Il loro compito era di agire con onore.
Day ricorda che l'unica persona che McCain volle rivedere quando tornò in Vietnam fu uno dei carcerieri che si era mostrato benevolo con lui. E ricorda con orgoglio che McCain rifiutò testardamente di avere un trattamento di favore, anche quando era in pericolo di vita. Sapeva che i vietnamiti volevano usarlo per la propaganda militare, dal momento che avevano saputo che era il figlio e il nipote di importanti ammiragli "Per lui era inconcepibile. Ed è rimasto incorruttibile come allora".
Tutti sanno che McCain e sua moglie nel 1991 visitarono un orfanotrofio in Bangladesh e adottarono la piccola Bridget, che senza cure sarebbe morta. Ciò che molti non sanno è che portarono via anche un'altra bambina, che venne poi adottata da una coppia di assistenti dei McCain.

McCain non racconta mai le sue storie in campagna elettorale, neppure quelle presenti nelle sue biografie ufficiali. Questa sua reticenza è ammirabile, ma deve superarla. C'è un motivo se in politica sono poche le persone riservate: chi è a disagio nel mostrare la propria vita interiore perde appeal. McCain deve aprirsi se vuole vincere le elezioni.
Gli americani devono conoscere non solo le sue visioni politiche, ma anche i momenti della sua vita che lo hanno reso ciò che è. McCain non deve incentrare la sua campagna solo su di sè, ma di certo non può permettersi di ignorare la propria biografia. Se non lo farà, molti elettori ignoreranno le esperienze di vita che lo hanno reso così integro e onesto.

Queste esperienze sono state importanti per il primo presidente così come lo saranno per il quarantaquattresimo.


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giovedì 8 maggio 2008

I consiglieri della Clinton vedono nero

di Perry Bacon Jr. and Anne E. Kornblut (Washington Post)

Dopo aver fallito la decisiva doppietta in North Carolina e Indiana, che avrebbe cambiato il corso delle primarie, i disillusi assistenti della Clinton ammettono che sarà praticamente impossibile per lei rimontare su Obama nel computo dei delegati o nel voto popolare da qui alla fine delle votazioni.
Il risultato di martedì ha fatto sì che la candidata e il suo staff abbiano intensificato il loro pressing sul partito affinchè vengano inclusi i risultati del Michigan e della Florida. Il Comitato Rules and Bylaws del DNC è previsto per il 31 maggio, quando si deciderà se, e come, includere alla convention i delegati dei due stati.
"A meno di un qualche miracolo il 31 maggio, per noi sarà dura" ha detto uno dei maggiori consiglieri della Clinton, con la condizione di rimanere anonimo "abbiamo perso a febbraio, ora stiamo facendo tutto il possibile ma è una battaglia ardua".
Dopo il voto di ieri, la Clinton ha detto che rimarrà in corsa finchè non ci sarà un nominato ufficiale, ma ha anche detto che il "magic number" non è 2.024, ma 2.209, comprendendo cioè anche i delegati di Florida e Michigan. "Sarebbe strano avere un nominato da 48 stati anzichè da 50" ha detto dopo il voto di martedì.
Lo staff della Clinton tuttavia sta ancora facendo pressing sui superdelegati, puntando soprattutto sulla questione dell'eleggibilità "I superdelegati devono decidere chi sarà il candidato migliore per affrontare John McCain, e queste ultime settimane dimostrano che questo candidato è la Clinton" ha detto Terry McAuliffe.
Ma nello staff della senatrice c'è molta preoccupazione per il fatto che diversi superdelegati che in precedenza supportavano la Clinton, nelle ultime settimane hanno spostato il loro appoggio a Obama per arrivare prima ad una nomination.

Gli exit poll dell'Indiana e della North Carolina fanno segnalare un elemento nuovo rispetto alla Pennsylvania: in questo caso, infatti, rispettivamente il 64% e il 69% degli elettori della Clinton hanno dichiarato che sarebbero soddisfatti anche se la nomination andasse a Obama.
La Clinton sa che nei restati sei stati potrà ancora puntare sulla classe operaia bianca, ma sarà una gara contro i mulini a vento. Obama è favorito in Montana, South Dakota e Oregon, mentre la Clinton dovrebbe vincere a Porto Rico, in West Virginia e Kentucky.
L'unica chance per la Clinton sarebbe una convincente vittoria di rimonta in Oregon, ma è improbo in una gara che uno dei suoi consiglieri definisce "demograficamente polarizzata".

© 2008 The Washington Post Company

I Democratici chiedono alla Clinton di ritirarsi

Dopo il doppio, interlocutorio voto di martedì, e prima che i prossimi turni portino alla Clinton delle vittorie inutili (ai fini della nomination) che avrebbero l'unico effetto di indebolire ulteriormente Obama, i Democratici fanno pressing sulla senatrice perchè getti la spugna, anche se lei sembra non volerne sapere.
In attesa che i big del partito (e i più influenti dei suoi consiglieri) facciano un passo in questo senso, il dopo-voto di martedì ha portato la netta presa di posizione di uno dei sostenitori della Clinton, l'ex senatore del South Dakota ed ex candidato alle Presidenziali del 1972 George McGovern. In un'intervista alla MSNBC l'ex candidato presidenziale ha annunciato di aver comunicato a Bill Clinton la sua decisione di ritirare l'appoggio ad Hillary in favore di Obama. Ha aggiunto "Terrò sempre il presidente Clinton e Hillary nella massima considerazione. Lei ha condotto una campagna validissima, e rimarrà una voce importante sulla scena politica americana. Tuttavia Obama ha vinto la nomination praticamente sotto tutti gli aspetti. Hillary deciderà se e quando farsi da parte, ma personalmente spero che prenda molto presto una decisione in modo da poterci concentrare tutti uniti sull'obiettivo di conquistare la Casa Bianca a novembre".
Sono attese dichiarazioni, in un senso o nell'altro, di alcuni dei principali sostenitori della Clinton, tra cui Wesley Clark, e i Governatori di New Jersey e Pennsylvania Corzine e Rendell. Se anche questi dovessero seguire l'esempio di McGovern, il destino della Clinton sembrerebbe segnato.

Lei comunque ostenta fiducia e ottimismo, nelle dichiarazioni dopo il voto ha detto "Da adesso andremo a tutta velocità verso la Casa Bianca" e si è subito spostata in West Virginia (dove è in nettissimo vantaggio) per proseguire la campagna elettorale e ha detto di voler "restare in corsa finchè non ci sarà ufficialmente un nominato".

mercoledì 7 maggio 2008

Situazione di stallo, ma per quanto?

Ormai tutti gli analisti concordano nel dire che alla Clinton non resta che farsi da parte: la significativa vittoria in Indiana non porta un significativo vantaggio in termini di delegati (solo 6), e in North Carolina la ex first lady non rispetta le previsioni che la davano sconfitta con un distacco inferiore ai 10 punti.
La situazione, a questo punto, è riassunta ottimamente da una dichiarazione di un consigliere della Clinton "Hillary non può ottenere la nomination e Obama non può farsi eleggere alla Casa Bianca".

La Clinton può sperare solo in una ripetizione del voto in Florida e Michigan, che ormai appare improbabile a meno che il DNC non mandi all'aria tutte le sue regole, stabilendo oltretutto un precedente pericoloso.
Le domande in queste ore si accavallano: la Clinton si ritirerà? Cosa faranno i superdelegati? Quanto ci vorrà per chiudere la partita? I Democratici ritroveranno l'unità?

Per quanto riguarda la prima domanda, la Clinton non sembra intenzionata a farsi da parte, tanto da aver aggiunto al suo calendario nuovi incontri in West Virginia, dove si voterà fra una settimana.
Poco fa, però, il noto giornalista George Stephanopoulos ha anticipato che tra oggi e domani Obama annuncerà il sostegno di un gran numero di superdelegati "Ne verranno fuori due, tre, quattro, cinque alla volta, e la partita sarà chiusa".

Risultati 6 maggio: Indiana e North Carolina

Split win, come nei peggiori incubi dell'establishment democratico. Visto che tutti i risultati da gennaio ad oggi sono sempre stati nel solco dell'incertezza, anche le primarie del 6 maggio non potevano fare eccezione.
Barack Obama vince in North Carolina con un distacco di 15 punti. Un risultato ottimo che però viene oscurato dalla bruciante sconfitta in Indiana, arrivata dopo un testa a testa durato lungo tutto lo spoglio delle schede e terminato solo dopo lo scrutinio dell'ultimo distretto. La Clinton mette a segno una incredibile rimonta e con 4 punti di distacco si aggiudica l'Indiana mettendo così fortemente in dubbio l'eleggibilità di Obama negli stati rurali a maggioranza bianca.
A questo punto può succedere tutto, solo una cosa è sicura. Si va avanti (almeno) fino a giugno.

Democratici


Indiana

Hillary Clinton: 51,96% (39 delegati)

Barack Obama: 48,04% (33)

North Carolina

Barack Obama: 56,30% (63 delegati)

Hillary Clinton: 41,47% (52)

martedì 6 maggio 2008

Verso il voto: le primarie in North Carolina

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La Carolina del Nord, The Tar Heel State, è uno stato del sudest degli Usa, e uno dei 13 stati originali dell'Unione.
E' l'11° stato più popoloso degli Usa, con 8.541.000 abitanti e una densità di 61,22 abitanti per Kmq. La capitale è Raleigh, ma la città più popolosa è Charlotte.
Originariamente lo stato era popolato da tribù indiane, tra cui i Cherokee, ma già nel 1524 venne esplorato da Giovanni da Verrazzano. Nel 1584 Elisabetta I d'Inghilterra diede a Walter Raileigh il permesso di stabilire due colonie sulla costa di quella che era ancora la Virginia. Il nome Carolina venne dato nel 1663 da Carlo II in onore di suo padre Carlo I. Nel 1710, per mettere fine a continue dispute riguardo il governo del territorio, lo stato fu diviso in Carolina del Nord e Carolina del Sud.
Nel 1776, lo stato fu il primo a votare per l'indipendenza dall'Inghilterra e fu uno dei territori in cui la Rivoluzione si fece più accesa. Nel 1789, la Carolina del Nord divenne il 12° stato a ratificare la Costituzione degli Stati Uniti.
Stato schiavista, anche se non al livello di altri stati del sud, nel 1861 abbandonò l'Unione per entrare negli Stati Confederati. Molti abitanti tuttavia rifiutarono la secessione, e nel 1865 l'ultima difesa dei Confederati venne abbattuta.
La p0opolazione dello stato è oggi composta per il 75% da bianchi e per il 22% da neri. La religione più praticata è quella cristiana (80%), con il 59% di protestanti e il 10% di cattolici.
L'economia è fondata principalmente sull'agricoltura e in particolar modo sulla produzione di tabacco, uova, latte e patate. E' sviluppato anche il settore industriale, che però negli ultimi anni ha suibito una seria recessione a causa della concorrenza dei paesi asiatici. Questa crisi ha colpito soprattutto i piccoli centri, mentre è meno sentita nelle grandi città.
Dopo essere stata per molti anni uno stato a maggioranza Democratica, dal dopoguerra i Repubblicani hanno iniziato a mietere consensi, e dal 1968 ha sempre votato per presidenti Repubblicani eccezion fatta per Jimmy Carter nel 1976. A livello statale, tuttavia, le cariche elettive sono occupate prevalentemente dai Democratici.

Per i Democratici, la North Carolina mette in palio 134 delegati di cui 115 elettivi e 19 superdelegati. Dei 155 delegati elettivi, 77 vengono assegnati proporzionalmente in base ai risultati nei 13 distretti, ognuno dei quali mette in palio dai 4 ai 9 delegati. Gli altri 38 delegati vengono assegnati proporzionalmente sulla base del risultato generale nello stato. La convention statale si terrà il 21 guigno: dei 19 superdelegati, 6 hanno già dichiarato il loro appoggio a Obama e 2 alla Clinton (tra cui il Governatore Easley).
I sondaggi danno a Barack Obama una solida leadership che però nelle ultime settimane è stata erosa da una rimonta della Clinton. Tuttavia non dovrebbero esserci sorprese, e l'unica incertezza riguarda il margine con cui Obama vincerà: secondo un sondaggio Zogby del 3 maggio Obama ha 9 punti di vantaggio (48 a 39), anche se una settimana prima era di 16 punti. Lo stesso distacco è dato anche da Rasmussen, mentre Insider Advantage dà Obama al 49 e la Clinton al 44.

Per i Repubblicani la North Carolina mette in palio 69 delegati, tutti elettivi. Questi delegati vengono assegnati dal presidente del partito nello stato in modo da riflettere i risultati delle primarie.

I seggi si aprono alle 6:30 del mattino (12:30 ora italiana) e chiudono alle 7:30 del pomeriggio (l'1 e 30 di notte in Italia). Tuttavia nelle aree metropolitane i seggi potranno rimanere aperti in caso di necessità fino alle 8:30, quindi le prime proiezioni potrebbero non essere precise.

Verso il voto: le primarie in Indiana

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Lo stato dell'Indiana, i cui abitanti vengono chiamati "hoosiers", è uno stato del Midwest che confina con Michigan, Ohio, Kentucky e Illinois.
Con 6.237.569 abitanti è il 14° stato più popoloso degli Usa, ma solo il 38° più vasto. La capitale è Indianapolis, che con 792.000 abitanti è anche la città più popolosa.
Prima dell'arrivo degli europei, il territorio era abitato dagli indiani Shawnee e Miami, e nel 17° secolo arrivarono i primi colonizzatori dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Divenne territorio britannico dopo la guerra franco-indiana, passò agli Usa dopo la Rivoluzione Americana e nel 1816 divenne il 19° stato dell'Unione.
La popolazione dell'Indiana è composta per il 90% da bianchi e per il 9% da afro-americani. L'82% della popolazione è cristiana: il 62% protestante e il 19% cattolica.
L'economia dell'Indiana si basa prevalentemente sull'agricoltura, è infatti uno degli stati della cosiddetta Corn Belt, la cintura del masi: con Illinois e Iowa è uno degli stati che contribuisce al primato agricolo degli Usa nel mondo. L'area nordovest dello stato è invece specializzata nell'acciaio, di cui detiene il primato di produzione negli Usa. Tra gli stati rurali, l'Indiana è quello meno toccato dal declino degli ultimi decenni, a causa soprattutto del diverso mercato del lavoro, che richiede manodopera altamente specializzata. Inoltre la particolare conformazione dell'Indiana, che si compone di tante piccole cittadine piuttosto che di poche metropoli, consente di tenere bassi i prezzi e di conseguenza gli stipendi.
L'Indiana è considerato uno stato Repubblicano poichè dal 1900 ha votato per un Presidente Democratico solo 4 volte, tuttavia nel XX secolo la metà dei governatori sono stati Democratici. Anche la delegazione dell'Indiana al Congresso, pur essendo a maggioranza Repubblicana, presenta diversi rappresentanti Democratici, tra cui l'ex Governatore Evan Bayh che assieme al collega Repubblicano Richard Lugar è il politico più popolare dello stato.

Per i Democratici, l'Indiana mette in palio 85 delegati, di cui 72 elettivi e 13 superdelegati con il sistema della primaria aperta.
Dei 72 delegati elettivi, 47 vengono assegnati proporzionalmente secondo i risultati dei 9 distretti elettorali ognuno dei quali ha dai 4 ai 6 delegati. Gli altri 25 delegati vengono assegnati proporzionalmente in base al risultato di tutto lo stato.
La convention statale si terrà il 21 giugno: dei 13 superdelegati, 4 hanno dichiarato il loro appoggio alla Clinton e 5 a Obama.
I sondaggi danno un testa a testa, secondo molti "too close to call", ovvero con un margine così ridotto da non poter stabilire un leader: Zogby il 3 maggio dà Obama al 43 contro la Clinton al 41, mentre la settimana precedente li dava entrambi al 42; Rasmussen e American Research Group presentano invece uno scenario diverso, in cui la Clinton sarebbe in vantaggio rispettivamente per 46 a 41 e per 53 a 44. Infine l'ultimo sondaggio diramato, ad opera della Suffolk University, dà la Clinton al 49% e Obama al 43%.

Per i Repubblicani, lo stato mette in palio 57 delegati, di cui solo 27 elettivi e 30 unpledged. I delegati elettivi sono assegnati su base distrettuale: ogni distretto ha 3 delegati che vengono assegnati interamente al vincitore. La convention del 9-10 giugno sceglie altri 27 delegati, che non riflettono necessariamente il risultato elettorale e sono ufficialmente uncommitted, e 3 leader di partito.

I seggi si aprono alle 6 di mattina (ore 13 in Italia) e si chiudono alle 6 del pomeriggio (l'1 di notte in Italia).

lunedì 5 maggio 2008

Sondaggi: la Quinnipiac University analizza i grandi stati

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Avvicinandosi alla fine della stagione delle primarie, iniziano i sondaggi sui grandi stati, che saranno la chiave delle elezioni presidenziali. Il sistema elettorale americano concede infatti ad ogni stato un certo numero di "grandi elettori" in funzione del numero di abitanti, ed è pertanto imporante non tanto vincere nella maggior parte degli stati, ma vincere nella maggior parte dei grandi stati. Le performance deludenti di Obama nelle primarie in quesi tutti gli stati più popolosi rappresentano perciò la principale preoccupazione per le elezioni generali. Ovviamente il clima fotografato dalle ricerche di queste settimane è ancora pesantemente influenzato dalla campagna elettorale per le primarie, ma il sondaggio dell'Università Quinnipiac sembra confermare questa preoccupazione.


Secondo il sondaggio, condotto su un campione totale di oltre 5.000 persone equamente ripartite tra Floria, Ohio e Pennsylvania e con un margine di errore di 2,5% circa, la Clinton avrebbe una netta leadership in Florida, dove batterebbe John McCain per 49 a 41. Nel caso di confronto tra McCain e Obama, il risultato è, come si dice in gergo too close to call, ovvero il distacco tra i due candidati è inferiore al margine di errore: 44 per il Repubblicano, 43 per il Democratico.
Situazione simile si riproporrebbe in Ohio, dove la senatrice di New York avrebbe una leadership di addirittura dieci punti su McCain, 48 a 38. Anche in questo caso, McCain e Obama sono separati da un solo punto, 43 per il Repubblicano e 42 per il Democratico.
La Pennsylvania si dimostra invece uno stato fedele ai Democratici a prescindere dal candidato: la Clinton conduce su McCain per 51 a 37, mentre Obama per 47 a 38.


Andando più nello specifico, nella classe operaia bianca la Clinton pareggia per 45 a 45 con McCain in Florida, mentre guida per 46 a 40 in Ohio e per 48 a 40 in Pennsylvania, mentre McCain supera Obama per 51 a 34 in Florida, 49 a 34 in Ohio e 45 a 38 in Pennsylvania.
I problemi di Obama con le classi operaie bianche si fanno quindi molto pesanti e mettono seriamente in dubbio la sua eleggibilità, visto che è dal 1960 che per conquistare la Casa Bianca bisogna vincere in almeno due di questi tre grandi stati.
Tra le donne, la Clinton guida per 54 a 37 su McCain, mentre il Repubblicano la supera per 45 a 43 tra gli uomini. Tra i neri, la Clinton guida per 80 a 11.
In un confronto McCain-Obama, gli uomini preferiscono McCain per 46 a 42, mentre fra le donne è Obama a guidare per 44 a 42. Tra i bianchi il Repubblicano guida per 50 a 36, mentre tra i neri Obama guida per 83 a 8.


Tra gli argomenti che interessano maggiormente gli elettori, al primo posto c'è l'economia, mentre la guerra in Iraq e la sanità sono molto indietro. Se la Clinton fosse eletta, per il 44% degli intervistati l'economia migliorerà. Se Obama fosse eletto, per il 38% l'economia migliorierà, mentre solo il 24% pensa che migliorerà se la spuntasse McCain.
La qualità più importante che gli americani chiedono al nuovo Presidente è una forte leadership (29%), l'affidabilità (27%) e la competenza (23%).
McCain è visto come un leader forte dal 73% degli interpellati, la Clinton dal 69% e Obama dal 58%. McCain guida anche la classifica riguardo l'affidabilità con il 68%, seguito da Obama con il 58% e dalla Clinton con il 46% (mentre un altro 46% la giudica inaffidabile).

L'età è un fattore "molto importante" per il 43% degli elettori. Soprattutto in Florida, dove l'età media è molto alta, il fattore anagrafico è visto con preoccupazione e potrebbe essere un handicap per McCain. La razza e il sesso sono preoccupazioni meno importanti, anche se si sa che in questi casi si è più riluttanti a rispondere con sincerità.

North Carolina, la Clinton ci crede

Non molto tempo fa, Obama aveva un grande margine di vantaggio nella Carolina del Nord, vantaggio mostrato sia dai sondaggi (con distacchi anche superiori ai 15 punti) sia dall'aria che si respirava nello stato.
Ora secondo il New York Times quell'aria è cambiata, anche se i sondaggi mostrano che la rimonta della Clinton, pur consistente, non sembra in gradi di annullare il divario.
Alla vigilia del voto la senatrice sembra crederci, soprattutto per il crollo di Obama tra gli elettori bianchi. Lo dimostrano le dichiarazioni degli ultimi giorni: invece di concentrarsi sull'Indiana, dove i sondaggi la danno praticamente appaiata ad Obama, la senatrice è arrivata a dire che sarà "Ciò che decide la North Carolina a influenzare l'America e buona parte del mondo".

I due candidati non hanno tenuto dibattiti televisivi, ma si sono alternati sul palco in un evento organizzato dal partito. In questo caso Obama è stato accolto da una vera ovazione quando ha parlato subito dopo la Clinton, che ha ricevuto un'accoglienza entusiastica ma più tiepida.
"Ci aspettano due settimane durissime" ha detto Obama al suo arrivo nello stato la scorsa settimana, e come a volerlo confermare i sondaggi hanno portato ad una sola cifra il vantaggio che lo separa dalla rivale: la media fatta dalla CNN tra i sondaggi condotti da Zogby, ARg, research 2000 e Mason Dixon dà ad Obama un vantaggio di 9 punti, con un trend nettamente favorevole alla Clinton.
Non c'è dubbio che ad influire sia stato il riaccendersi delle polemiche sul Reverendo Wright, che è apparso in tv proprio nel momento in cui gli elettori indecisi della North Carolina iniziavano a prestare attenzione alla campagna elettorale per scegliere il candidato da votare. I consiglieri di Obama sanno che le polemiche gli hanno fatto perdere consenso tra i bianchi, e non c'è abbastanza tempo per recuperare prima del 6 maggio.
Il presidente del partito in North Carolina, Jerry Meek, conferma che la gara è adesso più incerta "Entrambi i candidati hanno raggiunto gruppi di elettori che solitamente vengono trascurati".
Al voto potranno partecipare anche gli indipendenti, e i consiglieri della Clinton confidano nel fatto che, stavolta, si divideranno equamente tra i due candidati.
Una vittoria della Clinton in North Carolina cambierebbe tutte le carte in tavola non solo dal punto di vista simbolico, ma nonostante l'importante appoggio ottenuto da parte del Governatore Easley rimane altamente improbabile. Per questo lo staff della Clinton punta a perdere con un distacco inferiore rispetto a quello di Obama in Pennsylvania, in modo da enfatizzare la rimonta della senatrice.

Harrison Hickman, ex sondaggista di John Edwards, ha spiegato a CBSNews che non ci sono dubbi sulla vittoria di Obama "Il senatore ha vinto in tutti gli stati in cui l'affluenza degli afro-americani è stata superiore al 30%. Ci sono aspettative sbagliate come per la Pennsylvania. Lì per Obama sarebbe stata una grande vittoria perdere con un margine risicato. Qui sarà una grande vittoria per la Clinton perdere con poco margine, diciamo meno di dieci punti."
Hickman prevede anche che gli elettori "orfani" di Edwards propenderanno in maggioranza per la Clinton anche senza un endorsement "Si rispecchiano molto di più nella sua esperienza di vita. La Clinton è una persona che vedono come più 'accessibile'. Penso che Obama per attarre questi elettori dovrebbe parlare un linguaggio un po' differente, perchè sono persone che non amano particolarmente la retorica.

domenica 4 maggio 2008

McCain è come Dole? / 3

John McCain è Bob Dole o Dwight Eisenhower?
Dipende se Barack Obama è John Kennedy o Mike Dukakis

di John Heilemann (New York Magazine)

Parte 1, 2
[...] A novembre del 2006, poco dopo le elezioni di medio termine, McKinnon ed io parlavamo dell'ascesa di Obama "Penso che sarebbe un candidato molto interessante" disse McKinnon "Una sfida McCain-Obama sarebbe una grande vittoria per il paese" e citò l'aneddoto secondo cui JFK e Barry Goldwater si accordarono per fare campagna elettorale insieme nel 1964, confrontandosi davanti alla gente in modo rispettoso. "E' il tipo di cosa che Obama e McCain potrebbero fare, non sarebbe grandioso?". McKinnon, che è molto diverso dal tipico consigliere politico, aggiunse anche "Dirò a McCain che se Obama sarà il candidato Democratico, non farò mai campagna contro di lui".
Un nobile sentimento che oggi continua ad onorare, ma che è largamente minoritario nello staff di McCain. Se Obama sarà il nominato, potete scommettere i soldi del vostro mutuo che avremo una campagna elettorale particolarmente brutale (ed è da notare che McCain dà indicazioni ai suoi di dipingere Obama seguendo la stessa strategia usata dalla Clinton).

"La nostra campagna contro Obama si comporrà di due elementi" dice un dirigente di partito "Primo: non ha esperienza per essere il comandante in capo, ed è un punto terribilmente vero e sentito. Secondo: è troppo di sinistra".
Quest'ultimo punto, che non è nuovo nelle campagne elettorali dei Repubblicani, si comporrà di molteplici sfaccettature.
Recentemente Karl Rove ha accusato Obama di essere un bugiardo (per aver abbellito la sua biografia), di voler aumentare le tasse, di volersi arrendere in Iraq, e di mentire sui suoi sforzi bi-partisan. "Nei tre anni in cui è stato in Senato, ogni volta che ci sono stati voti bi-partisan su argomenti come giustizia, lotta al terrorismo o immigrazione sapete dov'era il Senatore Obama? Era dall'altra parte della barricata a votare no".
I Repubblicani lo dipingeranno come un elitario antipatriottico, usando le controverse dichiarazioni della moglie Michelle, e le sue riguardo la provincia americana.
Questi attacchi probabilmente arriveranno quando la situazione sarà già compromessa per Obama. Il sondaggista Scott Rasmussen nota che Obama è dietro McCain - con il sorprendente distacco di 57 a 33 - tra i maschi bianchi negli "swing states" e in quelli, come la Virginia, che i Democratici vorrebbero conquistare.

Bill Clinton, tempo fa, fece ad un amico una confidenza piuttosto interessante. I Repubblicani cercano sempre di trasformare i candidati Democratici in caricature, e ci sono riusciti con Dukakis, Al Gore e John Kerry. Il motivo per cui Clinton ha vinto è che è riuscito ad evitare questa trappola. Il problema di Obama, secondo Clinton, è che è fatto su misura per questa strategia. Clinton è tutt'altro disinteressato, e sua moglie è tutt'altro che immune da questo problema. Nondimeno è una annotazione vera.

I collaboratori di McCain per questo motivo tifano per Obama, consapevoli che la Clinton sarebbe una avversaria più tosta, ma non perchè è più forte nei grandi stati, come invece pensano i Democratici "Non vogliamo i Clinton alle presidenziali perchè sarebbero un male per l'America. E perchè vinceranno. Perchè? Perchè i Clinton non si presentano ad un duello all'arma bianca con una pistola, si presentano con un lanciamissili. Spero che i Democratici gli piantino un paletto nel cuore adesso, o ce ne pentiremo tutti."
Eppure molti Repubblicani pensano che Obama sarebbe un avversario più temibile, per tre motivi.
In primo luogo, se la Clinton vincesse la nomination si alienerebbe certamente i voti degli afro-americani "E avrà senza dubbio gli indici di gradimento più bassi di qualsiasi altro politico in America" dice Scott Reed.
In secondo luogo, i soldi. La incredibile capacità di Obama di raccogliere fondi lo porterebbe ad avere un budget tale da lanciare una campagna pubblicitaria mai vista nella storia delle presidenziali. "Potrebbe comprare 500 passaggi tv in Texas, Louisiana e Georgia mentre McCain non potrebbe fare niente" dice un noto esperto di media.
Infine, la presenza del nome di Hillary Clinton sulla scheda elettorale potrebbe essere l'unica cosa in grado di mobilitare in massa la base Repubblicana per McCain "E' vero che Obama non ha più l'appeal che aveva 5 settimane fa" dice Peter Wenher "ma non è radioattivo per i Repubblicani quanto Hillary Clinton"

Il 31 marzo, McCain è partito per il suo tour biografico "Service for America". L'ho seguito ad Annapolis, in Maryland, dove era in programma un discorso al Navy football Stadium. Ma nessuna folla di seguaci lo circondava. Di fronte a lui c'erano una sessantina di dignitari su sedie pieghevoli, alle sue spalle 35.000 sedili vuoti.
Di nuovo, per ironia della sorte, il gobbo elettronico si è rotto, ma stavolta McCain è andato avanti parlando della sua vita.
Alla fine del tour, i consiglieri di McCain lo hanno dichiarato un grande successo, perchè mentre i Democratici si accapigliano il Senatore ha comunicato un messaggio positivo. A poche persone, anche se buone, a dire il vero. E la copertura da parte della stampa è stata superficiale se non derisoria (Jon Stewart l'ha chiamato il "Monsters of Nostalgia Tour"), e per molti strateghi Repubblicani è stata un'occasione persa.

Lo staff di McCain è spesso stato accusato di dilettantismo, anche se nelle ultime settimane ha fatto campagna acquisti portando a bordo l'ex presidente del partito Ken Mehlman e l'autore dei discorsi di Bush, Matthew Scully. Molti dicono che anche Karl Rove stia collaborando alla campagna, ma tutti smentiscono. Un'altra campagna elettorale orchestrata da Rove sarebbe motivo di panico per le possibili conseguenze, viste le vulnerabilità di Obama.
Tuttavia, l'età potrebbe rappresentare per McCain ciò che la razza è per Obama. Secondo un sondaggio di Peter Hart, il 29% degli americani dice che non andrebbe eletto un Presidente con più di 70 anni, e a pensarlo sono soprattutto le donne, gli operai, i midwestern.

In New Hampshire, McCain si è lasciato scappare che potrebbe fare il Presidente per un solo mandato. Un altro esempio del suo candore che sfocia nell'incoscienza, anche se forse era una mossa per tranquillizzare gli elettori.
Chissà, potrebbe anche funzionare, ma il problema è che McCain non è più l'uomo del momento ma l'uomo del passato. E in un'elezione tra il passato e il futuro, il futuro spesso vince.

Risultati 3 maggio: Guam

Le primarie nell'isola di Guam si concludono con un pareggio quasi perfetto: solo 7 voti dividono i due contendenti che così si spartiscono equamente i 4 delegati messi in palio dal territorio non incorporato degli Usa

Democratici


Guam

Barack Obama: 50,08% (2 delegati)
Hillary Clinton: 49,92% (2)

Hanno votato 4.521 persone