sabato 19 aprile 2008

Sondaggi: per Newsweek Obama prende il largo

Nonostante i commentatori sonstengano che questo mese e mezzo di pausa elettorale abbia giovato alla Clinton, e Obama si sia impantanato a causa del reverendo Wright, dei rapporti con l'ex terrorista William Ayers, delle frasi sulla provincia americana e dei ripetuti attacchi da parte dell'avversaria, il sondaggio pubblicato sull'ultimo numero di Newsweek fotografa una situazione completamente diversa.
La ricerca, condotta tra 1.209 elettori registrati, vede Obama in testa con addirittura 19 punti di distacco: 54% contro 35% tra i Democratici registrati e chi tendenzialmente vota per i Democratici.

Il precedente sondaggio di Newsweek, condotto su un campione analogo all'indomani delle vittorie della Clinton in Ohio e Texas, vedeva i due candidati appaiati a pochissima distanza: 45% per Obama e 44% per la Clinton. In un mese e mezzo, quindi, Obama avrebbe guadagnato 9 punti mentre la Clinton ne avrebbe persi altrettanti.
Il nuovo sondaggio vede inoltre Obama in testa sia tra le donne che tra gli uomini, e in tutte le fasce di età.

Tra le pieghe del sondaggio, emerge che la credibilità della Clinon è in caduta libera: solo il 41% degli intervistati giudica la senatrice onesta e degna di fiducia, mentre il 51% pensa l'opposto. Obama e McCain vengono entrambi ritenuti onesti e degni di fiducia dal 61% degli intervistati.
Inoltre il 53% degli intervistati ritiene che Obama condivida i loro valori, mentre solo il 47% lo pensa della Clinton e il 45% di McCain.
La Clinton sembra quindi danneggiata dalle sue gaffe sulla Bosnia molto più di quanto Obama non sia stato danneggiato dalle sue recenti controversie.
Tuttavia, gli indici di gradimento mostrano chiaramente che la dura campagna elettorale interna ai Democratici sta danneggiando entrambi: il gradimento di Obama tra tutti gli elettori scende al 57% contro il 61% di marzo, mentre i giudizi negativi passano dal 28% al 36%. Il gradimento della Clinton scende invece al 49% contro il 56% di marzo, mentre i giudizi negativi salgono dal 40% al 47%.
Ma anche McCain soffre di un calo di gradimento: i pareri positivi passano dal 55% al 52%, quelli negativi dal 35% al 42%.

Per quanto riguarda i possibili testa a testa, le performance di Obama e della Clinton contro McCain si equivalgono. Tra tutti gli elettori, compresi i Repubblicani, in un confronto McCain-Obama, il senatore dell'Illinois vincerebbe di 4 punti (48 a 44), mentre in un confronto Mc-Cain-Clinton la senatrice avrebbe 3 punti di vantaggio (47 a 43). Numeri che comunque sono ritenuti non sigificativi perchè inferiori al margine di errore della ricerca.
Quasi metà (46%) dei Democratici intervistati ritiene che i superdelegati debbano scegliere il candidato più qualificato senza sottostare ai risultati delle primarie. Anche tra i supporter di Obama c'è una consistente percentuale (41%) di persone che vorrebbe lasciare libertà di scelta ai superdelegati.
Il 55% dei Democratici ritiene inoltre che Obama sia il candidato più adatto a battere McCain, contro il 33% di sostenitori della Clinton.
Il 22% ritiene che il fattore razziale penalizzerà Obama, il 27% ritiene che il fatto di essere donna penalizzerà la Clinton, mentre il 36% ritiene che l'età sia un fattore che penalizzerà McCain.

Infine, il sondaggio mostra che tra i Democratici c'è una gran voglia di Al Gore. il 49% dei Dems intervistati sogna che, in caso di stallo alla convention, il partito dia la nomination all'ex vicepresidente.
Qui trovate i risultati completi del sondaggio

L'Iraq torna al centro della campagna elettorale

L'immagine “http://i.l.cnn.net/cnn/2008/WORLD/meast/04/10/iraq.petraeus/art.petraeus.gi.jpg” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.
La scorsa settimana il generale David Petraeus, comandante delle truppe statunitensi in Iraq, ha parlato davanti al Congresso per riferire sulla situazione nel Golfo.
Nella sua audizione, il generale ha messo in guardia sul pericolo che l'Iran rappresenta per la pacificazione dell'Iraq, spiegando che i leader irakeni sono molto preoccupati dell'influenza che il paese confinante può avere sulla nazione, influenza che tuttavia Petraeus ha definito "perfettamente comprensibile" visto il ruolo degli sciiti nell'Iraq del dopo-Saddam.
Petraeus, che ha anche risposto alle domande dei membri del Congresso, ha lanciato un appello contro la riduzione delle truppe di stanza in Iraq, appello prontamente accolto da Bush e dal Partito Repubblicano. Il Presidente ha infatti annunciato che non ci sarà il previsto smantellamento di alcune posizioni militari americane in Iraq, che doveva verificarsi a luglio, e che non è previsto nessun ritiro a breve termine. Da parte di John McCain, si è fatto notare come le parole di Petraeus seguano il solco tracciato dal programma del candidato Repubblicano.
Ovviamente sono state di segno opposto le dichiarazioni dei Democratici. Obama ha accusato Bush di continuare a non programmare la conclusione delle operazioni militari, mentre la Clinton sostiene che il Presidente non affronta la realtà.

L'appello di Petraeus è però suonato soprattutto come un messaggio lanciato ai candidati presidenziali, e Hillary Clinton ha rubito risposto al generale "Fatemi spiegare come funziona il nostro sistema: Il Presidente degli Stati Uniti decide la linea politica. I militari applicano la linea politica. Si può chiedere ai militari un consiglio per migliorare la linea politica decisa, ma la decisione è del Presidente".
La Clinton ha quindi ribadito il suo impegno a far iniziare il ritiro delle truppe dall'Iraq entro 60 giorni dall'insediamento come Presidente, a prescindere dall'opinione dei vertici militari.

venerdì 18 aprile 2008

Puerto Rico...di delegati

Nonostante il voto a Porto Rico sia previsto solo per il 1 giugno, due giorni prima della chiusura della stagione delle primarie, è già cominciata la campagna elettorale perchè questo territorio liberamente associato agli Usa è, dopo Pennsylvania, North Carolina e Indiana, lo stato con il maggior numero di delegati in palio tra quelli ancora da assegnare, 63. Non c'è quindi da meravigliarsi che, con quasi due mesi d'anticipo, Bill Clinton sia sbarcato sull'isola per un inedito tour elettorale in una terra in cui Hillary gode già di un forte vantaggio nei sondaggi.

La storica visita - è la prima volta che si fa campagna elettorale per le presidenziali a Porto Rico - è stata accompagnata dal tipico folklore locale, e il Washington Post riferisce che già dalla mattina alcuni camion attraversavano le strade ripetendo dagli altoparlanti "Sì! Bill Clinton està aquì". Bill ha fatto tappa a Barceloneta, accompagnato da una banda di suonatori di secchi d'acciaio dell'immondizia, ballerine di salsa e guardie del corpo con camicie hawaiiane.
Bill Clinton, che da Presidente non si era mai recato sull'isola, ha spiegato ai portoricani che potranno essere decisivi nella nomination, assicurando che la moglie Hillary onorerà sempre il supporto che le verrà dato dagli elettori dell'isola.

Questa non è solo una delle tante promesse elettorali: gli abitanti di Porto Rico, quasi 4 milioni di persone, non votano alle elezioni presidenziali poichè hanno un capo dello stato locale. Tuttavia, come stato associato, Porto Rico dipende dagli Usa su molti temi, come il sistema sanitario e gli stipendi, e da più parti si chiede una migliore regolamentazione dei rapporti con gli Stati Uniti. Queste primarie sono un'occasione irripetibile per far sentire la propria voce, ed è importante per i candidati impegnarsi in modo credibile con la popolazione.

La visita di Bill Clinton all'università di Barceloneta non è però filata del tutto liscia, soprattutto per motivi di lingua. L'intero convegno si è infatti tenuto in spagnolo, lingua con cui Clinton ha dimostrato una scarsa familiarità. Senza inteprete al seguito, il dialogo con i rappresentanti locali è stato alquanto complicato. Le cose non sono migliorate durante il discorso dell'ex Presidente, che ha parlato in inglese senza interprete, suscitando il malcontento di una ampia fetta dei partecipanti, che parlavano solo lo spagnolo.

Il WP riferisce che a Porto Rico la politica è vista come uno "sport nazionale", giocato da tre fazioni: una vuole che l'isola diventi uno stato dell'Unione, una vuole l'indipendenza e una vuole rimanere uno stato associato. Perciò sia la Clinton che Obama hanno il delicato compito di rimanere neutrali sul tema dello statuto dell'isola, tentando di conquistare voti da tutte e tre le fazioni senza sbilanciarsi sul tema. I portoricani hanno tuttavia tentato di interpretare le posizioni espresse in merito dai due candidati: la Clinton ha promesso una soluzione sullo status dell'isola, parlando della possibilità di un referendum popolare, mentre Obama ha detto di considerare tutte le possibilità ma di prediligere lo stato di commonwealth con gli Usa.

Cindy McCain sotto i riflettori

di Monica Langley (Wall Street Journal)


Recentemente John e Cindy McCain hanno ospitato la stampa nazionale nel loro ranch di Sedona, Arizona. Il tocco di Cindy McCain era evidente - le ventole appese ai rami degli alberi, i disegni dei loro figli disposti sulle pareti, i tappi della birra Budweiser prodotti dall'attività di famiglia. I cani che ha adottato correvano liberi.
Mostrando la sua abilità con il barbecue, il Senatore McCain toglieva le costole sfrigolanti dalla griglia e le disponeva sulla veranda. Mrs. McCain, in jeans attillati e con i capelli raccolti in una coda di cavallo, gli stava accanto e sorrideva.

La 53enne moglie del Senatore non cerca le luci della ribalta. Quando la apparentemente perfetta signora McCain presenta il marito in campagna elettorale, spesso si ritira dopo aver assolto al suo compito, andando ad ascoltare musica dal suo iPod e scrivendo sul suo BlackBerry.
"La campagna elettorale a volte è troppo per me" ha detto in un'intervista "allora mi prendo una pausa e poi torno".
In qualità di moglie del candidato presidenziale Repubblicano, Cindy McCain deve affrontare molteplici esami. Entrambi gli avversari di McCain hanno coniugi di alto profilo che hanno assunto ruoli di primo piano in questa campagna, perciò la pressione ha già cominciato a farsi sentire. Recentemente, Cindy McCain ha affrontato la stampa assieme al senatore per smentire la relazione del marito con una lobbysta ventottenne.
Anche se vorrebbe essere una first lady tradizionale, Cindy ha condotto una vita per molti versi fuori dagli schemi.
E' a capo di uno dei maggiori distrubutori di birra del paese. E' impegnata nel sociale: lo scorso mese, mentre il marito era in viaggio in Europa e Israele, Cindy è andata in Kosovo in una missione umanitaria contro le mine antiuomo.
Il Senatore McCain la chiama "un vero soldato". Dopo aver subito un delicato intervento al ginocchio a seguito di una brutta caduta, qualche mese fa, Cindy è tornata subito a fare campagna elettorale per il marito anche con le stampelle.


Quando John McCain incontrò la sua futura moglie, Cindy Hensley era una 24enne figlia unica in vacanza con i genitori. A Phoenix era stata la reginetta del rodeo, e dopo aver frequentato l'Università Southern California, era diventata un'insegnante di sostegno. Contemporaneamente, si occupava anche dell'industria del padre. Lei e McCain si incontrarono ad un cocktail party alle Hawaii e fu un colpo di fulmine, a sentire la stessa Cindy. Lei non sapeva che fosse un eroe di guerra, ed entrambi mentirono sull'età: lui disse di avere cinque anni in meno, lei tre in più.
A quel tempo, McCain era separato dalla prima moglie con cui aveva avuto una figlia (oltre ad aver adottato i due figli nati dal primo matrimonio della moglie). Dopo il divorzio, sposò Cindy nel 1980. Firmarono un contratto per tenere separati i loro beni, poi McCain lasciò l'esercito per diventare manager nella ditta del padre di Cindy. La famiglia della moglie fornì buona parte dei fondi per la prima elezione di McCain al Congresso, nel 1982.
Nel 2000, alla morte del padre di Cindy, la signora McCain ereditò l'azienda. McCain pensava che lei avrebbe ceduto tutto, ma lei disse che non avrebbe messo a repentaglio il futuro degli impiegati e delle loro famiglie, e decise di prendere il posto del padre.
Dalla morte di James Hensley 8 anni fa, il valore dell'azienda è quasi raddoppiato, ha 700 impiegati e un fatturato annuo di circa 300 milioni di dollari. Cindy, che ha un jet privato, ha fondato la Hensley Family Foundation dedicata ai bambini.
Nel 1991, mentre il Senatore McCain veniva coinvolto nello scandalo "Keating Five", da cui poi uscì pulito, la signora McCain fu sottoposta a due interventi chirurgici e ha raccontato di essere diventata dipendente dagli antidolorifici, arrivando a rubare i medicinali e a usare nomi falsi per le prescrizioni.
Fu sottoposta ad indagine nel 1994, ma evitò il processo facendo servizio sociale in una mensa per poveri e disintossicandosi.
La coppia ha tre figli naturali e una adottata. I due figli maschi Jack e Jimmy sono nell'esercito: Jimmy lo scorso anno era in Iraq e Jack frequenta l'accademia navale. Nel 1991 Cindy McCain visitò un orfanotrofio in Bangladesh e adottò Bridget, una bambina affetta da labbro leporino che poi fu sottoposta dai McCain a molteplici interventi per risolvere quello e altri problemi.
Bridget venne strumentalizzata nelle primarie del 2000 da alcuni avversari del Senatore, che misero in giro la voce che la bambina fosse il frutto di una relazione extraconiugale di McCain.
La ritrosia di Cindy nei confronti dei riflettori è il motivo per cui in molti si sono sorpresi quando la donna, rispondendo indirettamente ad una frase di Michelle Obama, ha detto di essersi sempre "e sempre mi sentiò, fiera del mio paese". "Non era programmato" ha spiegato poi "ma anch'io ho le mie opinioni"

giovedì 17 aprile 2008

Resoconto del dibattito di Philadelphia


La stagione del voto sta per ricominciare dopo la pausa di oltre un mese, e ricomincia da dove la avevamo lasciata: la Clinton e Obama che si affrontano in un dibattito televisivo nel prossimo stato in cui si voterà.
Nel confronto in Pennsylvania la Clinton ha giocato d'attacco, costringendo Obama a stare sulla difensiva come da alcune settimane a questa parte. Tuttavia, rispetto al passato, la Clinton ha rinunciato a giocare la carta dell'eleggibilità.
Dopo le dichiarazioni iniziali, il moderatore del dibattito ha chiesto ai due candidati di esprimersi sulla proposta di Mario Cuomo di un deam ticket con il perdente dei due che accetta di fare il vice dell'altro. Entrambi hanno però evitato di rispondere, ed è stata una delle poche cose su cui hanno concordato.
Poi il moderatore è passato al tema caldo della settimana: le frasi di Obama sugli abitanti "inaspriti" della provincia. Obama si è detto sorpreso per la reazione alle sue dichiarazioni, affermando di essere stato frainteso, e che la gente è "frustrata e arrabbiata". La Clinton ha ricordato che suo nonno era un fattore della Pennsylvania e che lei capisce meglio di chiunque altro lo stato d'animo della provincia americana.
E' stato chiesto alla Clinton se ritenga che Obama possa vincere contro McCain: dopo aver glissato per qualche minuto, alla fine la senatrice ha risposto "Sì, sì, sì". Quando gli è stato chiesto se la Clinton potrebbe battere McCain, Obama ha risposto subito "Assolutamente".
Altro tema caldo sono i legami di Obama con il Reverendo Wright e con William Ayers, attualmente docente universitario ma negli anni '70 aderente di un movimento terrorista. Obama ha ricordato il passato di Wright nei marines e ha giustificato la sua rabbia, negando però che la questione-Wright potrebbe essergli fatale alle presidenziali. Obama ha poi ricordato che quando Ayers era un terrorista, lui aveva 8anni. La Clinton non ha messo il dito nella piaga, ma ha fatto notare le amicizie discutibili di Obama, citando anche Louis Farrakhan.
La Clinton si è poi dovuta giustificare per la gaffe sulla Bosnia, ma in questo caso Obama ha preso le sue difese, dicendo che una campagna elettorale così importante non dovrebbe concentrarsi su queste sciocchezze.
Altro punto su cui i due candidati concordano è la politica estera: vogliono il ritiro delle truppe dall'Iraq ma appoggerebbero una risposta decisa contro l'Iran se questo attaccasse Israele (su questo punto Obama è stato più risoluto, mentre la Clinton ha parlato di generiche "rappresaglie" contro l'Iran).
Sulla politica fiscale, la Clinton ha ribadito il suo impegno ad abolire gli sconti fiscali decisi da Bush per i grandi redditi. Obama si è impegnato a tagliare le tasse per i redditi al di sotto dei 200.000 o dei 250.000 dollari.
Il moderatore stuzzica i candidati a proposito delle loro posizioni sul controllo delle armi: entrambi sono per norme più restrittive, ma in questa fase della campagna non ne parlano perchè è una posizione impopolare nella provincia americana. La Clinton risponde "Molti possessori di armi da fuoco chiedono che siano tenute lontane dalle mani sbagliate", mentre per Obama "Su questo argomento dobbiamo andare oltre le divisioni politiche e cercare una soluzione efficace".
La Clinton è decisamente più a suo agio quando parla della necessità di abbassare i costi del gas, accusando il mercato di essere manipolato.
L'ultima domanda riguarda, neanche a dirlo, i superdelegati. Il moderatore chiede di lanciare un appello ai big del partito ancora indecisi, la Clinton parla per prima e dice che "C'è bisogno di un combattente alla Casa Bianca. Potete contare su di me, sapete chi sono". Obama invece torna a puntare sulla sua forza inspiratrice "Siamo ad un momento decisivo della nostra storia, e dobbiamo essere capaci di arrivarci con una nuova coalizione politica".

In conclusione, forse a causa del suo status di front-runner, forse perchè i moderatori non volevano essere accusati come al solito di essere più cattivi con la Clinton, questo è stato il dibattito in cui Obama è stato messo maggiormente sotto pressione su molteplici argomenti (non solo Wright e le dichiarazioni sulla provincia americana, ma anche il fatto che non indossi una spilla con la bandiera americana). Il senatore ha messo a segno un paio di punti evidenziando l'elitarismo della Clinton a proposito di suoi commenti risalenti al 1992 (in cui sembrava snobbare le casalinghe) e riguardo la grazia concessa da Bill Clinton ai terroristi del gruppo a cui apparteneva Ayers. La Clinton è sembrata non voler esagerare negli attacchi, preoccupata forse di danneggiare oltremodo l'eleggibilità del suo avversario nel caso fosse Obama ad ottenere la nomination.

I candidati riscoprono la religione

La visita di Papa Benedetto XVI negli Usa pone al centro dell'attenzione il ruolo della religione inq uesta campagna elettorale. I tre candidati, pur non essendo cattolici, hanno accolto calorosamente il Papa: "La vita di Benedetto XVI dedicata alla virtù e all'autenticità dei suoi principi serve da esempio per le persone di tutto il mondo" ha detto McCain, "In un momento in cui le famiglie americane affrontano il crescente costo della vita e le preoccupazioni per ciò che accade all'estero, il viaggio del Papa offre conforto" ha detto Obama, "Ho particolarmente apprezzato la decisione del Papa di visitare Ground Zero con i familiari di alcune vittime dell'11 settembre" ha infine detto la Clinton.
Le primarie del 2008, tra le tante particolarità, ne hanno una passata quasi sotto silenzio: la riscoperta della religione, un fattore che negli ultimi decenni (in particolare dopo l'elezione di John Kennedy) è rimasto ai margini della campagna elettorale (soprattutto da parte Democratica, mentre i Repubblicani hanno spesso puntato su temi "sensibili" come l'aborto o l'omosessualità per mobilitare la propria base elettorale).

Fin dalle battute iniziali la religione è tornata alla ribalta in questa campagna 2008: Mitt Romney ha dovuto spesso affrontare la questione del suo credo mormone, in un modo simile a quello con cui JFK nel 1960 dovette continuamente rassicurare gli elettori preoccupati per la sua fede cattolica (non a caso è, ad oggi, l'unico Presidente cattolico della storia degli Usa).
Anche Hillary Clinton, metodista, ha parlato di religione nel corso della sua campagna, ricordando che la sua fede la ha aiutata a rimettere insieme il suo matrimonio.
Maggiori problemi sono arrivati per Barack Obama, che dopo essersi dovuto difendere dall'accusa di essere un cripto-musulmano (suo padre era un musulmano non praticante, e quando Obama si trasferì in Indonesia venne iscritto a scuola elementare dai nonni come alunno di fede islamica pur non avendo mai praticato. Una volta tornato in Usa, aderì alla chiesa cristiana unitarista), si è trovato ad essere additato come un fondamentalista cristiano dopo le frasi del suo padre spirituale, il Reverendo Wright, a proposito della religione come liberazione del popolo nero. La religione è spesso presente anche nei discorsi di Obama (spesso equiparati a sermoni), tramite l'uso di linguaggio figurato e di frequenti riferimenti ad una "relazione personale con Gesù".
La religione ha toccato anche la campagna di John Edwards, che ha dovuto spiegare il fatto di sostenere nel suo programma i diritti dei gay ma di opporsi fermamente ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.
John McCain è invece un episcopale praticante, ed ha detto "Credo che noi tutti siamo una cosa sole e che Dio ci ami tutti quanti".
Tra i ritirati, Rudy Giuliani è probabilmente il candidato meno legato alla religione. Cattolico non praticante (sebbene abbia frequentato scuole cattoliche e sia stato vicino a farsi prete), divorziato, Giuliani è favorevole all'aborto e ha sempre sostenuto che la religione è un fatto privato.
Su posizioni opposte era Mike Huckabee, ex pastore battista, il cui programma politico è interamente ispirato alla religione, dalla contrarietà assoluta all'aborto alla proposta di vietare l'insegnamento dell'evoluzionismo darwiniano nelle scuole (cosa che lo avvicina alle posizioni di George W. Bush).

Anche a questo punto della campagna elettorale, per i candidati Democratici è ulteriormente importante corteggiare gli elettori in base al loro credo, tantopiù in stati, come la Pennsylvania, in cui gli elettori sono in buona parte cattolici, e abituati a sentirsi poco considerati sotto l'aspetto religioso.
I cattolici finora hanno dimostrato una forte preferenza nei confronti della Clinton, e gli strateghi della sua campagna elettorale sono certi che questa forza potrebbe rivelarsi decisiva sia contro Obama che contro McCain. La Clinton ha perciò partecipato ad eventi di impronta cattolica come la parata di San Patrizio a Pittsburgh e Scranton.
Obama non sta però con le mani in mano. Nell'ultima settimana prima del voto in Pennsylvania sono state lanciate iniziative pensate appositamente per l'elettorato cattolico, ed è stata utilizzata come sponsor Vicky Kennedy, moglie di Ted Kennedy, il più noto cattolico Democratico del paese.

I cattolici rappresentano circa il 25% della popolazione americana, e oltre a posizioni contrarie all'aborto e ai matrimoni gay, negli ultimi anni si sono contraddistinti per l'opposizione alla guerra in Iraq e il sostegno ad un aumento degli stipendi minimi e della copertura sanitaria, temi presenti nel programma dei candidati Democratici.
In un recente sondaggio condotto in 19 stati, il 63% dei cattolici si è dichiarato Democratico, mentre il 37% Repubblicano. Nel 2005 solo il 42% si definiva Democratico.
I cattolici preferiscono la Clinton perchè le riconoscono un grande impegno riguardo le politiche sanitarie, e perchè hanno un buon ricordo dell'amministrazione del marito. Riguardo Obama, ritengono che il suo modo di parlare ricordi troppo i sermoni evangelici o battisti.
C'è però chi tira in ballo "la teoria della suora": i cattolici sarebbero più propensi ad una leadership femminile a causa del ruolo che le suore hanno nella loro religione.

mercoledì 16 aprile 2008

Bill Clinton e la gaffe sulla Bosnia

Quando si dice "peggio la toppa del buco". Bill Clinton ha parlato del cosiddetto "Bosnia flap", la gaffe commessa da Hillary quando, parlando della sua esperienza internazionale, ha raccontato di una pericolosa missione condotta in Bosnia nel 1996 "sotto il fuoco nemico". Non ci è voluto molto per scoprire che le cose non erano andate proprio così, e che la missione diplomatica di Hillary era stata tutt'altro che rischiosa, tanto che la senatrice ha ritrattato e ammesso di aver esagerato.
Bill Clinton, per difendere la moglie, ha peggiorato la situazione. L'ex Presidente ha accusato i media di essersi comportati "come se Hillary avesse rapinato una banca".

Per giustificare l'errore della moglie, Clinton ha utilizzato un argomento non propriamente ortodosso, ha infatti detto che si è sbagliata per colpa "della stanchezza e dell'età". La Clinton avrebbe raccontato dell'episodio quando era molto stanca, al termine di una dura giornata. In realtà l'episodio è stato riferito numerose volte, in discorsi scritti, prima della smentita.
Un triplo errore strategico, visto che la regola d'oro della campagna elettorale è non tornare mai sugli errori fatti. Clinton ha invece "resuscitato" l'errore, ha dato una versione dei fatti inaccurata e falsa, e infine ha detto che sua moglie è anziana e smemorata.
Hillary stessa non ha gradito la frase, tanto che il suo portavoce è dovuto intervenire di nuovo sulla questione, spiegando che la senatrice si prende tutta la responsabilità dell'errore.

Questo è solo l'ultimo di una serie di interventi dell'ex Presidente, che hanno causato più che altro preoccupazioni alla senatrice, tanto che in molti le hanno proposto di tenere da parte il marito dando invece più spazio a Chelsea, vera rivelazione di questa campagna.
Nel corso degli ultimi mesi, i sondaggi hanno mostrato un drastico calo del gradimento di Bill Clinton, dal 55% di pareri positivi di febbraio al 51% di pareri negativi a marzo, su tutto l'elettorato.
Tra i Democratici, i pareri negativi solo saliti dal 13% al 22%. Inoltre la presenza di Bill rende problematico per Hillary promuovere il cambiamento degli accordi commerciali con l'estero, accordi firmati a suo tempo dal marito, e da lui attualmente difesi. Lui ha ricevuto 800.000 $ di fondi dai sostenitori del Colombia Free Trade, a cui la Clinton si oppone.

Gore ha un potere che forse non vuole

di David Shribman (Pittsburgh Post-Gazette)

Di tutte le ironie della sorte, questa potrebbe essere la più insolita, la più imbarazzante e la più significativa.
Per gran parte della sua vita, Albert Gore Jr. si è preparato per la presidenza. La prima volta che ci provò, nel 1988, sembrò un po' troppo giovane. La seconda volta, nel 2000, sembrò un po' troppo vecchio.
Adesso che ha capito di non poter conquistare il grande anello d'oro, si trova nella posizione di poter determinare chi avrà quell'anello. o almeno chi potrà ottenere la nomination Democratica. Perchè probabilmente è vero che l'unica persona che può portare a compimento le primarie Democratiche del 1008 è proprio Gore, e lui lo sa.

Dieci anni fa, Al Gore sembrava il più insignificante degli insignificanti. Oggi, da difensore dell'ambiente, cun un premio Nobel per la pace e un Oscar, è il più figo dei fighi. I suoi discorsi che erano seguiti da banchi vuoti al Senato e quando era vicepresidente, adesso vengono ascoltati con attenzione rapita. Quando Gore - che una volta venne portato su un palco su un carrello dolly come se fosse un asse di legno - parlava, in milioni sbadigliavano. Adesso in milioni lo ascoltano.
Hillary Rodham Clinton può ancora vincere la nomination; Barack Obama non l'ha ancora conquistata e rimane ancora lontano dal cosiddetto "magic number" che mette fine alla corsa. La Clinton combatte con fierezza, e la sua storia personale indica che non è tipo da farsi da parte. Ma se l'endorsement del Governatore del New Mexico Bill Richardson per Obama ha dato un duro colpo alla credibilità elettorale della Clinton, Gore potrebbe esserle fatale.
Le richieste affinchè la Clinton si ritiri si fanno sempre più insistenti, e Gore sta valutando se esprimersi - in un senso o nell'altro.

Ma prima qualche parola su Gore, che al pari della Clinton viene spesso disegnato come un cartone animato piuttosto che come una persona.
E' al tempo stesso ribelle (solo un ribelle avrebbe appoggiato Howard Dean nelle primarie del 2004) e leale (solo una persona leale sarebbe rimasta fermamente al fianco di Bill Clinton durante il processo di impeachment).
E' al tempo stesso ossessionato dal passato (niente lo commuove di più dei racconti sulle lotte per i diritti civili) e dal futuro (ciò spiega la sua crociata contro il riscaldamento globale). E' un tradizionalista (lui e sua moglie combattevano le oscenità nella cultura popolare) e un innovatore (aveva il computer molto prima di tutti gli altri politici, ed è stato il primo politico ad usare il BlackBerry).
Serio in pubblico e spassoso in privato, cerebrale ed emotivo, sportivo ed individualista, Gore insistette per andare in ticket con Clinton nel 1992 dopo aver visto il Governatore dell'Arkansas usare con successo le stesse tattiche che aveva provato lui nel 1988 (contenere i danni in Iowa, tornare alla ribalta in New Hampshire e fare piazza pulita nel Super Tuesday). Combattè contro l'influenza di Hillary nella Casa Bianca. Fu profondamente offeso dalla condotta di Clinton nello studio Ovale, ma sopportò volentieri le critiche quando non invitò Hillary a prendere parte alla campagne presidenziale del 2000 e poi, convintosi che il comportamento della Clinton era stato decisivo nella sua mancata elezione, stoicamente ha sopportato lo spettacolo quadriennale di un partito diviso su quella nomination che pochi mesi prima aveva sostenuto con entusiasmo.

Adesso inserite questo carattere così complesso e conflittuale nella situazione così complessa e così conflittuale che i Democratici affrontano oggi.
Alcune persone che lo conoscono, dicono che Gore interverrà dicendo alla Clinton che non può vincere e, per il bene del partito, deve farsi da parte. Altri pensano che non lo farà, per non dare l'idea che la nomination sia decisa da lui.

Nessun americano dei tempi recenti ha avuto un ritorno di fiamma così evidente come Gore, con l'eccezione forse di Richard Nixon, che perse la presidenza nel 1960 e la ottenne nel 1968 e nel 1972. Nessun americano dei tempi recenti ha mostrato in modo così chiaro che si può fare politica restando fuori dalla politica.
Il momento più gioioso della vita politica di Gore risale a quando lui e sua moglie, assieme ai Clinton, visitarono in pullman le campagne americane. Chi conosce Gore sa che l'insurrezione di Obama contro la vecchia politica è il tipo di movimento che l'ex vicepresidente apprezza di più.
Cinque degli ultimi sette presidenti, di fronte ad una simile possibilità di influenzare la scelta della nomination, non hanno perso l'occasione di rimanere sotto le luci della ribalta: Johnson, Nixon, Ford, Carter e Clinton. Ronald Reagan e George H. Bush, che ritenevano che il silenzio sarebbe stato più eloquente, non lo hanno fatto.

Gli elettori hanno ancora molto da dire. Prima che sia finita, anche Gore potrebbe dire qualcosa.

Copyright 2008, Pittsburgh Post-Gazette

martedì 15 aprile 2008

In cosa differiscono la Clinton e Obama

Gli elettori Democratici non riescono a decidere chi sarà il loro rappresentante alle elezioni presidenziali. Si tratta essenzialmente di uno scontro fra persone, perchè per quanto riguarda i programmi, i due sono quasi speculari.
"Le differenze tra di noi impallidiscono al confronto delle differenze che ci separano dai Repubblicani" ha detto la Clinton. E Obama ha aggiunto "I nostri piani sanitari sono uguali al 99%".
La Associated Press ha chiesto a Stephen Hess, esperto di scienza politica del Brookings Institution, di spiegare se e quali sono le differenze tra i due programmi. Secondo Hess, le somiglianze hanno aggiunto tensione alla campagna elettorale.

"E' chiaro che quando due candidati sono d'accordo su molte cose, bisogna trovare un'altra ragione per scegliere l'uno o l'altro. Ed ecco perchè l'attenzione si è spostata sulle persone più che sui programmi. E dalle persone al personale il passo è breve".

Entrambi vogliono estendere la copertura sanitaria e mettere fine alla guerra in Iraq, aumentare il credito per l'iscrizione al college, difendere il diritto all'aborto e rinegoziare il NAFTA. Vogliono riformare la legge sull'immigrazione in modo pressochè uguale, e hanno un piano per l'energia che costerebbe 150 milardi di dollari in 10 anni.

Dove i due differiscono è nel modo in cui raggiungere gli stessi obiettivi. Ecco i punti di divergenza:

Piano sanitario
Entrambi vogliono la copertura sanitaria universale con costi più bassi. La Clinton però vuole rendere obbligatoria la polizza sanitaria per tutti, Obama no. Obama propone che la polizza sia solo per chi se la può permettere.

Casa
Entrambi vogliono aiutare i proprietari di case a fronteggiare i mutui, ma il piano della Clinton prevede un cogelamento di 5 anni degli interessi per i mutui subprime. Obama invece sostiene politiche per scoraggiare la sottoscrizione di mutui subprime. Entrambi vogliono aiutare i proprietari con mutui che hanno un valore superiore a quello della casa, ma la Clinton propone che sia il governo federale a farsi carico dei mutui.

Educazione
Obama vuole che i professori siano ricompensati in base ai risultati ottenuti, sulla base di test sul rendimento. La Clinton vuole premiare il merito, ma sulla base dei risultati ottenuti dalle scuole e non dai singoli insegnanti.
Entrambi vogliono aumentare il credito per il college rispettivamente di 3.500 (Clinton) e 4.000$ (Obama). Obama propone inoltre che gli studenti beneficiari facciano 100 ore di lavori socialmente utili all'anno.

Politica estera
Il dibattito sul fatto che il Presidente debba o meno negoziare direttamente con i leader degli "stati canaglia" è stato il maggior punto di divergenza. Obama dice di voler incontrare i leader di Corea del Nord, Iran e Cuba, la Clinton sostiene che questi incontri sarebbero usati come propaganda dagli stati, e che bisogna invece agire tramite canali diplomatici.

Immigrazione
La differenza maggiore sta nell'opportunità di dare la patente di guida agli immigrati clandestini. Obama è a favore per motivi di sicurezza, la Clinton è contraria.

Tasse
Entrambi abolirebbero i tagli stanziati da Bush per i redditi più alti, usando quei soldi per coprire i loro programmi. Obama inoltre ha un piano per abbassare le tasse a tutti i lavoratori. La Clinton si oppone a questo piano a causa dei costi troppo alti.

I Democratici raccolgono soldi contro McCain

La scorsa settimana era arrivata la notizia che l'organizzazione di una campagna anti-McCain era miseramente fallita per mancanza di fondi. Adesso i Democratici ci riprovano, consci della necessità di tamponare la crescita del candidato Repubblicano nei sondaggi, in attesa che si decida la nomination tra la Clinton e Obama, e che quindi anche nel partito dell'asinello possa partire ufficialmente la campagna elettorale per le Presidenziali.
Alcuni Democratici tra i più abbienti stanno infatti programmando una campagna mediatica di 4 mesi, dal costo di 40 milioni di dollari, per attaccare McCain. La campagna sarà guidata da David Brock (nella foto), l'ex giornalista investigativo che negli anni '90 condusse una campagna finanziata dalla destra contro Bill Clinton.

Brock ha assunto la presidenza del gruppo Progressive Media USA, che si occuperà di questa iniziativa e di altre simili, molto comuni nelle campagne elettorali statunitensi dove sono abitualmente previsti dei finanziamenti per "gruppi di pressione" specificamente pensati per screditare gli avversari e indagare sul loro passato alla ricerca di scheletri nell'armadio.
Dopo il fallimento del tentativo del gruppo Funds for America, con alle spalle il magnate George Soros, Brock ha raccolto in pochi giorni circa 7,5 milioni di dollari che consentiranno di dare il via alla campagna con spot televisivi.

Brock ha spiegato che lo scopo del gruppo è quello di fare il lavoro a cui "la stampa ha rinunciato". "Bisogna riempire questo vuoto, perchè mentre i Democratici combattono, i giornalisti si sono invaghiti di McCain. Perciò McCain può dire ciò che vuole senza che nessuno lo contraddica, e senza che nessuno faccia notare che nel passato ha detto cose molto diverse".
Brock non ha spiegato nei dettagli come si svolgerà la campagna, ma ha preannunciato che sarà un mix di messaggi politici diretti e di argomenti senza collegamenti diretti con le elezioni.

La fama di Brock è ben nota sin dai primi anni '90, quando scriveva per il mensile conservatore American Spectator. Tra le altre cose, Brock accusò Bill Clinton di aver usato i militari dell'Arkansas per coprire le sue scappatelle extraconiugali, accuse che poi diedero il via alla denuncia di Paula Jones per violenza sessuale contro Clinton.
Successivamente Brock si è scusato pubblicamente con Bill Clinton, ed è stato aiutato da Hillary a fondare il movimento liberale e progressista Media Matters.

lunedì 14 aprile 2008

Obama inciampa sui sentimenti della provincia americana

Finora Obama aveva condotto una campagna elettorale che, almeno per quanto riguarda le sue dichiarazioni, era riuscita ad evitare gaffe e incomprensioni (queste erano venute semmai da altre parti vicine a lui, come sua moglie Michelle o il Reverendo Wright). Prima o poi doveva succedere, ed è successo a San Francisco, quando in un discorso durante una raccolta fondi. ha voluto rispondere ad una delle critiche che gli vengono rivolte più spesso negli ultimi tempi, e cioè che non sarebbe in sintonia con il ceto medio, specialmente con quello della provincia americana del Mid-West, come appunto l'Indiana o la Pennsylvania.

Obama, che è apparso piuttosto affaticato, ha spiegato che la classe operaia bianca caduta in disgrazia durante le amministrazioni Bush e Clinton è particolarmente in collera con la classe politica in generale (l'antipolitica non è esclusiva di casa nostra) "Perciò non possiamo meravigliarci che siano inaspriti e in collera, che si aggrappino alle armi, alla religione o ai sentimenti contro gli immigrati, e all'antipatia verso le persone che non sono come loro, o ai sentimenti contro il libero commercio come modo per sfogare le loro frustrazioni." E, rispondendo alla Clinton e ai Repubblicani "Sono in sintonia, so esattamente cosa succede. So cosa succede in Indiana, in Illinois, in Pennsylvania. La gente è stanca, arrabbiata, frustrata, amareggiata e vuole vedere un cambiamento a Washington".

La Clinton ha replicato quasi immediatamente "Mi è stato riferito che il mio avversario dice che la gente della Pennsylvania che ha affrontato tempi difficili è inasprita. Non è quello che vedo. La gente della Pennsylvania non ha bisogno di un Presidente che li guardi con commiserazione, ma di un Presidente che lotti per loro, che lavori duramente per loro".
Anche da parte di McCain non sono tardate le risposte "Mostra un elitarismo e una condiscendenza verso i lavoratori assolutamente incredibile. E' difficile immaginare un candidato alla Presidenza più fuori sintonia con la classe media" ha detto Steve Schmidt, consigliere di McCain.

In un primo momento, Obama ha difeso le sue dichiarazioni, poi accorgendosi che stava peggiorando la situazione è tornato sui suoi passi ammettendo che quelle frasi "non erano state dette bene come avrei voluto", e parlando proprio in Indiana ha attaccato la Clinton con insolita veemenza "Ecco cosa ha detto la ricca senatrice Clinton 'Non credo che la gente della Pennsylvania sia arrabbiata" e John McCain ha detto 'Come può aver detto una cosa del genere? Non è in sintonia con la gente'. Non sono in sintonia? McCain ha capito solo dopo tre tentativi che i mutui sulle case erano un problema, e io sono quello che non è in sintonia?".

A sua volta la Clinton ha replicato sempre dall'Indiana, dove le parole della canzone "Small town" di John Mellencamp sono una sorta di inno. "Non credo che gli americani siano arrabbiati o inaspriti, credo che abbiano delle buone ragioni per protestare contro patti commerciali ingiusti o salari troppo bassi". Il New York Times riporta commenti degli elettori dell'Indiana particolarmente critici verso Obama: "Sono un operaio, e quelle frasi mi hanno profondamente offeso, e mi hanno ricordato perchè sostengo Hillary", "Religione e armi sono cose che abbiamo avuto per 200 anni", "Non mi sono sentito offeso, ma non mi sono sembrate dichiarazioni molto intelligenti da fare adesso. Qui in Indiana amiamo le nostre piccole città e il nostro modo di vivere. Anche Indianapolis per noi è una piccola città".
Sabato Geoff Garin, il nuovo stratega della campagna elettorale di Hillary Clinton, ha invitato i superdelegati indecisi e quelli che sostengono Obama a considerare le dichiarazioni del senatore come un possibile punto debole in vista delle elezioni presidenziali. "Questo è il tipo di cose che ha creato un baratro tra i Democratici e gli abitanti dei piccoli centri".

domenica 13 aprile 2008

Karl Rove spiega come vincere la convention / 2

Ed ecco la seconda e ultima parte del prontuario che Karl Rove, ex braccio destro di George W. Bush e stratega delle sue vincenti campagne presidenziali, ha scritto per Newsweek in previsione di una convention Democratica aperta ad ogni possibile esito. Sulla base di 180 anni di storia delle convention, Rove traccia una serie di regole d'oro per ottenere la nomination. Qui trovate la prima parte.

Come vincere una sfida all'arma bianca

Regola #3: I delegati sono tutto. I delegati sono l'ultimo anello della catena alimentare della politica. Ma la convention è il loro momento di gloria. Non dateli per scontati, fate ogni sforzo per venire incontro a tutti i loro legittimi (e legali) bisogni. Sin da ora gli staff dovrebbero già avere un database con ogni informazione possibile sui delegati - date di compleanno, allergie, hobby, interessi. In caso contrario, bisogna darsi una mossa.
Esercitate il controllo sulle delegazioni statali e anche sui gruppi all'interno di ogni delegazione. Fateli soggiornare, mangiare e bere con i loro capi, e stabilite un efficace e rapido sistema per riferire ogni problema, perchè in un testa a testa anche i piccoli gruppi di delegati contano. Nella convention Repubblicana del 1952, Eisenhower ricevette un sostegno decisivo da parte di 19 delegati del Minnesota vincolati al suo rivale Harold Stassen, al secondo dei suoi nove tentativi di elezione. I 26 delegati di John Edwards potrebbero risultare decisivi in questa occasione.
Inoltre assicuratevi che la vostra organizzazione riesca a comunicare istantaneamente e prendere decisioni rapide. Nella convention del Gop del 1976 il team di Ford si accorse subito dell'insoddisfazione dei delegati del Mississippi per la scelta del vicepresidente di Reagan. I collaboratori di Ford convinsero perciò il Mississippi ad accantonare il winner-take-all dando a Ford una piccola ma decisiva quota di delegati.

Regola #4: Ci vuole una strategia per vincere. Qualsiasi combinazione di endorsement, annunci, dichiarazioni e apparizione riusciate a mettere in piedi, fatelo. Nelson Polsby, uno dei maggiori esperti di convention, ha scritto che i delegati "si comportano in modo da massimizzare il loro potere politico...I delegati scambieranno i loro voti per accedere al candidato che ritengono possa ottenere la nomination". Perciò date l'idea di una comitiva per il vostro candidato, e invitate i superdelegati a bordo.
Ma non fate cose che mettano in difficoltà il vostro candidato. Nel 1976, Ronald Reagan provò a dare uno scossone alla situazione nominando il suo candidato vice alcune settimane prima della convention. La scelta cadde sul senatore Richard Schweicker, un moderato della Pennsylvania, che portò a Reagan qualche delegato in più. Ma la scelta indispettì i conservatori (da qui nacque la rivolta dei delegati del Mississippi).
Inoltre conservate qualche sorpresa, e trattenete alcuni voti. Bisogna avere buone notizie in ogni giornata della convention, specialmente in quella del voto. Nel 1940 Sam Pryor, capo dello staff di Wendell Wilkins, portò via costantemente i sostenitori degli avversari, ma li aggiunse tra quelli del suo candidato pochi alla volta, così in ogni votazione le quotazioni di Wilkins salivano mentre quelle degli avversari crollavano.
Poichè la convention di quest'anno avrà probabilmente un solo voto, fate in modo che qualche superdelegato si esprima a vostro favore appena prima o durante la convention.

Regola #5: Attenzione all'immagine. Le convention sono elaborate produzioni pensate per la Tv. Viviamo nella società dell'immagine, ogni momento e ogni evento deve essere preparato. I media si lamenteranno, ma pensate a quali messaggi e a quando volete mandarli. La sceneggiatura deve essere sufficientemente efficace e interessante da trattenere gli obiettivi sul candidato e non altrove. Il bacio tra Al e Tipper Gore, ad esempio, fu un'ottima mossa. E fornite contenuti freschi in continuazione. Nell'era di YouTube c'è sempre qualcuno che guarda. E se non create contenuti in tutti i canali disponibili, lo farà qualcun altro.
Le convention nazionali sono in parti uguali luna park, soap opera, lezioni di politica e feste. Sono spesso caricaturali e anacronistiche. Ma sono un elemento importante nella liturgia della democrazia. E se negli ultimi decenni le convention sono diventate asettiche, prevedibili e spesso ignorate dalla stampa, quest'anno per i Democratici potreebbe essere diverso.

Certamente a giugno uno dei due candidati potrebbe prevalere. Ma se a separarli ci saranno solo pochi delegati, e molti superdelegati saranno ancora indecisi, e le questioni di Michigan e Florida non saranno risolte, beh allora per la costernazione dei Democratici Denver potrebbe diventare lo scenario di una tragedia o di una vendita di cavalli. Per l'ultimo anello della catena alimentare politica, vale sempre la pena di seguire una convention. Quest'anno più del solito.



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