sabato 15 marzo 2008

Profili: Hillary Clinton

Hillary Diane Rodham Clinton
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Democratica
Età: 61 anni
Professione: avvocato, procuratore in Arkansas (1979-1972), First Lady (1993-2000), senatrice junior dello Stato di New York dal 2001.
Fondi raccolti: 138.048.906 $
Budget: 29.186.342 $

Quella di Hillary Clinton è senza dubbio una delle candidature più annunciate nella storia delle primarie. Prima di sposare Bill e di diventare First Lady dell'Arkansas e poi degli Usa la politica era già nel suo destino. Prima che suo marito Bill terminasse il secondo mandato presidenziale, cominciò a diffondersi la voce di un ingresso in politica di Hillary, con l'obiettivo di tornare prima o poi alla Casa Bianca. Così la Clinton fu la prima First Lady a candidarsi ad una carica elettiva mentre era ancora alla Casa Bianca, e a novembre del 2000, mentre George W. Bush superava Al Gore, Hillary conquistava il seggio al Senato degli Stati Uniti, in cui entrò 17 giorni prima del passaggio di consegne con il nuovo Presidente. Nelle elezioni per il Senato avrebbe dovuto confrontarsi con l'allora sindaco di New York Rudolph Giuliani, ma quest'ultimo si ritirò per motivi di salute e la Clinton ebbe gioco facile nel superare il semisconociusto Rick Lazio.

Una donna alla Casa Bianca è stata finora materia solo per film e telefilm, ma la Clinton è l'unica nell'attuale panorama politico statunitense a potercela fare. E' curioso però che la sua fama e la sua credibilità non derivino dall'attività politica ma dal suo passato di First Lady. Hillary è una delle First Lady più significative di tutti i tempi, con Eleanor Roosevelt e Jacqueline Kennedy, e se le prime due hanno dovuto affrontare rispettivamente la Seconda Guerra Mondiale e l'assassinio del marito, la Clinton si è trovata a dover fronteggiare lo scandalo sessuale che ha rischiato di travolgere la Presidenza di Bill. Ne è uscita come meglio non avrebbe potuto, salvando il suo matrimonio e la sua dignità al tempo stesso, e conquistando la solidarietà delle donne e delle femministe.

Già 4 anni fa c'era chi caldeggiava una sua candidatura contro Bush, al minimo storico per la guerra in Iraq e accusato di essere un Presidente illegittimo (dopo le contestazioni elettorali in Florida), ma si decise di preparare meglio la discesa in campo facendo conquistare a Hillary un secondo mandato al Senato e iniziando una campagna elettorale lunghissima che poteva durare dai 4 agli 8 anni (nel caso in cui John Kerry l'avesse spuntata, e infatti i Clinton non sostennero adeguatamente la campagna presidenziale del senatore del Massachusetts). Questi quattro anni da candidato-ombra hanno però portato ad un logoramento della figura di Hillary, ad una rapida fine dell'effetto novità e, in ultimo, al ricompattamento dei Repubblicani contro di lei. Inoltre il suo nome non è gradito agli indipendenti, che la identificano con l'establishment e con l'amministrazione di Bill Clinton, che anche se rimpianta da molti, nel corso degli anni ha evidenziato molteplici carenze che hanno poi portato alla situazione attuale specialmente in politica estera. Le primarie sono così iniziate in salita, e nonostante l'appoggio di molti big del partito e dei grandi stati, da gennaio è costretta ad inseguire Barack Obama.

Una First Lady diversa
Già nelle primarie del 1992 si capì che Hillary avrebbe avuto un peso specifico molto forte. Prima delle primarie in New Hampshire, i tabloid scandalistici diffusero la notizia di una relazione extraconiugale di Bill con la cantante Gennifer Flowers: i Clinton si presentarono assieme in tv nel programma 60 minutes durante il quale Bill negò la relazione ma si scusò per causato un dolore alla moglie (anni dopo avrebbe ammesso che in effetti la relazione con la Flowers era davvero esistita) ma fu Hillary a rubargli la scena, tanto che Clinton arrivò a dire che, eleggendo lui a Presidente, gli americani avrebbero avuto "due al prezzo di uno". Durante la campagna elettorale la storia personale di Hillary, e in particolare le sue lotte sociali ed etiche negli anni '70, finirono sotto il fuoco incrociato dei media conservatori.
E' stata la prima First Lady in possesso di studi specialistici, e decise che non avrebbe rinunciato al nome da ragazza. E' stata anche la prima First Lady ad avere un ufficio nell'Ala Ovest della Casa Bianca, quella dedicata agli uffici esecutivi più importanti, tanto che molti la definirono co-presidente coniando la parola "Billary". Nel 2003, Bill la nominò a capo di una task force per la riforma del sistema sanitario, come già aveva fatto per la riforma dell'istruzione quando era Governatore in Arkansas. Il piano sanitario fu oggetto di critiche e minacce - tanto che nel 1994 la Clinton fu costretta a girare col giubbotto antiproiettile - e venne bocciato dal Congresso, nonostante le camere fossero in mano ai Democratici. Nel 1997, assieme a Ted Kennedy, promosse il Children's Health Insurance Program. L'ultima parte dell Presidenza Clinton fu caratterizzata dagli scandali: il Whitewater, riguardante una controversa vendita di proprietà immobiliari e successivi fallimenti societari tra gli anni '70 e gli '80, il "travelgate", riguardante il licenziamento di sette impiegati della Casa Bianca, e soprattutto il Sexgate, l'affare Lewinsky che per poco non portò all'impeachment di Bill Clinton per la falsa testimonianza sulla sua relazione con la stagista Monica Lewinsky.

Posizioni politiche e programma di Hillary Clinton
Le posizioni politiche della Clinton si riallacciano in modo continuativo a quelle dell'amministrazione di Bill Clinton, e si focalizzano in modo particolare sulle politiche sanitarie e sulla politica estera.


  • Politica economica: la Clinton ha criticato la riforma fiscale dell'amministrazione Bush, che esclude ampie fasce della popolazione dai benefici fiscali, e ha proposto uno stanziamento di 110 miliardi di dollari per contrastare gli effetti della crisi economica e della recessione, aiutando i meno abbienti estendendo i sussidi di disoccupazione e aumentando gli sconti fiscali.

  • Energia e ambiente: la Clinton sostiene la necessità del risparmio energetico e dell'aumento di veicoli alimentati ad idrogeno, oltre alla ratifica del Protocollo di Kyoto. Ha proposto un fondo di 50 miliardi di dollari pagato in parte dalle compagnie petrolifere per investire nelle energie alternative. Intende raddoppiare gli stanziamenti per la ricerca sull'energia.

  • Politiche sociali: il punto centrale del programma della Clinton è dato dalla proposta di riforma sanitaria, derivata da quella bocciata nel 1993; questa riforma prevede una copertura obbligatoria universale, con sussidi per i meno abbienti. I premi assicurativi sarebbero sottoposti ad un tetto di spesa, e i cittadini potranno scegliere tra diversi piani privati o pubblici. La copertura per questa riforma arriverebbe dall'abolizione delle agevolazioni fiscali promosse da Bush per chi ha un reddito superiore ai 250.000 $.
    La Clinton si oppone ai matrimoni tra persone dello stesso sesso ma supporta le unioni civili per i gay. E' favorevole alla libertà di scelta delle donne in caso di aborto.
    Supporta la ricerca sulle cellule staminali

  • Politica interna: la Clinton è a favore della pena di morte ma supporta l'Innocence Protection Act che richiede il test del DNA prima dell'esecuzione.
    E' a favore della lotta all'immigrazione clandestina potenziando le frontiere anche con l'aiuto della tecnologia, e stabilendo regole certe per dare la cittadinanza.
    Supporta una restrizione della libera vendita di armi da fuoco. E' contraria alla legalizzazione delle droghe leggere a fini terapeutici.

  • Politica estera: la Clinton ha votato a favore del Patriot Act nel 2001 e dell'intervento in Iraq nel 2002. Ancora oggi rivendica quel voto ma critica la strategia dell'amministrazione Bush. Oggi è contraria all'aumento di truppe deciso da Bsuh e propone un piano di ritiro graduale dall'Iraq. Nel 2007 ha votato per una legge che imponeva di stabilire una data per l'inizio del ritiro, ma Bush ha posto il veto. Ha promesso che il ritiro inizierà entro 60 dal suo insediamento, ma si è rifiutata di fissare una data per il completamento del ritiro, dicendo che potrebbe non avvenire entro il termine del primo mandato.
    Ha detto di prendere in considerazione la possibilità di intervento militare in Iran in caso fallissero le trattative diplomatiche, che comunque lei potenzierebbe. Nel 2007 ha votato per una legge che classifica i Guardiani della Rivoluzione (l'esercito iraniano) come gruppo terroristico.
    E' a favore dell'embargo su Cuba.

Punti di forza: gode dell'appoggio dei big del partito sia a livello centrale che nei singoli stati, può contare sull'appoggio di lobby e corporations e di molti mezzi di comunicazione, può contare su un'organizzazione capillare sul territorio, può beneficiare del clima di nostalgia nei confronti di suo marito Bill.
Punti deboli: ha ricompattato i Repubblicani contro di lei, la campagna elettorale le ha pregiudicato i voti dei sostenitori di Obama, molti dei big del partito stanno avendo ripensamenti, viene percepita come il candidato della conservazione; su di lei pesa il ricordo dei molteplici scandali dell'amministrazione Clinton; suo marito Bill è diventato una figura ingombrante.

Fonti: Wikipedia, Washington Post, New York Times, CNN

Michigan e Florida: i Democratici avrebbero dovuto prevederlo

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di Tom Foreman (CNN)

Quando ero un ragazzino e vivevo in South Dakota, mio fratello maggiore ed io salimmo su una slitta in cima ad un sentieri ghiacciato a strapiombo sulla foresta. Lui si distese sullo stomaco e si aggrappò alle maniglie dello sterzo, io gli salii sulle spalle e mi ressi forte. Una spinta e ci ritrovammo a volare, sempre più veloci, tagliando il ghiaccio.

Poi vedemmo la morte in faccia. Un grosso pino.

Mio fratello mi urlò di lasciarmi andare, in modo da alleggerire il carico e sterzare. Io continuai a tenermi stretto. Lui mi urlò che gli stavo bloccando le braccia. Io continuai a tenermi stretto. Lui disse che saremmo andati a sbattere. Aveva ragione.
Mentre eravamo distesi nella neve, con la slitta rotta, i guanti, i cappelli e gli stivali sparsi tutti attorno, arrivarono due ragazze. Guardarono noi, l'albero, la slitta e capirono cosa era successo "Beh, avreste dovuto prevederlo".

Michigan, Florida. I Democratici avrebbero potuto, avrebbero dovuto prevederlo.
Quando decisero di punire i due stati togliendogli tutti i delegati per aver tenuto le primarie fuori dal periodo stabilito, i dirigenti nazionali del partito dissero che non avevano altra scelta.
Con tanti stati alla ricerca di un posto al sole nel processo elettorale, se non avessero bloccato i due pezzi grossi, avevano paura che anche gli altri si sarebbero aggiunti a valanga.
Caucus di Natale, primarie di Halloween, chi sa dove si sarebbe andati a finire.
Ma anche allora, c'erano già alcune questioni problematiche: davvero tutti questi democratici non avranno voce in capitolo? Non c'è il rischio che per ripicca decidano di punire il partito alle elezioni presidenziali? E a dirla tutta, la Florida a gennaio non sembra un po' meglio del New Hampshire?
Ma loro andarono avanti sulla loro strada, e ora ne pagano le conseguenze. Hanno lasciato i bambini da soli in casa con benzina e fiammiferi, e adesso si stupiscono che stia andando a fuoco.
Spegnere l'incendio adesso è ancora possibile, ma molto problematico.

Contiamo i voti come sono stati espressi dando la vittoria a Hillary Clinton? I sostenitori di Obama impazzirebbero.
Escludiamo i due stati dicendo che "le regole vanno rispettate"? Ricordate cosa ho detto dei sostenitori di Obama? Ora moltiplicatelo per i milioni di democratici dei due stati.
Troviamo un altro modo per rivotare? Forse, ma è costoso, occorre tempo e sicuramente porterà a delle lamentele perchè l'elezione sarebbe contaminata dal fatto di essersi già svolta, con la vittoria della Clinton.
In altre parole, un nuovo voto partirebbe dalla falsa premessa che lei sia la naturale front-runner nei due stati.

Ah, e comunque riportare i due stati all'interno del processo elettorale proprio ora che la gara è apertissima significa dare loro esattamente ciò che volevano: un ruolo decisivo nella nomination.

Capisco perchè la gente di questi due stati si senta tagliata fuori. Perchè è stata tagliata fuori. Quello che non capisco è come il Partito Democratico si tirerà fuori dai guai senza far infuriare almeno metà di chi ha votato finora, cioè i sostenitori di chi perderà la nomination.
E non so neanche come farà il partito, visti i sentimenti negativi di queste elezioni, a tracciare la strada verso un compromesso.
Perchè in conclusione, se Florida e Michigan verranno riammessi, a meno di una divisione equanime, un candidato ne beneficierà e un altro ne soffrirà. E chi perderà non ne sarà certo felice.
Come un grosso pino alla fine della pista. Avresti dovuto prevederlo.

venerdì 14 marzo 2008

La campagna elettorale fa tappa al Congresso

I tre candidati ancora in corsa per le primarie hanno interrotto per un giorno la loro campagna elettorale e si sono ritrovati in quello che è ancora il loro posto di lavoro: il Senato degli Stati Uniti.
L'occasione è un disegno di legge che ha spaccato trasversalmente i due schieramenti, quello della moratoria di un anno degli stanziamenti. E' pratica comune del Congresso statunitense quella di includere nelle spese del governo (l'equivalente della nostra finanziaria) alcuni progetti speciali "adottati" per così dire, da singoli senatori. La pratica, nel corso degli anni, è degenerata favorendo il clientelarismo e portando a spese folli con cui i senatori si ingraziano gli elettori nel distretto di elezione.

Tutti e tre i candidati supportano questa proposta di moratoria annuale, che permetterebbe un netto taglio delle spese, ma le polemiche tra loro non mancano. McCain è il capofila del progetto, e può gridarlo ai quattro venti perchè la sua posizione è rimasta immutata tanto che lui stesso non ha mai fatto uso degli stanziamenti "Sono orgoglioso di aver combattuto dal principio, spesso da solo, la pratica degli stanziamenti. Sono rincuorato dal fatto che i senatori Clinton e Obama si siano uniti a me nel supportare la proposta di vietare questa pratica per un anno, e rinnovo loro il mio invito a rinunciare ai loro stanziamenti fin quando siederanno in Senato".

Infatti i due Democratici, pur essendo a favore della legge, hanno fatto ampio uso di stanziamenti.

Hillary Clinton l'anno scorso ha utilizzato stanziamenti per 342 milioni di dollari, il decimo stanziamento più ingente del 2007, mentre Obama si è assicurato 98 milioni di dollari per finanziare progetti in Illinois.
La Clinton si è detta orgogliosa dei suoi stanziamenti per New York, ma è favorevole alla sospensione per un anno in modo da aumentare la trasparenza del sistema.
Obama ha invece deplorato il fatto che la maggior parte degli stanziamenti vengano assegnati in base all'anzianità dei senatori e non all'importanza dei progetti. E non ha perso occasione per polemizzare con la Clinton: Obama ha infatti reso pubblica la destinazione dei suoi stanziamenti negli anni scorsi (la trovate qui), mentre la senatrice non ha fatto altrettanto
"Se la senatrice Clinton non seguirà l'esempio del senatore Obama rendendo pubblica la destinazione dei suoi stanziamenti, gli elettori potrebbero chiedersi perchè non hanno il diritto di sapere come lei vuole spendere i soldi dei contribuenti" ha detto il portavoce di Obama, Gibbs.

Alla fine di una lunga notte di votazione, il progetto di moratoria è stato respinto con ampia maggioranza dal Congresso.

Rassegna stampa democratica: Ferraro lascia, la replica a King, la bambina dello spot della Clinton tifa Obama

Geraldine Ferraro è l'unica donna che, fino ad oggi, si era avvicinata alla guida degli USA: è stata infatti la candidata vicepresidente di Walter Mondale nelle presidenziali del 1984.
La fama della Ferraro, che ha 72 anni e, da grande attivista dei diritti delle donne, è una grande sostenitrice di Hillary Clinton, da oggi sarà legata anche ad un episodio meno edificante. Dopo aver messo in discussione l'esperienza e la competenza del senatore, e aver accusato la stampa di essere sessista, ha aggiunto "Se Obama fosse un bianco, non sarebbe in questa posizione, e se fosse una donna (di qualsiasi colore) non sarebbe in questa posizione. E' molto fortunato ad essere cioò che è", dichiarazioni che richiamano da vicino quelle rilasciate dalla stessa Ferraro una settimana fa alla giornalista italiana Monica Maggioni, ma che evidentemente non avevano avuto risalto sui media americani.
Il consigliere di Obama Susan Rice ha definito i commenti della Ferraro "oltraggiosi e offensivi", e il portavoce di Hillary, Howard Wolfson, ha rilasciato una laconica presa di distanze "Non siamo d'accordo con lei". La stessa Clinton è dovuta intervenire, scusandosi con la comunità nera e definendo "deplorevoli" le parole della Ferraro, che in conseguenza di questo non ha potuto fare altro che lasciare l'incarico - la raccolta fondi - che ricopriva nello staff della senatrice.

Negli ultimi giorni non mancano le fonti di imbarazzo per la Clinton dall'interno del suo stesso partito. Il Governatore dello stato di New York Eliot Spitzer, sostenitore della senatrice e in predicato di assumere un ruolo nella possibile futura amministrazione Clinton, è stato coinvolto in uno scandalo riguardante un giro di prostituzione, e ha dovuto rassegnare le dimissioni.

Obama replica al repubblicano King
Finora Obama non aveva replicato direttamente ad attacchi nei suoi confronti provenienti da esponenti di secondo piano del Gop, ma durante una sosta in un ristorante del Mississippi ha risposto ad una domanda sull'argomento.
La settimana scorsa, il Rappresentante Repubblicano dell'Iowa Steve King aveva detto di Obama "Non scordate il suo secondo nome (Hussein) e suo padre, un africano musulmano - ha ammonito King - Se Obama entrerà alla Casa bianca al Qaeda danzerà di gioia nelle strade più di quanto fece dopo la strage delle Torri gemelle del 2001, proclamerà vittoria nella guerra del terrorismo".
Lo staff di Obama aveva subito chiesto l'intervento di McCain per sconfessare King, ma in Mississippi Obama ha dichiarato "Penso che King sia rimasto indietro. Continuare a mantenere le nostre truppe in Iraq come vuole McCain è esattamente ciò che farà esplodere il sentimento anti-Americano e ci impedirà di creare una pace duratura. Ma devo dire che King e le persone come lui rilasciano dichiarazioni offensive e controverse solo per apparire sui giornali, quindi non lo prendo troppo sul serio. Mi sarebbe piaciuto che il Senatore McCain prendesse le distanze da questo tipo di dichiarazioni".

La bambina dello spot della Clinton tifa per Obama
Pochi giorni prima delle primarie in Texas Hillary Clinton ha diffuso uno spot, intitolato "3.am." in cui si vede una bambina dormire. Il video, che è stato anche oggetto di una parodia al Saturday Night Live, ha fatto molto discutere per il suo contenuto ansiogeno, ma adesso torna d'attualità per un fatto curioso. Lo spot utilizza infatti un filmato di dieci anni fa, e la bambina del video adesso ha 17 anni e sostiene Barack Obama. Ospite a "Good Morning America", Casey Knowles, questo il suo nome, ha dichiarato di non aver gradito lo spot "Non mi piace perchè vuole provocare paura e insicurezza. Mi sembra un modo molto mediocre di fare pubblicità. Preferisco di gran lunga il messaggio di Obama che ci invita a sperare in un futuro migliore."
Il video originale era servito per una campagna pubblicitaria di una compagnia ferroviaria, e lo staff della Clinton lo ha acquistato da Getty Images.

Animali alla Casa Bianca
A gennaio, oltre a George W. Bush, lasceranno la Casa Bianca anche Barney e Miss Beazley, i due terrier scozzesi divenuti famosissimi (e amatissimi) anche grazie ai video natalizi sul sito della White House.
Se il posto di Bush dovesse essere preso da Barack Obama, la cuccia della Casa Bianca potrebbe ospitare un nuovo cucciolo. Il candidato ha infatti promesso alle sue due figlie, di otto e cinque anni, un cucciolo come risarcimento per l'estenuante campagna elettorale che ha stravolto la loro famiglia.
Se invece alla Casa Bianca tornassero i Clinton, sarebbero poche le speranze di rivedere Socks (a sinistra), il gatto bianco e nero trovato nel 1991 da Chelsea Clinton in Arkansas e diventato inquilino della dimora presidenziale per otto anni, con tanto di casella postale personale. Nel 2000, infatti, Socks è stato regalato alla segretaria di Clinton, Betty Currie, a cui appartiene tuttora. Buddy, il labrador acquistato da Bill Clinton nel 1997 e protagonista di un difficilissimo rapporto con Socks, è invece morto nel 2002 dopo essere stato investito da un'auto (Clinton una volta disse "Ho raggiunto più risultati con gli israeliani e i palestinesi che con Socks e Buddy"). Bill Clinton attualmente possiede un altro labrador, Seamus.

giovedì 13 marzo 2008

La vittoria di Obama è segnata dal fattore razziale

di Michael Duffy (TIME)

Il senatore Barack Obama ha facilmente conquistato la maggioranza del 33 delegati del Mississippi, e il suo duello con Hillary Clinton è segnato sempre di più dall'aspetto legato alla razza.
La vittoria di Obama, la seconda in quattro giorni, arriva alla fine di una giornata di polemiche dovute ai commenti della ex candidata vicepresidente del 1984, Geraldine Ferraro, una sostenitrice della Clinton che ha sostenuto che lo status di front-runner di Obama sia dovuto al fatto di essere nero più che al suo talento o al suo impegno.
Lo stratega dello staff di Obama, David Axelrod, ha accusato lo staff della Clinton di approvare surrettiziamente questi commenti; più tardi, la Clinton ha definito i commenti della Ferraro "deplorevoli", mentre Obama li ha etichettati come "assurdi".

L'inasprimento dei rapporti tra i due candidati e i rispettivi staff è il principale motivo per cui la speaker democratica Nancy Pelosi ha dichiarato che un ticket Obama-Clinton alle presidenziali sarà impossibile.
Tuttavia il voto in Mississippi ha avuto un inconfondibile carattere razziale, che è anche un inconfondibile limite per Obama. Gli exit poll hanno rivelato una divisione sempre più evidente tra i Democratici, con i bianchi prevalentemente a favore della Clinton e gli afroamericani quasi unanimemente schierati con Obama. Gli afroamericani rappresentano oltre la metà degli elettori democratici in Mississippi, e il 90% di questi ha votato per Obama, la percentuale più alta sin qui registrata. Ed è stata una delle più basse la percentuale registrata da Obama tra i bianchi, circa il 30%.
Il Mississippi è uno degli stati più fedeli ai Repubblicani nelle presidenziali. Solo un Democratico in grado di vincere il 35% o il 40% del voto bianco, mantenendo una vasta percentuale del voto nero, può entrare realmente in gioco a novembre. Obama è ben lontano da questo obiettivo.

Nondimeno, la vittoria aumenta il distacco di Obama dalla Clinton in delegati: i margini sono ridotti ma ugualmente importanti. Se in un sistema elettorale con assegnazione proporzionale è difficile costruire una salda leadership, è ancora più difficile recuperare una volta che sei dietro.
Le primarie in Mississippi evidenziano un altro fattore ricorrente di questa campagna 2008. L'affluenza dei Democratici è quasi quadruplicata rispetto al 2004, quandofu attorno alle 75.000 unità. "Sono grato alla gente del Mississippi per essersi unita ai milioni di americani provenienti da ogni angolo del paese che vogliono voltare pagina rispetto ad un passato fallimentare e vogliono portare avanti il cambiamento" ha dichiarato Obama martedì notte.

Rassegna stampa repubblicana: parte la tourneè di McCain, Ron Paul lascia anzi no, Romney apre alla vicepresidenza

Approfittando di un viaggio all'estero di una delegazione del Congresso Americano, John McCain farà il suo primo tour mondiale da candidato presidenziale. Mentre i suoi avversari sono costretti a lottare su ogni minimo argomento di politica interna, McCain può permettersi di andare nei luoghi che maggiormente vengono influenzati dalla politica americana, e stringere le mani ai principali leader, di cui fra qualche mese potrebbe essere collega. Uno spot elettorale in piena regola, che darà a McCain un'immagine quantomai istituzionale, che potrebbe rivelarsi decisiva nell'opinione degli elettori e che comunque è un indubbio vantaggio rispetto ai Democratici.
Dopo aver ricevuto l'appoggio ufficiale di Bush, McCain partirà alla volta dell'Europa, con tappe a Parigi e Londra, e del Medio Oriente, dove incontrerà il premier israeliano Ehud Olmert e il ministro degli esteri Tzipi Livni. E' la prima volta che un candidato americano alle presidenziali, repubblicano o democratico, si reca in visita in Israele nell'anno delle elezioni.
Al suo ritorno, McCain ha in programma una serie di discorsi in cui traccerà un bilancio del viaggio e degli incontri.

Ron Paul lascia, anzi no
Due giorni dopo l'ufficializzazione della nomination di John McCain Ron Paul, l'unico altro candidato Repubblicano ufficialmente ancora in corsa, aveva pubblicato su YouTube un video in cui accennava alla possibilità di ritirarsi dalla corsa, vista l'impossibilità di conseguire la vittoria e visto che comunque alcuni obiettivi simbolici erano stati raggiunti.
Oggi però, intervistato da "American Morning" sulla CNN, Paul precisa che la sua campagna "si sta certamente concludendo, ma visto il numero di primarie ancora in programma, non è ancora finita. Se fai una campagna elettorale solo per ottenere il potere, allora è conto. Se invece fai una campagna elettorale per cambiare il modo di pensare e il futuro della nostra nazione, allora la campagna non finisce mai".
Paul ha anche ribadito che non si candiderà come Presidente per il Libertarian Party, e che non appoggerà McCain "I Repubblicani hanno il diritto di votare per qualcuno che rappresenti i tradizionali principi repubblicani. Non sosterrò John McCain finchè non cambierà le sue vedute. Non rappresenta nulla di ciò per cui mi batto da 30 anni. Come potrei rinnegare tutto quello di cui parlo da 30 anni e dire 'Ah, ok, adesso è tutto finito, poichè l'unità è la cosa più importante appoggerò McCain'. Nessuno lo capirebbe, io per primo"
Paul è l'unico dei candidati Repubblicani a supportare il ritiro delle truppe USA dall'Iraq e nell'intervista ha sparato a zero anche su Barack Obama, accusandolo di aver sempre votato per finanziare la guerra, e di voler aumentare le truppe in Afghanistan.

Romney apre alla vicepresidenza
Mitt Romney, l'ex favorito per la nomination Repubblicana, torna a parlare di vicepresidenza e mostra di aver cambiato posizione anche su questo tema. Quando Romney si è ritirato dalla corsa, McCain sembrava un candidato "debole", accolto dallo scetticismo di molti e dall'ostilità aperta dei conservatori.
Oggi, a distanza di poche settimane, la situazione è ben diversa: McCain è atteso da alcuni mesi di campagna elettorale in solitaria e i sondaggi lo danno favorito mentre i Democratici si accapigliano fra loro.
Perciò Romney, vedendo ben delineata la possibilità di una vittoria di McCain, ha rilasciato questa dichiarazione a Fox News: "Penso che ogni leader Repubblicano nel paese sarebbe onorato di ricevere la nomination a vicepresidente. E se il nominato del partito ti chiedesse di fargli da vice, bisognerebbe solo esserne onorati e accettare, ovviamente".
E a proposito di Obama e della Clinton: "Ascoltando Obama e la Clinton parlare di esperienza riguardo la sicurezza nazionale mi sembra di vedere due chihuauha che litigano su chi sia il cane più grosso. Ma il cane più grosso è McCain. Spero comunque che la nomination la vinca Obama, perchè a quel punto per la gente sarà più facile riconoscere la sua inesperienza. Con la Clinton potrebbe esserci confusione, perchè si potrebbe pensare che siccome era lì mentre suo marito era Presidente, allora anche lei abbia esperienza in merito. Ma non è così, lei non ha più esperienza di Obama".


McCain non è sempre "pappa e ciccia" con la stampa
John McCain è famoso per avere un ottimo rapporto con i media, e raramente gli capita di polemizzare con un giornalista.
I giornalisti di solito ricambiano, tanto che quando, lo scorso week-end, ha invitato 40 giornalisti nel suo ranch in Arizona per un barbecue, l'argomento più scottante toccato nelle domande è stata l'abilità del candidato a maneggiare il grill.
Ma i reporter dell'Arizona sanno che McCain sa anche essere molto più spigoloso, come ha potuto verificare recentemente Elizabeth Bumiller del New York Times, rea di scrivere per il giornale che ha diffuso la notizia della relazione di McCain con una lobbysta.
Alcuni ex giornalisti dell'Arizona Reporter, il principale quotidiano dello stato, hanno raccontato a The Politico alcuni episodi. Nel 2002, il reporter Ward Bushee arrivò al Republic e si rese conto che, nonostante McCain passasse per uno dei senatori più alla mano, non c'erano linee di comunicazioni tra lui e il giornale. i dissidi con il Republic nascono nel 1989, quando McCain fu implicato nello scandalo Keating Five, una storia di corruzione da cui il senatore uscì relativamente bene nel 1991. "I nostri rapporti cordiali evaporarono letteralmente sotto i nostri occhi" ha raccontato il reporter Andy Hall. Hall fu uno dei reporter che indagarono sul coinvolgimento di McCain nello scandalo, fu oggetto di una dura reazione del senatore, che arrivò a dire che neanche i vietnamiti lo avevano trattato in quel modo.
Nella sua biografia del 2002, McCain è ritornato sulla faccenda ricordando il comportamento provocatorio dei giornalisti ma ammettendo di aver avuto una reazione "ridicola e immatura".
Una nuova frattura tra McCain e il Republic avvenne nel 1994, quando il giornale pubblicò la notizia che Cindy, la moglie del senatore, era dipendente da antidolorifici.

mercoledì 12 marzo 2008

Obama ai supporter: la Pennsylvania è solo uno dei 10 stati mancanti

Il capo della campagna elettorale di Obama, David Plouffe, ha rilasciato un comunicato destinato ai sostenitori subito dopo la diffusione dei risultati in Mississippi:

"Con questa netta vittoria in Mississippi, la leadership di Barack Obama tra i delegati elettivi è più ampia rispetto al 3 marzo, prima del voto in Ohio e Texas. Ha guadagnato più delegati in Wyoming e Mississippi di quanto la Clinton abbia fatto il 4 marzo. Obama adesso ha un vantaggio di 161 delegati elettivi con un totale di 1411, mentre la senatrice Clinton è a 1250. Il raggiungimento della nomination da parte di Hillary Clinton sembra quindi sempre meno plausibile.
Barack Obama ha vinto in 30 elezioni, più della metà degli stati.
Adesso ci attendono altre 10 votazioni. Lo staff Clinton vorrebbe farvi concentrare sulla Pennsylvania - uno stato in cui hanno già dichiarato di essere imbattibili. Ma la Pennsylvania è solo uno degli ultimi 10 stati mancanti, e ognuno è importante per l'assegnazione dei delegati e per decidere la nomination. Il senatore Obama ha fatto campagna in Pennsylvania ieri, e lo farà di nuovo in settimana, ma andrà anche negli altri stati molto presto.
La chiave non è vincere gli stati che la Clinton pensa siano importanti. In queste elezioni hanno vinto meno stati e delegati, hanno perso in tutti i caucus e stanno portando avanti un principio irragionevole per cui dovrebbero ottenere la nomination pur avendo vinto meno primarie, meno delegati, meno stati e meno voti.

Update: replica del portavoce di Hillary Clinton
"Il cammino che porta a al 1600 di Pennsylvania Avenue (l'indirizzo della Casa Bianca) passa per la Pennsylvania. Perciò se Barack Obama non riuscirà a vincere lì, come potrà vincere le presidenziali?"

McCain ai supporter: basta attacchi ai Democratici

Dopo essere stato costretto a rispondere a tre diversi episodi sgradevoli nelle ultime settimane, riguardanti attacchi di suoi sostenitori ad Obama (soprattutto in relazione al suo secondo nome e al padre musulmano), John McCain ha disposto l'invio di una nota a tutti i suoi maggiori sostenitori, chiedendo di limitarsi a comunicare i messaggi elettorali evitando attacchi gratuiti ai Democratici.

"John McCain è il candidato del Partito Repubblicano per le Presidenziali, ed è cruciale, preparandosi a fronteggiare il candidato Democratico, chiunque esso sia, seguire l'esempio di John, di una campagna elettorale basata sui valori importanti per gli americani.
Gli attacchi personali ai nostri oppositori distraggono dalla grande differenza nella visione del futuro che c'è tra McCain e i Democratici" ha scritto Rick Davis, capo della campagna elettorale del senatore, in un documento inviato via mail ai supporter "Questa campagna elettorale è su John McCain, il suo punto di vista, la sua leadership, l'esperienza, il coraggio e l'abilità di servire da comandante in capo sin dal primo giorno. McCain ha aderito ai migliori standard, e continuerà a condurre una campagna elettorale rispettosa e basata sugli argomenti. Ci aspettiamo che tutti i sostenitori, simpatizzanti e lo staff si atterranno a questi stessi principi nel momento in cui fanno campagna elettorale"
A titolo esemplificativo, la nota si conclude con una lista di argomenti a cui è consigliato attenersi. Questi argomenti riguardano la biografia di McCain e le sue posizioni sugli argomenti chiave

Risultati 11 marzo: Mississippi

Come previsto Barack Obama vince senza problemi in Mississippi, nelle ultime primarie prima di una pausa di 40 giorni che culminerà con le elezioni in Pennsylvania.
E' stato determinante nel successo del senatore dell'Illinois il fattore razziale: Obama ha ottenuto il 90% dei voti degli afro-americani (che rappresentano la stragrande maggioranza dell'elettorato democratico ma una minoranza nello stato), contro il 25% tra i bianchi, un fattore che sicuramente susciterà discussioni all'indomani della dichiarazione di Geraldine Ferraro, ex candidata vicepresidente e oggi sostenitrice di Hillary, che ha sostenuto che se Obama fosse stato bianco "non sarebbe dove è oggi".

Democratici


Mississippi

Barack Obama: 60,71% (19 delegati)
Hillary Clinton: 37,10% (14)


Repubblicani


Mississippi

John McCain: 78,95% (36)
Ron Paul: 3,87%

martedì 11 marzo 2008

Verso il voto: le primarie in Mississippi

L'immagine “http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/42/Flag_of_Mississippi.svg/120px-Flag_of_Mississippi.svg.png” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.
Il Mississippi è uno degli stati del "profondo Sud" degli USA, prende il nome dall'omonimo fiume che rappresenta il confine ovest. Con 2.902.966 abitanti è il 31° stato più popoloso degli USA, confina con Tennessee, Arkansas. Louisiana, Golfo del Messico ed Alabama. La capitale è Jackson.
Lo "stato della magnolia", come viene chiamato, fu raggiunto dai conquistadores per la prima volta nel 1540, ma per il primo vero insediamento bisognò aspettare il 1699. Nel 1716 nacque sul fiume Mississippi Natchez, che divenne un importante punto di riferimento commerciale.
Il Mississippi passò senza soluzione di continuità dagli spagnoli agli inglesi e ai francesi, per poi tornare possedimento della Gran Bretagna dopo la Guerra dei sette anni e il trattato di Parigi (1763).
Nel 1798 nacque il territorio del Mississippi, che comprendeva anche parti cedute da Georgia e South Carolina. Nel 1817, il Mississippi divenne il 20° stato ad entrare nell'Unione.
Nella metà del XIX secolo, lo stato divenne il principale produttore di cotone, grazie al fiorire di piantagioni e soprattutto all'impiego massiccio di schiavi: nel 1860, il 55% della popolazione era composto da schiavi. Nel 1861, il Mississippi fu il secondo stato a proclamare la secessione dall'Unione e a unirsi ai Confederati, venendo poi sconfitti nella guerra civile.
Nonostante la sconfitta degli schiavisti, il Mississippi nei decenni successivi continuò ad essere insanguinato dalle lotte razziali. La grande quantità di terre coltivabili nel delta del Mississippi attirarono molti immigrati ed ex-schiavi, e alla fine del secolo due terzi dei proprietari terrieri erano afro-americani. La crisi della coltivazione del cotone, all'inizio del XX secolo, portò ad un inasprimento delle lotte razziali e della segregazione.
L'economia dello stato è ancora oggi basata soprattutto sull'agricoltura e sulle piantagioni di cotone, ma è uno degli stati più poveri dell'Unione.
La popolazione è composta per il 61% da bianchi e per il 38% da afro-americani. La tendenza politica dello stato è spiccatamente conservatrice.


Per i Democratici, il Mississippi mette in palio 40 delegati, di cui 33 elettivi e 7 superdelegati con il sistema della primaria aperta. Dei 33 delegati elettivi, 22 vengono assegnati proporzionalmente sulla base dei risultati nei 4 distretti elettorali, ognuno dei quali ha dai 5 ai 7 delegati. Gli altri 11 delegati verranno invece assegnati proporzionalmente sulla base del risultato complessivo nello stato. La convention statale del 31 maggio nominerà invece i 7 superdelegati, 2 dei quali hanno già dichiarato il proprio appoggio ad Obama.
I sondaggi mostrano un evidente vantaggio del senatore dell'Illinois, anche grazie alla numerosa comunità nera dello stato: Rasmussen, in un sondaggio del 5 marzo, dà Obama al 53% e la Clinton al 39%, mentre un sondaggio di American Research Group dello stesso giorno dà Obama al 58% e la Clinton al 34%. Infide Insider Avantage, il 6 marzo, dava Obama al 46% e la Clinton al 40%.
Contrariamente rispetto al altri stati, gli elettori della Clinton non sarebbero portati a votare Obama alle presidenziali, mentre gli elettori di Obama voterebbero la senatrice se fosse lei la nominata.


Per i Repubblicani, il Mississippi mette in palio 39 delegati, di cui 36 elettivi e 3 unpledged. I 36 delegati d'elezione vengono assegnati con la formula del winner-take-all in caso di maggioranza assoluta: 12 vengono messi in palio nei 4 distretti, ogni distretto ha 3 delegati che vanno interamente al candidato che otterrà più voti in quel distretto. Gli altri 24 delegati vengono assegnati in base al risultato complessivo, con il sistema del winner-take-all se un candidato riceve più del 50% dei voti, mentre l'assegnazione avviene con il sistema proporzionale e soglia di sbarramento al 15% se nessun candidato raggiunge il 50% + 1 dei voti.
Vista la nomination già decisa, non vengono più condotti sondaggi tra i Repubblicani.

Analisi del voto di martedì 4: perchè la Clinton ha vinto

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di Monika L. McDermott (CBS)

La senatrice Clinton, vincendo in Ohio, Texas e Rhode Island, ha mostrato di nuovo quella forza che gli era sempre stata accreditata tra la base elettorale, e ha interrotto la striscia di 11 vittorie consecutive di Obama, sconfiggendo il suo messaggio ispirato con la politica.

Ispirazione vs. dettagli
La recente enfasi della Clinton nel ritrarre Obama come il candidato dalla grande ispirazione ma dalla poca sostanza sembra aver pagato.
Dagli exit poll, emerge che gli elettori dell'Ohio hanno scelto Obama come il candidato in grado di ispirare - il 32% ha detto che solo Obama li ha ispirati, il 26% lo ha detto della Clinton. un altro terzo degli elettori ha detto che entrambi sono in grado di ispirare. In totale, Obama ispira il 64%, la Clinton il 58%.
Questo vantaggio di Obama non si è però tradotto in un vantaggio di voti: mentre Obama ha ottenuto il 60% dei voti da chi si ritiene ispirato da lui, la Clinton ha ottenuto l'80% dei voti di coloro che si sentono ispirati da lei.
In Texas gli elettori hanno mostrato lo stesso andamento - il 64% ispirato da Obama e il 59% dalla Clinton. Tra i primi la Clinton ha ottenuto il 34% dei voti, tra i secondi il 76%.
Di contro, il tentativo della Clinton di proporsi come la candidata con un programma chiaro e dettagliato per risolvere i problemi si è tradotto in un vantaggio. In Ohio, il 28% ha detto che la Clinton è l'unica ad avere un programma concreto, il 15% lo ha detto di Obama e il 40% di entrambi.
Globalmente in Ohio il 69% ha ritenuto che la Clinton avesse un programma chiaro, e il 55% lo ha ritenuto di Obama. In Texas, il rapporto è stato 66% contro 53%. In entrambi gli stati, entrambi i candidati hanno vinto circa due terzi tra questi rispettivi elettori, e quindi è stata la Clinton a prevalere.

Gli elettori
La Clinton ha goduto di un solido sostegno tra le donne, gli anziani, gli elettori con basso livello di istruzione e quelli che si considerano democratici. La base di Obama è invece composta dai benestanti, gli afro-americani, gli indipendenti e i liberal, e i giovani.
In Ohio, la Clinton ha vinto il 58% del voto femminile, con il 68% tra le donne bianche, Ha anche conquistato il 59% tra i maschi bianchi. Obama ha vinto tra le donne nere e i maschi neri rispettivamente con l'84% e l'87%. In Texas la Clinton ha ottenuto il 55% del voto femminile, Obama il 50% dei maschi.
In Texas, la Clinton ha ottenuto il 67% tra i latinoamericani contro il 31% di Obama.
L'età ha rappresentato una discriminante importante, come già in precedenza. In Texas, Obama ha ottenuto una solida maggioranza sotto i 40 anni, tra i 40 e i 49 lui e la Clinton hanno pareggiato, mentre la Clinton ha vinto al di sopra dei 50. In Ohio la situazione è simile.
Nonostante l'endorsement dei principali sindacati dell'Ohio e del Rhode Island per Obama, la Clinton ha vinto tra i lavoratori iscritti al sindacato: 55% in Ohio e 59% in Rhode Island.

Guardando al futuro
La vittoria della Clinton prelude ad altre settimane di campagna elettorale. Ma se molti sostengono che una lotta prolungata finirà per danneggiare i candidati e spaccare il partito, gli exit poll dicono il contrario. Gli elettori vedono entrambi i candidati come possibili nominati.
Nel SuperTuesday, il 72% disse che sarebbe stato soddisfatto di una nomination della Clinton, mentre il 70% lo disse di Obama. In Ohio e Texas, quattro settimane e molte battaglie dopo, i numeri sono praticamente immutati. Il 71% in Ohio e il 70% in Texas per la Clinton, il 69% in Ohio e il 66% in Texas per Obama.
Ci sono stati piccoli cambiamenti nella percezione della negatività della campagna. Negli stati del Super Tuesday, il 50% degli elettori riteneva che la Clinton avesse attaccato Obama ingiustamente, e il 38% riteneva che Obama avesse attaccato la Clinton ingiustamente. Dopo quattro settimane, le percentuali sono rispettivamente del 54% e del 37% in Ohio e del 52% e 35% in Texas.

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lunedì 10 marzo 2008

La questione Michigan e Florida

Sembra che il fato voglia accanirsi in una maniera senza precedenti su queste primarie Democratiche, forse come contrappasso per la calma piatta delle precedenti (nel 1992, a parte lo scandalo per la relazione con Gennifer Flowers, la campagna trionfale di Clinton non fu mai in dubbio, nel 2000 Gore vinse in tutti gli stati, nel 2004 la questione si risolse quasi subito a favore di Kerry) e così oltre al sostanziale pareggio, alla lotta senza esclusione di colpi, ale polemiche interne al partito, ai dubbi dei superdelegati, ci si mette anche la questione relativa al Michigan e alla Florida.
I due stati - rispettivamente l'8° e il 4° più popoloso degli USA - hanno subito una dura penalizzazione per aver tenuto le primarie al di fuori del periodo previsto dal Partito. E se i Repubblicani hanno, saggiamente, deciso di limitarsi a dimezzare il numero dei delegati, il DNC li ha azzerati (compresi i superdelegati).
Una decisione che voleva essere esemplare, ma che ha portato ad una situazione quantomai ingarbugliata, che non si potrà risolvere senza scontentare qualcuno.

Due stati così importanti, è l'opinione di molti, non possono essere privati della loro rappresentanza alla convention Democratica, e i milioni di elettori Democratici sugli oltre 27 milioni di abitanti dei due stati non possono restare senza voce in capitolo per colpa di altri. Non si tratta solo di una questione di principio, ma anche pratica: se gli elettori Democratici di Michigan e Florida decidessero di punire il partito alle presidenziali di novembre, sarebbero guai visto che da soli contano 44 grandi elettori.
D'altronde non è neanche possibile convalidare i risultati delle primarie tenutesi a gennaio: in Florida la Clinton è stata l'unica a fare campagna elettorale, e in Michigan i nomi di Obama ed Edwards non erano neanche presenti sulle schede.

L'unica soluzione è rifare le elezioni, ma nessuno vuole pagare, e comunque in molti pensano che sarebbero elezioni falsate, ma che tuttavia potrebbero risultare decisive per la nomination.
Dopo mesi in cui hanno portato avanti la "strategia della fermezza" i dirigenti Democratici capeggiati da Howard Dean sembrano essersi resi conto di non poter fare a meno della partecipazione dei 366 delegati di Florida e Michigan.

Neanche a dirlo, i due candidati sono divisi anche su questo. La Clinton vorrebbe semplicemente che si convalidassero i risultati di gennaio, in modo tale da conquistare circa 180 delegati contro i 70 di Obama, mentre Obama si dice favorevole a una nuova votazione, poichè quelle di gennaio non sono attendibili, anche perchè molti elettori hanno deciso di non andati a votare.

Sembra chiaro che l'unica cosa da fare è ri-votare, ma in Michigan un nuovo voto costerebbe 10 milioni di dollari, in Florida 20, soldi che nessuno vuole tirare fuori. Un'ipotesi allo studio è quella del voto postale, ma è tutt'altro che entusiasmante.
Lo stesso vale per la possibilità di suddividere equamente i delegati tra i due candidati, soluzione che però neutralizzerebbe l'influenza dei due stati. Il Michigan tuttavia ha la possibilità di tenere dei caucus, e questa potrebbe essere una soluzione pratica ed economica. mentre la Florida non è organizzata per questa evenienza.

Oggi due dei maggiori sostenitori della Clinton, il Governatore del New Jersey Jon Corzine e della Pennsylvania Edward Rendell si sono offerti di raccogliere fondi tali da consentire la ripetizione del voto. Ma occorre fare in fretta, le primarie non potranno tenersi oltre i primi di giugno, e bisogna raccogliere i soldi e organizzare il voto.

Lo stesso giorno, il reverendo Al Sharpton, influente attivista per i diritti civili, ha minacciato di denunciare il partito se accetterà i delegati della Florida in base ai risultati delle primarie di gennaio. Sharpton è andato in Florida per compilare una lista di nominativi di elettori democratici che non sono andati a votare perchè pensavano che il loro voto non contasse.
Pur non avendo appoggiato nessuno dei due candidati, le mosse di Sharpton vanno a favore di Obama e il reverendo, intervistato da Fox News ha dichiarato "Se Obama perdesse la nomination per manovre di palazzo ad opera dei superdelegati, "non solo vedrete persone come me scendere in piazza a protestare, ma potreste vederci prendere in considerazione l'ipotesi di non appoggiare quella decisione alle elezioni presidenziali"

Bush vieta la legge anti-tortura: le reazioni dei candidati

Sabato il Presidente Bush, come ampiamente annunciato, ha posto il proprio veto sulla legge approvata dal Congresso che intedeva proibire alla CIA l'uso di tecniche di interrogatorio violente, tra cui il cosiddetto "annegamento simulato".
"La legge ci toglierebbe uno dei migliori strumenti per la guerra al terrore" ha spiegato Bush.

I candidati Democratici hanno duramente stigmatizzato il Presidente
"Oggi il Presidente Bush ha posto il veto su un'importante legge che vietava alla CIA l'uso del waterboarding. Il waterboarding è una tortura, e la tortura è moralmente sbagliata, è un affronto diplomatico e un errore strategico che produce false informazioni e mette in pericolo le nostre truppe all'estero. Nulla danneggia di più la nostra autorità morale e la nostra presenza nel mondo come il fallimento di mantenere gli standard che abbiamo promosso e adottato da sempre. Questo veto è un'ulteriore macchia su una presidenza fallimentare" ha detto Hillary Clinton.

"Abbiamo bisogno di un comandante in capo che non abbia mai avuto il dubbio se la tortura sia o meno accettabile per l'America, perchè non è mai accettabile. Mentre io mi sono sempre opposto alla tortura, nel corso delle primarie Hillary Clinton ha tentennato sulle sue precedenti posizioni di tolleranza della tortura. Penso che dobbiamo rifiutare la tortura senza equivoci, perchè non ci rende più sicuri, non rende più attendibile l'intelligence, mette a rischio le nostre truppe e contraddice il fulcro dei valori americani. Da Presidente, potrò assicurare all'America e al mondo che metterò fuori legge la tortura, perchè a differenza di Hillary Clinton non ho mai fatto eccezioni sulla tortura e mai le farò." ha detto Barack Obama.

John McCain ha invece approvato la scelta di Bush. Nonostante il Senatore dell'Arizona sia da sempre un oppositore della tortura e delle violazioni dei diritti umani nei confronti dei prigionieri - anche in virtù della sua storia personale - a febbraio ha votato contro la proposta di legge e la scorsa settimana aveva incoraggiato Bush a porre il veto
"Penso che le agenzie governative debbano poter usare un maggior numero di tecniche di interrogatorio [rispetto all'esercito] a patto che non siano violente, inumane o degradanti. Questo è il motivo del mio voto, sono a favore di queste tecniche purchè non violino le leggi internazionali sulla tortura".

domenica 9 marzo 2008

Il NY Times esamina la salute di McCain

Per i candidati alla Casa Bianca è normale finire sotto i raggi X della stampa. Nel caso di John McCain non si tratta solo di linguaggio figurato. Il New York Times di oggi propone un lunghissimo articolo in cui si traccia un dettagliato profilo della storia clinica recente del candidato Repubblicano.
In particolare, sotto l'occhio attento del quotidiano newyorkese, che nonostante l'endorsement al senatore dell'Arizona sembra non volergli dare tregua (due settimane fa fu il NY Times a diffondere la notizia della presunta relazione di McCain con una lobbysta), è l'operazions risalente al 2000.
In quell'anno, poco dopo la sconfitta ad opera di George W. Bush nelle primarie Repubblicane, McCain si sottopose ad un intervento chirurgico a causa di un melanoma alla pelle, intervento che gli ha lasciato per ricordo una lunga cicatrice che parte da sopra il lato sinistro del collo (che si nota anche allargando la foto a sinistra) e McCain è solito scherzare dicendo di avere più cicatrici di Frankenstein.
L'operazione fu resa necessaria per verificare se il cancro, potenzialmente mortale, avessa raggiunto i linfonodi del collo, cosa che per fortuna non era avvenuta. Tuttavia, per evitare che ciò accadesse, i medici furono costretti ad asportare i linfonodi circostanti e la ghiandola parotidea che produce la saliva.
La cartella clinica relativa all'episodio non è mai stata diffusa, ma McCain ha detto di non aver avuto bisogno di chemioterapia o radiazioni.

Durante la campagna per le primarie del 2000, McCain diffuse ai giornali la sua personale storia medica - 1.500 pagine - e si fece intervistare da un medico riguardo le sue condizioni di salute.
In questa campagna elettorale, invece, McCain non ne ha mai accennato, nè ha mai diffuso la propria cartella clinica (dovrebbe essere resa pubblica ad aprile).
L'articolo del New York Times prosegue con dettagliate descrizioni del melanoma, del decorso del senatore e delle medicine che ha preso e prende, tra cui un'aspirina per il cuore.

McCain, che a 72 anni sarebbe il più anziano Presidente al primo mandato, non sarebbe il primo ad affrontare una malattia nel corso della sua amministrazione - basti pensare a Franklin Roosevelt - ma è evidente che la forma fisica rappresenta una fissazione per l'opinione pubblica americana: lo stesso Roosevelt, che soffriva di una grave forma di poliomielite, tentò in tutti i modi di nascondere la sua disabilità, e sia prima che dopo l'elezione si presentava in pubblico sorretto di nascosto dalle guardie del corpo piuttosto che farsi vedere in stampelle o sulla sedia a rotelle.

Commenti al voto in Wyoming

David Plouffe, responsabile della campagna elettorale di Obama, ha detto ai giornalisti:
"E' stata una grande vittoria per noi. Nonostante i Clinton abbiano fatto una campagna forsennata in Wyoming, Hillary ha perso con ampio margine. E' notevole anche per il fatto che i caucus erano chiusi, e solo gli iscritti al partito potevano votare, mentre la Clinton nei giorni scorsi si è lamentata degli stati in cui le votazioni erano aperte a tutti.
Il 4 marzo la Clinton ha guadagnato 6 delegati su Obama, con il Wyoming ne abbiamo recuperati due togliendole già un terzo del recupero. Rimangono solo 599 delegati elettivi da assegnare, distribuiti in 9 stati e 2 territori. Da ora in poi faremo campagna dovunque per prendere più delegati possibile. La nostra leadership tra i delegati elettivi è molto salda, le stime dicono che Obama ha un vantaggio di 156 delegati. Questo vuol dire che la Clinton dovrebbe vincere il 63% dei delegati ancora in palio per raggiungerlo, cioè avrebbe bisogno di vincere con il 68-70% in questi stati.
La vittoria in Wyoming conferma la nostra forza nell'Ovest - come già in Nevada, Washington, Idaho, Colorado - ed è ancora una volta la prova che il senatore Obama ha la possibiltà di giocare un ruolo in più stati, anche in quelli tradizionalmente Repubblicani.
Vista l'impossibilità di recuperare tra i delegati elettivi, la strategia dello staff della senatrice Clinton è quella di provare a distruggere il senatore Obama, in modo da convincere i superdelegati a ignorare il voto popolare. E' un modo molto negativo di affrontare le primarie"

Questo è invece il comunicato di Maggie Williams, capo della campagna della Clinton
"Siamo emozionati da questa divisione quasi a metà dei delegati e siamo grati alla gente del Wyoming per il supporto. Anche se lo staff di Obama aveva previsto la vittoria già settimane fa, abbiamo lavorato duro per presentare agli elettori il programma della senatrice Clinton e li ringraziamo per averci sostenuto".

Risultati 8 marzo: Wyoming, Guam

L'effetto Ohio non arriva in Wyoming, e come da previsioni Obama vince facilmente distaccando la Clinton di oltre 20 punti. A Obama vanno 7 dei 12 delegati, 4 vanno alla Clinton e l'ultimo ancora non è assegnato ufficialmente ma la maggior parte delle fonti lo danno alla Clinton.
Prima di conoscere il risultato del voto, Obama ha annunciato che non accetterebbe di fare il vice di Hillary. Nella giornata, Bill Clinton era tornato sull'argomento dicendo che un ticket Hillary-Obama sarebbe stato "inarrestabile".

In Guam, caucus pro-forma con un solo candidato, e plebiscito per McCain che aggiunge altri 6 delegati al suo carniere.

Democratici


Wyoming

Barack Obama: 61,43% (7 delegati)
Hillary Clinton: 37,84% (5)



Repubblicani


Guam

John McCain: 6 delegati