sabato 1 marzo 2008

Verso il voto: le primarie in Vermont

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Il Vermont, con capitale Montpelier, è situato nella regione del New England, all'estremo nord-est degli USA. Il nome deriva dal francese e significa Monte Verde, come la catena della Green Mountains che lo attraversa.
Originariamente, il Vermont era abitato da tribù indiane, fra cui la più popolosa era quella degli Irochesi. Nel 1609, il francese Samuel de Champlain esplorò la regione, che era già stata raggiunta nel 1535 dagli europei, e ne rivendica il possesso per conto della Francia. Il Vermont, nel XVIII secolo fu teatro di lunghi scontri tra francesi e britannici, che culminarono nella Guerra dei 7 anni (1756-1763), al termine della quale lo stato divenne colonia inglese.
Nel 1777 il Vermont si proclamò stato autonomo con il nome di Repubblica del Vermont. Dopo la Guerra di Indipendenza, nel 1791, fu il quattordicesimo stato ad entrare nell'Unione, ovvero il primo dopo le 13 colonie originarie.
Durante la guerra di Secessione, il Vermont mandò oltre 34.000 soldati al fronte e negli anni successivi patì una grave recessione economica.
Con una popolazione di 621.394 abitanti è il 49° stato più popoloso degli USA. La città più popolosa è Burlington, con circa 39.000 abitanti.
L'economia, come nel resto del New England, si basa sull'agricoltura, e in particolar modo sulla produzione di cereali, ortaggi, patate e frutta. La popolazione è costituita al 98% da bianchi.


Per i Democratici, il Vermont mette in palio 23 delegati, di cui 15 eletti e 8 superdelegati, con il sistema della primaria aperta. Tutti e 15 delegati pledged vengono assegnati in modo proporzionale secondo i risultati ottenuti nello stato, poichè il Vermont ha solo un distretto. La convention del 24 maggio selezionerà gli 8 super-delegati, 6 dei quali hanno già espresso un orientamento: 5 per Obama 1 per la Clinton.
I sondaggi nel Vermont danno una solida maggioranza ad Obama: secondo un rilevamento Research 2000 del 20 febbraio Obama avrebbe il 53% contro il 39% della Clinton, secondo American Research del 21 il rapporto sarebbe 60% a 34%, mentre un sondaggio Rasmussen del 24 febbraio dà a Obama il 57% e alla Clinton il 33%. Questo sondaggio evidenza che l'89% crede nella vittoria di Obama a novembre, mentre solo il 74% lo crede della Clinton.


Per i Repubblicani, il Vermont mette in palio 17 delegati, tutti elettivi, con il sistema della primaria aperta. I 17 delegati pledged verranno assegnati interamente al candidato che totalizzerà il maggior numero di voti, secondo la formula del winner-take-all.
I sondaggi danno un grandissimo vantaggio di John McCain: secondo un'indagine Research 2000 del 20 febbraio McCain avrebbe il 52% contro il 32% di Huckabee e il 7% di Paul, secondo American reserach Group McCain sarebbe al 73%, al secondo posto Ron Paul con l'11% mentre Huckabee avrebbe solo il 9%. Infine secondo un sondaggio Rasmussen del 24 febbraio, McCain avrebbe il 68%, Huckabee il 17% e Paul il 5%. McCain otterrebbe tre quarti dei voti dei moderati, e il 60% tra i conservatori, mentre Huckabee otterrebbe i maggiori consensi tra i più giovani, ma comunque sarebbe dietro McCain anche in questo target

Obama chiama Bloomberg: pronto il ticket?

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Il giorno dopo l'annuncio che non correrà per la Presidenza, il sindaco di New York Michael Bloomberg ha ricevuto una telefonata da Barack Obama, e sono subito partite le ipotesi di un ticket che farebbe faville tra gli indipendenti.
Il Daily News riporta che il portavoce di Obama, Bill Burton, ha confermato che il candidato ha avuto una lunga e amichevole conversazione con Bloomberg, anche se non ha menzionato l'argomento.
Il vicensidaco di New York, Kevin Sheekey, lo stratega della possibile campagna elettorale presidenziale del miliardario, ha lasciato intendere che si sia parlato di una vicepresidenza per Bloomberg.
"Certo, se vi fa piacere potete pensare che sia stata solo una telefonata per raccogliere fondi" ha detto Sheekey in un'intervista televisiva, lasciando poi intendere che Bloomberg sarebbe un vice superbo.
"Penso che il sindaco sia una persona a cui il paese guarda per capire cosa fare. E' uno dei veri indipendenti di questo paese".
Bloomberg, interrogato al riguardo, non ha confermato nè smentito, dicendo però che "non mi candiderò al Senato statale, non mi candiderò all'Assemblea, non mi candiderò come governatore" e neanche al Senato nazionale perchè a 66 anni sarebbe difficile diventare senior.

La sottile linea della Clinton

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di Wolf Blitzer (CNN)



Mancano pochi giorni prima che gli elettori si esprimano in Texas, Ohio, Vermont e Rhode Island, e ancora molto puù accadere. Gli indecisi hanno tempo per studiare i candidati e i loro programmi e prendere una decisione. E chi ha già preso una decisione ha tutto il tempo per cambiarla.

Una cosa che ho avuto modo di notare in queste settimane è che i Democratici in tutto il paese sono davvero elettrizzati da questa campagna. Si preparano a votare in massa, e succederà anche nei prossimi stati.

Sia i sostenitori della Clinton che quelli di Obama sono passionali. Questi Democratici hanno fretta di iniziare la campagna presidenziale, presumibilmente contro John McCain.

Questo aiuta a spiegare perchè la strategia di Hillary Clinton nel provare a vincere le votazioni del 4 marzo sia così complicata. Dopo 11 sconfitte di fila, prova a recuperare. In pratica, cammina su una linea sottile.

Molti democratici dicono di essere stanchi della dura retorica della Clinton, soprattutto quando paragona l'inesperienza in politica estera di Obama a quella di George W. Bush quando prese il potere più di 7 anni fa.

Nelle ultime 24 ore ho sentito molti sostenitori di vecchia data della Clinton criticarla per i suoi attacchi a Obama, che oltretutto forniscono munizioni a John McCain nel caso in cui Obama dovesse conquistare la nomination - loro non vogliono che le accuse della Clinton vengano riutilizzate da McCain e dal suo staff contro Obama durante la campagna presidenziale.

La Clinton sta provando comprensibilmente a differenziarsi da Obama, sottolineando le differenze importanti per i Democratici. Questo è ciò che fanno i candidati in campagna elettorale. Ma farlo senza spaccare la base dei Democratici è molto difficile.

venerdì 29 febbraio 2008

Aggiornamento sulla conta dei delegati

getty images/photo illustration


ABC: Obama 1,380, Clinton 1,276

AP: Obama 1,373, Clinton 1,277

CBS: Obama 1,373, Clinton 1,265

CNN: Obama 1,369, Clinton 1,267

MSNBC: Obama 1,194, Clinton 1,037

RealClearPolitics: Obama 1,384, Clinton 1,279


Infine, il mio personale conteggio

Obama 1,345, Clinton 1,263

Tra Obama e McCain aria di sfida presidenziale

Negli ultimi giorni John McCain e Barack Obama hanno ingaggiato un serrato duello di dichiarazioni sulla politica estera e in particolar modo sull'Iraq. Questo botta e risposta evidenzia, tra le altre, due cose: la prima è che la Clinton sembra tagliata fuori dai giochi, McCain rivolge le sue attenzioni unicamente a Obama, e i media fanno alttrettanto; la seconda è che Obama vuole fare tesoro della fallimentare esperienza di John Kerry quattro anni fa (e della maggior parte dei candidati democratici alla presidenza in periodi di gravi crisi internazionali) e non ha intenzione di farsi mettere sotto sulle questioni di sicurezza nazionale.
Tutto è iniziato quando, nel dibattito di martedì, Obama ha parlato della possibilità di un futuro nuovo intervento americano in Iraq nel caso in cui Al Qaeda mettesse le sue basi nel paese. McCain si è chiesto se Obama "fosse a conoscenza del fatto che Al Qaeda ha già le sue basi in Iraq". Obama ha replicato immediatamente sullo stesso tono, chiedendosi se McCain fosse a conoscenza del fatto "che in Iraq non c'era nessuna base di Al Qaeda prima che George Bush e John McCain decidessero di invaderlo" e ha aggiunto "McCain può continuare a dire che vuole seguire Osama bin Laden fino alle porte dell'inferno, ma finora tutto quello che ha fatto è stato seguire George Bush in una guerra sbagliata".
La risposta di McCain ha cambiato bersaglio, puntando sull'inesperienza di Obama e concentrandosi su una controversa dichiarazione riguardante la possibilità di bombardare il Pakistan.
"Bisogna fare progetti e lavorare con i paesi alleati, e il Pakistan è fra questi. Non puoi annunciare che bombarderai il paese. Sono i fondamentali della sicurezza nazionale" ha spiegato McCain, che tuttavia a dicembre chiese l'intervento delle truppe in Pakistan dopo l'omicidio di Benazir Bhutto.
Obama ha dichiarato più volte che non ci può essere una soluzione militare del conflitto in Iraq, e che in caso diventasse Presidente farebbe iniziare subito il ritiro delle truppe.
Al contrario John McCain ha promesso che manterrà le truppe in iraq fin quando non sarà ristabilita la sicurezza. Nell'ultimo periodo, da quando ha praticamente conquistato la nomination, McCain si sta impegnando a convincere l'elettorato che la guerra in Iraq può essere vinta in tempi molto rapidi.

Obama in testa nei sondaggi

Un recentissimo sondaggio di CBS News e New York Times riporta che Obama è in testa ai sondaggi nazionali, con un vantaggio di 16 punti sulla Clinton. Per la precisione, Obama ha il supporto del 54% dei Democratici, contro il 38% della Clinton.
Tre settimane fa, in un analogo sondaggio condotto prima del Super Tuesday presso lo stesso campione di pubblico, i due sfidanti erano appaiati al 41%. A gennaio, la Clinton guidava i sondaggi nazionali con un vantaggio del 15%.
Secondo il sondaggio, la Clinton ha perso il supporto delle donne, e ora i due candidati sono appaiati per quanto riguarda il voto femminile. Tra gli uomini, il vantaggio di Obama è abissale, conduce tra gli uomini con il 67% contro il 28% della Clinton, e tra i maschi bianchi ha il 61% contro il 33%.
Il 59% dei Democratici intervistati ritiene che Obama ha le migliori chance di battere John McCain alle presidenziali di novembre, mentre solo il 28% ha detto la stessa cosa della Clinton.
Inoltre, due terzi dei Democratici intervistati (quindi anche i sostenitori della Clinton) vedono Obama come il più probabile nominato. Tuttavia il 65% dei Democratici ritiene che la Clinton ha spiegato chiaramente cosa farebbe se fosse eletta, mentre soloil 57% ha detto lo stesso di Obama.
In un sondaggio condotto presso un campione di elettori di entrambi gli schieramenti riguardo il possibile risultato delle elezioni di novembre, Obama ha riscosso 12 punti percentuali di vantaggio su John McCain, 50% contro il 38%.
Nello stesso sondaggio, è risultato che un confronto tra la Clinton e McCain vedrebbe i due candidati appaiati al 46%.
A fare la differenza sarebbero gli indipendenti: in questo segmento di elettorato Obama ha 10 punti di vantaggio su McCain, ma McCain ha 17 punti di vantaggio sulla Clinton.
Gli elettori Democratici non vedono grandi differenze tra i programmi di Obama e della Clinton, ma identificano Obama come una persona che si interessa di loro "molto" (63% per Obama, 46% per la Clinton), che li fa sentire fiduciosi verso il futuro (69% per Obama, 54% per la Clinton), che sarebbe disposto ad accordarsi anche con i Repubblicani pur di fare le riforme (67% contro 55%) e che porterebbe il cambiamento (70% contro 60%).
Il 22% di elettori ha dichiarato che il coinvolgimento di Bill Clinton nella campagna della moglie li ha spinti a votare per Hillary, ma un altro 22% ha dichiarato che li ha allontanati dalla senatrice.
La maggioranza dei Democratici sostiene che i superdelegati dovrebbero appoggiare il candidato che, alla fine delle primarie, avrà conquistato più delegati.

Tra i Repubblicani, l'80% si è detto soddisfatto della nomination a McCain, ma solo il 30% si è detto "molto soddisfatto". Il 52% degli elettori che si dichiarano conservatori ritengono che il senatore dell'Arizona non sia sufficientemente conservatore.
Il 66% dei Repubblicani ritiene inoltre che McCain sarebbe in grado di battere la Clinton, mentre solo il 18% pensa che potrebbe vincere su Obama.

Tra i tre candidati, McCain è visto come il più preparato (73%, contro il 60% della Clinton e il 39% di Obama). Tuttavia due terzi degli intervistati ritengono che Obama potrebbe riunificare la nazione, mentre solo metà lo pensa di McCain e un terzo della Clinton.
McCain è visto più favorevolmente come comandante in capo in caso di crisi, mentre Obama è visto come colui che potrebbe migliorare le relazioni estere.
La Clinton è l'unica fra i tre ad avere un numero totale di giudizi negativi maggiore rispetto a quelli positivi.
Qui e qui è possibile scaricare il pdf con i risultati completi dei sondaggi.

giovedì 28 febbraio 2008

Bloomberg non si candida

Come preannunciato alcuni giorni fa, la candidatura di Michael Bloomberg alla presidenziali di novembre come indipendente è definitivamente sfumata.
Il miliardario e sindaco di New York ha scritto una lettera aperta al NYTimes dicendo di aver "ascoltato con attenzione tutti coloro che mi hanno incoraggiato a candidarmi, ma non sono - e non sarò - candidato alla presidenza.
Chi ha iniziato a leggere il suo editoriale, presente sull'edizione on-line del quotidiano, ha probabilmente pensato all'annuncio di una discesa in campo. L'incipit è quello di un programma politico alternativo: Bllomberg rimprovera a tutti i candidati di non essere sinceri con gli elettori, e di voler far loro credere che sarà possibile creare nuovi posti di lavoro e risollevare l'economia isolando gli Usa dai commerci internazionali, che il problema dell'immigrazione si risolverà semplicemente mettendo in sicurezza le frontiere, e che la lotta al riscaldamento globale sarà economicamente vantaggiosa.
Il 66enne tycoon sosteiene di aver girato l'America e di aver percepito ovunque la necessità di "idee innovative, azioni audaci e leadership coraggiosa" e ritiene che sia essenziale "un approccio indipendente per governare la nazione, e che un indipendente può conquistare la presidenza".
Tuttavia questo indipendente non sarà lui, anche se continuerà a impegnarsi affinchè i politici superino le divisioni di parte e si impegnino per l'unità.

Mark Halperin, editorialista del Time, ha commentato che "Bloomberg si sarebbe candidato solo se avesse pensato di poter vincere". Sin da gennaio, il sindaco di New York ha commissionato sondaggi per verificare gli effetti di una sua possibile discesa in campo in primavera, ed evidentemente i risultati non sono stati incoraggianti. Oltretutto le regole per le presidenziali lo avrebbero obbligato a raccogliere centinaia di migliaia di firme in tempi molto stretti in alcuni stati, in cui altrimenti non si sarebbe potuto presentare.
"L'appeal che Bloomberg avrebbe potuto avere nella corsa è lo stesso che hanno Barack Obama e John McCain presso molti elettori" ha spiegato Halperin.

Risultati 23-24 febbraio: American Samoa, Northern Mariana Islands, Puerto Rico

Sono finalmente disponibili i risultati definitivi dei caucus repubblicani in tre territori non incorporati o semi-autonomi degli USA: le isole Samoa Americane, le Isole Marianne settentrionali e Porto Rico. Asso pigliatutto è stato John McCain, che si è portato a casa tutti e 38 i delegati in palio

Repubblicani


23 febbraio: American Samoa

John McCain: 9 delegati (percentuali non disponibili)

23 febbraio: Northern Mariana Islands

John McCain: 91,30% (9 delegati)
Mike Huckabee: 4,38%
Ron Paul: 4,38%

24 febbraio: Puerto Rico

John McCain: 90,38% (20 delegati)
Mike Huckabee: 4,80%
Ron Paul: 4,32%

Scontro di stili nel ventesimo dibattito

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di Michael Duffy (Time)

Barack Obama e Hillary Clinton hanno dibattuto per la ventesima volta martedì sera a proposito di sanità, Iraq, e delle loro tattiche elettorali. E benchè a volte ci sia voluta una lente di ingrandimento per per individuare le loro differenze programmatiche, le differenze nei loro stili personali erano visibili dal satellite.

La Clinton era chiaramente intenta a porsi come una combattente in grado di affrontare i Repubblicani a novembre, e poi tutti gli altri nemici interni ed esteri. Di contrasto, Obama è sembrato più interessato a porsi come un conciliatore in grado di colmare le distanze tra il suo partito e la nazione.

Per buona parte del dibattito Obama , traendo vantaggio dalla sua posizione di front-runner, ha giocato bene respingendo gli attacchi che la Clinton provava a portargli da tutte le posizioni possibili e immaginabili.

La Clinton ha tentato ripetutamente di sottolineare le differenze tra lei e Obama ricordando che sono differenze importanti; mentre Obama ha usato il tempo a sua disposizione per elevare la conversazione ed ergersi al di sopra delle polemiche. Obama, di poco ma indubbiamente, ha vinto il dibattito a meno di una settimana dal voto potenzialmente decisivo in Texas e Ohio.

Il massimo punto emotivo si è avuto parlando della guerra in Iraq, quando la Clinton ha accusato Obama di fare tanti bei discorsi contro la guerra ma di avere poi, in buona sostanza, le sue stesse posizioni da quando è entrato in Senato. Obama ha chiuso ogni discussione dicendo che l'Iraq "è stato un grave errore strategico" e quindi sostenendo che la Clinton, con il suo voto, ha consentito a George W. Bush di "far precipitare il bus dentro la scarpata".[...]

Ci sono stati momenti in cui l'argomento del dibattito è stato il dibattito stesso: la Clinton si è ben presto lamentata del fatto hce le veniva spesso chiesto di rispondere per prima - suggerendo che questa tendenza dava all'avversario più tempo per prepararsi una risposta, e riecheggiando le recenti polemiche sulla benevolenza dimostrata da media verso Obama. E' stata una lamentela curiosa, da parte di chi si propone di diventare Presidente, ma potrebbe essere stato un tentativo in extremis di ottenere le simpatie delle donne.

Obama ha mostrato uno stile da avvocato nel dare ragione su argomenti che non erano degni di discussione. Questo atteggiamento è stato maggiormente visibile in un inatteso scambio di battute sul fatto che Obama non avrebbe preso le distanze dall'appoggio datogli da Louis Farrakhan. Dopo che Obama ha ricordato di aver denunciato le posizioni antisemite di Farrakhan, la Clinton ha sostenuto che Obama doveva fare di più e rifiutare completamente quel supporto. Obama, percependo la possibilità di un affondo, ha chiesto se quale differenza semantica ci fosse tra "rifiuto" e "denuncia", ma poi ha lasciato cadere la polemica dando ragione alla Clinton e impegnandosi a fare entrambe le cose.

La Clinton è sembrata intenta a dipingere Obama come non pronto a diventare Comandante in capo, criticandolo a proposito ella politica estera e suggerendo che una volta il suo rivale ha proposto di bombardare il Pakistan. Obama ha criticato la Clinton per aver votato a favore della guerra; la Clinton ha criticato Obama per aver votato a favore dell"Energy bill" di Dick Cheney.

I due candidati hanno discusso per 16 minuti dei loro rispettivi piani sanitari, e come le loro campagne abbiano usato accuse vere o false per descriverli, senza venirne a capo. Nenche la conversazione sul NAFTA, su chi lo ha appoggiato o meno, ha contribuito a fare chiarezza, anche se la posizione di Obama sull'argomento è meno confusa di quella della Clinton.

Alla fine, i candidati si sono scambiati convenevoli, una conclusione prevedibile per entrambi, sia che fossero sul piede di guerra o in vena di fare pace.

mercoledì 27 febbraio 2008

Resoconto del dibattito in Ohio



E sono 20, e chissà se a questo punto ce ne saranno altri. E' passata meno di una settimana dal diciannovesimo faccia a faccia, ma il clima è completamente diverso: niente sorrisi, niente fair play, niente "sono onorata di essere qui con Barack", niente strette di mano. Al contrario, in scena vanno due acerrimi avversari decisi a prevalere.
Obama mantiene il suo aplomb e prosegue con la strategia da front-runner che consiste nel mantenersi al di sopra delle accuse della rivale, rispondendo in maniera concreta ma senza alimentare la polemica, tuttavia dimostra di aver perso ogni remora nello sparare a zero contro la senatrice. La Clinton è nervosa e tesa, attacca a testa bassa e se la prende anche con i moderatori del dibattito accusandoli di favorire Obama ("Chiedetegli se ha bisogno di un cuscino sulla sedia"), un gesto che è facile interpretare come un segno di debolezza.

Il dibattito ha subito trattato il tema scottante della foto di Obama in abiti arabi. La Clinton ha negato "per quel che ne so" che la foto provenga dal suo staff. Obama ha detto di "prendere per buona" la parola della Clinton, ma ha ricordato che la campagna elettorale della senatrice è sempre stata ricca di falsità su di lui.

Poi Clinton e Obama hanno ribadito le differenze sui loro piani sanitari, e le accuse reciproche: il piano della Clinton non avrebbe copertura finanziaria, quello di Obama coprirebbe meno persone.

Il tema successivo è il NAFTA, il trattato per il libero commercio nell'area nord-americana, gradito in Texas ma non in Ohio, quindi entrambi i candidati devono mostrare equilibrio per non inimicarsi uno dei due elettorati. Tutti e due si dicono favorevoli ad un miglioramento del trattato, anche se la Clinton patisce un handicap dovuto al fatto che il Nafta du firmato da suo marito. La Clinton cita anche una battuta del Saturday nigth live su Obama, ma non sembra una mossa riuscita.

Poi si parla di politica estera: rispondendo alle accuse di inesperienza, Obama accusa la Clinton di confondere la longevità a Washington per esperienza. Ricorda inoltre che lei assicura di essere in grado di guidare l'America dal primo giorno, ma in realtà ha aiutato il primo giorno di Bush, votando a favore della guerra in Iraq. La Clinton replica ricordando una dichiarazione in cui Obama minacciava di bombardare il Pakistan. Obama ricorda di essersi sempre impegnato per la pace e di aver parlato di operazioni di intelligence, e non militari, in Pakistan.

Dopo il break, è la volta di un momento di alleggerimento con video curiosi sui candidati. Obama si rilassa e fa battute, la Clinton è sempre tesa e alla ricerca della polemica.

Poi si ritorna su un tema caldo, l'appoggio dato a Obama da Louis Farrakhan, discusso religioso musulmano, famoso per le sue posizioni razziste e omofobiche, sospettato di essere il mandante dell'assassinio di Malcom X. In questo frangente Obama mostra l'unica incertezza della serata, dicendo che non gli sembrerebbe giusto smentire chi parla bene di lui, soprattutto dal momento in cui non ha mai richiesto appoggio da Farrakhan e ha sempre denunciato le posizioni estremistiche di questi. La Clinton ha buon gioco nel ricordare che lei ha rifiutato l'appoggio di persone e società in odore di antisemitismo. Obama deve darle ragione "Se pensa che la parola "rifiuto" sia più forte di "denuncia", allora sarò felice di venirle incontro e quindi rifiuterò e denuncerò".

I presentatori chiedono ai due candidati se vogliono scusarsi di qualcosa: la Clinton si scusa del suo voto a favore della guerra in Iraq, Obama si scusa per non aver cercato di impedire al Congresso di intervenire sul caso di Terri Schiavo.

In chiusura entrambi spiegano per quale motivo un elettore dovrebbe scegliere l'uno piuttosto che l'altra. In precedenza, Obama ha citato la frase della Clinton nel dibattito in Texas dicendosi onorato di aver fatto campagna elettorale con lei. Stavolta, però, nessuna stretta di mano.

Quello che è emerso da dibattito è la differenza abissale tra gli stili dei due candidati, ma soprattutto il fatto che la Clinton è eccezionalmente nervosa. Persino il New York Times, espressamente schierato con lei, l'ha criticata per le lamentele sul trattamento ricevuto e per la batuta sul SNL.
In un sondaggio via sms condotto dall'emittente MSNBC subito dopo il dibattito, il 70% degli interpellati ha dichiarato che il duello è stato vinto da Obama.

Rassegna stampa repubblicana: guai con i finanziamenti, Huckabee non si arrende, McCain piace ai Dems

Dopo la storia della presunta relazione con una giovane lobbysta, che ha avvelenato la sua campagna elettorale, John McCain si trova nel mirino delle critiche dei Democratici riguardo questioni etiche. La bordata stavolta riguarda il finanziamento della campagna elettorale: mentre i due candidati democratici sono impegnati a farsi la guerra, ci pensa il presidente del partito dell'asinello, Howard Dean, ad attaccare il front-runner Repubblicano. Dean ha accusato McCain di aver eluso le leggi che regolano i finanziamenti della campagna elettorale, chiedendo un finanziamento pubblico e poi ritirando la richiesta. Il finanziamento pubblico impone un tetto di spesa di 54 milioni per le primarie, ma McCain ne ha già spesi 49, da qui la decisione di ritirare la richiesta e proseguire a raccogliere fondi privatamente.
Lo staff di McCain ha replicato alle accuse dicendo che le leggi federali non impediscono il rifiuto dei finanziamenti pubblici dal momento che il senatore non ha ancora ricevuto i soldi, e che è diritto costituzionale dei candidati cambiare idea.

Huckabee non si arrende
L'immagine “http://markhalperin.files.wordpress.com/2008/02/huckdefiant.jpg” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.
Qualche giorno fa, parlando della quasi matematica nomination di McCain, Huckabee ha detto "Al college non mi sono diplomato in matematica, mi sono diplomato in miracoli" ironizzando sul suo passato di pastore battista. E a quanto pare l'ex Governatore dell'Arkansas non vuole davvero arrendersi e, ben lungi dal ritirarsi, pare ancora puntare alla possibilità di scalzare McCain. Martedì ha pubblicamente invitato il front-runner ad un dibattito pubblico per confrontarsi sui temi programmatici e per parlare di questioni scottanti come il finanziamento della campagna elettorale e l'eleggibilità di McCain tra i conservatori.
"I Repubblicani meritano un dibattito" ha detto, aggiungendo di essere deluso da fatto che non ne è stato previsto uno dal momento in cui Romney si è ritirato lasciando campo libero a McCain.

McCain piace ai Governatori Democratici
I Governatori Democratici degli stati-chiave per le presidenziali stanno esprimendo una incondizionata ammirazione per McCain, se non dal punto di vista politico, quantomeno da quello della storia personale e della reputazione, e riconoscono che a novembre rappresenterà un osso duro soprattutto per la sua capacità di attrarre i voti degli indipendenti.
"E' un avversario duro e impossibile da sottostimare" ha detto la Governatrice dell'Arizona Janet Napolitano, mentre il suo collega della Pennsylvania Edward G. Rendell ha dichiarato "Per molti versi, è il candidato ideale per la Pennsylvania".
Questi attestati di stima derivano dal fatto che McCain, approfittando della nomination ormai in tasca, può permettersi il lusso di cominciare già da oggi la campagna elettorale per le presidenziali di novembre, soprattutto negli stati in cui gli indipendenti e i democratici delusi possono diventare l'ago della bilancia.
"In Michigan piace" ha detto la Gov. Jennifer Granholm "piace agli indipendenti - almeno nel recente passato - e in Michigan ce ne sono tanti. Chiunque sarà il candidato Democratico, in Michigan dovrà faticare".

Ultime su McCain
Parlando ormai da nominato in pectore, McCain può permettersi di rilasciare dichiarazioni sincere che altrimenti sarebbero piuttosto rischiose.
La prima riguarda l'incidenza della politica estera sulla sua eleggibilità: "L'Iraq giocherà un ruolo essenziale nel giudizio che gli elettori daranno su di me" e la sua maggiore preoccupazione, al momento, è di dover convincere una nazione stanca della guerra che la strategia americana in Iraq sta funzionando e deve essere proseguita. Tra gli stessi elettori Repubblicani serpeggia infatti la volontà di porre fine all'impegno in Medio Oriente, e ciò potrebbe evidentemente favorire Obama o la Clinton.
Secondo un sondaggio Gallup, il 43% degli americani ritiene che la strategia in Iraq stia migliorando dopo l'invio di nuove truppe, ma comunque il 60% è contro la guerra.
In seguito il senatore ha preso le difese di Obama contro un conduttore radiofonico conservatore, Bill Cunningham, che presentando un intervento di McCain davanti a un gruppo di sostenitori Repubblicani ha più volte chiamato il candidato Democratico con il suo secondo nome, Hussein, in modo provocatorio.
McCain non era presente durante lo show di Cunningham, ma appena ha preso la parola ci ha tenuto a prendere le distanze dal presentatore. McCain si è scusato per le frasi e ha dichiarato che non è corretto usare il secondo nome di Obama sui media con scopi denigratori.

martedì 26 febbraio 2008

Ultim'ora: Chris Dodd appoggia Obama

Barack Obama ottiene il primo endorsement da parte di un ex rivale alle primarie. A rompere il ghiaccio è Chris Dodd, senatore del Connecticut e superdelegato, la cui corsa si è interrotta dopo aver totalizzato lo 0,02% in Iowa.
Dodd ha ammesso di aver avuto dei dubbi sulla preparazione di Obama, ma ora "Sono profondamente orgoglioso di essere il primo candidato Democratico alle primarie ad appoggiare Barack Obama. E' pronto per fare il presidente e io sono pronto per supportarlo e per aiutarlo a diventare il nostro quarantaquattresimo presidente.

Vademecum: storia delle primarie

Nella costituzione degli Stati Uniti non ci sono accenni alle primarie, e infatti dall'Unione fino al 1820 i candidati alla Presidenza venivano decisi dai membri del Congresso appartenenti al Democratic-Republican Party, il partito di maggioranza assoluta che, fino al 1824, espresse i Presidenti (con l'unica eccezione del secondo Presidente, John Adams, del Partito Federalista). Nel 1824 il partito si divise in diverse nuove formazioni, tra cui l'attuale Partito Democratico, e il sistema andò riformato. Nel 1832 si decise che il candidato presidente di ogni partito andava scelto e nominato in una convention nazionale, i cui delegati venivano scelti da convention locali. Non c'era consultazione popolare, e le decisioni erano frutto di intrighi di palazzo.
La cosiddetta Progressive Era, alla fine del XIX secolo, portò alle prime forme di consultazioni popolari. Inizialmente, attorno al 1890, si cominciarono a tenere delle elezioni con semplice carattere di consultazione, ma senza valore vincolante. Nel 1910, l'Oregon divenne il primo stato a indire delle elezioni primarie con preferenza, in cui si prevedeva che i delegati sostenessero il candidato vincitore delle primarie stesse. Nel 1912 si aggiunsero altri 12 stati, che diventarono 20 nel 1920, anche se tra il 1936 e il 1968 alcuni cambiarono idea.
Il primo vero test per le primarie arivò nel 1912, quando il Presidente uscente Taft si scontrò con il Repubblicano Theodore Roosevelt (suo predecessore) e con il Democratico Woodrow Wilson (nella foto). Roosevelt si dimostrò il candidato più popolare, ma poichè gli stati in cui si tenevano le primarie erano la minoranza, il partito scelse Taft. Per protesta, Roosevelt fondò il Progressive Party e si presentò comunque. Con un elettorato repubblicano spaccato, Wilson vinse le Presidenziali.
Per aumentare l'affluenza alle urne, inizialmente bassa, il New Hampshire nel 1949 semplificò le regole, e nel 1952 proprio le primarie in NH videro Dwight Eisenhower sconfiggere nettamente Robert Taft tra i Repubblicani,e il Democratico Kefauver superare il presidente uscente Truman, spingendolo così a rinunciare a correre per un terzo mandato. Da allora le primarie in New Hampshire, tra le prime in calendario, vengono considerate un attendibile test dell'eleggibilità di un candidato.
Tuttavia gli stati ad affidarsi alle primarie erano ancora in minoranza, e capitava spesso che un candidato con un forte appoggio del partito si presentasse solo alla convention perchè aveva già la maggioranza dei delegati.
La rivoluzione arrivò con le primarie del 1960: Lyndon Johnson era il candidato del partito, ed era talmente sicuro della vittoria da non presentarsi alle primarie. Alle primarie trionfò il giovane cattolico John Fitzgerald Kennedy, che arrivò alla convention forte di quasi 2 milioni di voti e ottenne alla fine il 52% dei voti dei delegati, conquistando la nomination.
Nel 1968, Hubert Humphrey provò a replicare l'expolit di Kennedy, e ottenne un buon successo nelle primarie, ma il partito gli preferì Eugene McCarthy, ritenuto più eleggibile. Dopo questi fatti, il Partito Democratico varò una commissione che raccomandò l'utilizzo delle primarie in tutti gli stati. Lo stesso successe per i Repubblicani.
Negli anni, alcuni stati confinanti hanno provato a indire le primarie insieme per aumentare il proprio peso, ma senza molto successo. Dal 1984 si tiene il Super Tuesday, in cui votano quasi la metà degli stati contemporaneamente. Nel 1990, la California decise di anticipare le proprie primarie da giugno a marzo, e di conseguenza si è avuta una tendenza collettiva e costante ad anticipare le primarie, perciò il New Hampshire, che teneva tradizionalmente le votazioni a marzo, le ha spostate a gennaio.
Il sistema delle primarie è stato spesso oggetto di critiche, soprattutto riguardo il fatto che i primi stati in cui si vota (Iowa e New Hampshire) finiscono per dare un imprinting alla corsa pur avendo una scarsa rappresentatività.
Ci sono diverse ipotesi di riforma delle primarie: il cosiddetto American Plan propone di cominciare dagli stati più piccoli e di continuare man mano con quelli più grandi, estraendoli a sorte. Questo sistema però aumenterebbe i costi.
Il Delaware Plan prevede di tenere le primarie in 4 sessioni, ognuna delle quali raggruppi gli stati, partendo dai più piccoli. Gli stati più popolosi si sono opposti perchè non vogliono tenere le primarie per ultimi.
Il Rotating regional system prevede di suddividere le primarie in 4 regioni: West, MidWest, South e NorthEast.
Un altro piano basato sulla suddivisione regionale è l'Interregional Plan, che prevede la divisione in 6 gruppi con l'ordine estratto a sorte.
Il Balanced primary system prevede di mantenere l'attuale formula ma di ridurre le settimane da 18 a 13 e bilanciando il peso dei vari stati (ad esempio, la California voterebbe a metà delle 13 settimane).
Infine, in molti chiedono di indire una national primary, facendo votare tutti gli stati nello stesso giorno.

Gli alleati della Clinton hanno dubbi sui superdelegati


Di Jack Cafferty (CNN)

A Hillary Clinton probabilmente non piace che alcuni suoi supporter si chiedano se la sua vittoria su Barack Obama dipenda dai superdelegati.
Il membro del Congresso Charlie Rangel, che è uno dei più importanti alleati afro-americani della Clinton, insiste nel dire che è il popolo, e non i superdelegati, a scegliere il candidato Democratico, e aggiunge "La volontà del popolo è ciò che prevarrà alla convention, e non sarà la convention a decidere cosa vuole il popolo".
Poi c'è il Senatore di New York Chuck Schumer, un altro grande sostenitore della Clinton, che non sembra entusiasta della volontà della ex first Lady di giocarsi la nomination contro Obama alla convention di agosto. Il Senatore senior di NY sta cercando di convincere la Clinton e Obama di trovare un accordo sul vincitore dopo l'ultimo caucus di giugno.
Nel frattempo la Clinton non dà segni di cedimento. Ha invitatoi superdelegati a fare la loro scelta sul candidato da sostenere. Ha detto che i superdelegati devono usare la loro libertà di giudizio e non limitarsi a ratificare la volontà popolare. Già, perchè dare la nomination al candidato che ha il maggior supporto popolare?
Obama ha vinto le ultime otto votazioni una dopo l'altra e ha superato la Clinton nel computo totale dei delegati e tra quelli elettivi. Tuttavia, insegue tra i superdelegati.
Ecco la mia domanda: cosa può voler dire il fatto che gli alleati della Clinton adesso dibattono sulla sua dipendenza dai superdelegati.

Ed ecco alcune risposte dai lettori.
Eric: Da Democratico convinto, e due volte elettore di Clinton, sono innervosito dalla prospettiva che i Repubblicani abbiano ragione su un punto. La Clinton vuole manipolare il sistema dei superdelegati a suo vantaggio, e allora i Repubblicani che odiano i Clinton avrebbero ragione: La Clinton-machine farà di tutto per conquistare il potere. E' una vergogna

Glen: La richiesta della Clinton che i superdelegati scelgano indipendentemente dal voto popolare è un atto di disperazione destinato a fallire. Ha un'opportunità equa e corretta di impressionare gli elettori. Se fallisce vuol dire che l'altro candidato è la scelta del popolo. Una soluzione di compromesso vorrà dire la sconfitta a Novembre.

John: E' il caso di dire che la campagna della Clinton semplicemente non funziona. Non capiscono il fascino di Obama, e di conseguenza non capiscono come affrontarlo. Fanno ripetutamente dichiarazioni che dovrebbero essere epiche, e invece si rivelano dei boomerang. E' una combinazione di scarso giudizio e ambizione cieca che è diventata talmente ovvia che anche alcuni sostenitori se ne stanno allontanando.

Patricia: Sono contraria a questa storia della "Hillary-cattiva vuole rubare la nomination" messa in giro in queste settimane. La verità è che i superdelegati devono essere leali al partito e non al candidato, e perciò dovranno supportare il candidato che avrà le maggiori possibilità di battere McCain a novembre. Se molti cominciano a schierarsi con Obama significa che i leader del partito lo vedono come il nuovo "candidato dell'establishment"

L'ultima della Clinton: Obama "musulmano"

Piccola nota di servizio: a causa di problemi alla mia linea Adsl, potrei non essere in grado di aggiornare costantemente il blog. Spero che il disservizio duri il meno possibile, ma non dipende da me.

Continuano i colpi bassi nella campagna elettorale Democratica. Un tale accanimento all’interno dello stesso schieramento, e già a partire dal mese di febbraio, è praticamente inedito.
Dopo le lettere inviate da Obama agli elettori dell’Ohio per screditare il piano sanitario della Clinton, e la replica della senatrice che lo invitava a vergognarsi, ora è la volta del sito internet Drudge Report, vicino ai repubblicani.
Il sito ha pubblicato delle foto di Barack Obama in abiti tipici mediorientali, e ha dichiarato che le immagini proverrebbero dallo staff di Hillary.
Qualche considerazione sparsa: se davvero è stato lo staff della Clinton a diramare le immagini, la mossa rischia di rivelarsi un boomerang, non foss’altro per la goffaggine politica dimostrata; le foto risalgono al 2006 e gli abiti vestiti da Obama non sono esclusivamente musulmani, tuttavia questo è un particolare secondario se si pensa alla paura ancestrale degli americani per il mondo islamico.
Obama già da mesi replica alle insinuazioni di chi dice che sia stato musulmano (ne parleremo diffusamente in futuro), e anche se si è mostrato piuttosto convincente, una larga parte degli americani potrebbe cadere vittima del pregiudizio. Il fatto che la foto risalga al 2006 mette comunque al riparo Obama: in quel periodo era già un politico conosciuto e un candidato al Senato, in ogni caso un personaggio pubblico, quindi difficilmente questa immagine può rappresentare uno scheletro nell’armadio. Sarebbe stato ben diverso se la foto fosse risalita a dieci o più anni fa, in quel caso avrebbe avvalorato la tesi di chi dice che Obama ha qualcosa da nascondere nel suo passato.

Questo colpo di scena avviene comunque nel momento in cui si teme per l'incolumità di Obama, che secondo i servizi segreti potrebbe diventare un bersaglio di facinorosi il 4 aprile, anniversario dell'assassinio di Martin Luther King

lunedì 25 febbraio 2008

Rassegna stampa democratica: Hillary si scusa per Bill, Michelle si scusa e basta, gli ultimi endorsement

Approfittando della sua apparizione a New Orleans di fronte ad una platea composta quasi unicamente da neri, Hillary Clinton ha difeso l'impegno di suo marito contro il razzismo e ha chiesto scusa per l'infelice uscita di Bill all'indomani delle elezioni in South Carolina, qualche settimana fa.
Come si ricorderà, Clinton aveva minimizzato la vittoria di Obama negli stati del Sud ricordando l'analogo percorso di Jesse Jackson nel 1984 e nel 1988. Interrogata a riguardo in un botta e risposta, Hillary ha dichiarato "Penso che molti qui conoscano lui e il suo cuore, ma se qualcuno si è sentito offeso per qualcosa che ha detto, voluto o no, male interpretato o no, allora ovviamente mi scuso".
La Clinton ha poi attaccato duramente Obama a proposito di alcune lettere pubblicitarie indirizzate agli elettori in Ohio, in cui si darebbero false informazioni sul piano sanitario della ex first lady. "Vergognati, Barack Obama" ha urlato la Clinton agitando le lettere, ha accusato il rivale di usare tecniche degne di Karl Rove (l'ex consigliere di Bush) e lo ha invitato ad un nuovo confronto in Ohio.

Michelle rettifica

Per Obama l'unica nota stonata del trionfale martedì 19 è venuta da sua moglie Michelle, che parlando in un comizio a Milwaukee aveva dichiarato "per la prima volta nella mia vita adulta mi sento orgogliosa di questa nazione". La frase non ha mancato di suscitare polemiche, anche se la maggior parte dei media sembra aver perdonato la donna, che finora si è comportata in maniera esemplare conquistando il consenso degli elettori al pari del marito.
Invitata a spiegarsi, Michelle ha detto alla WJAR-TV che era rimasta impressionata dalla quantità di persone accorse al dibattito, e perciò "Quello che intendevo dire, chiaramente, è che sono fiera di come gli americani si stanno impegnando in questo processo politico" ha detto "per la prima volta nella mia vita vedo persone che si rimboccano le maniche in un modo che non ho mai visto e non avrei mai immaginato, e da qui nasce l'orgoglio di cui ho parlato".
Ha spiegato inoltre di essere stata molte volte orgogliosa dell'America, anche perchè suo marito non sarebbe dove è ora se non fosse per le opportunità fornitegli dagli USA.
Anche Barack Obama è voluto intervenire in difesa della moglie "Quello che intendeva dire è che per la prima volta è orgogliosa della politica in America, perchè lei è molto disillusa riguardo la politica, e certamente non ha torto e non è la sola. Ma ha visto un vasto numero di persone coinvolte, è ciò la ha incoraggiata".

Gli ultimi endorsement
Come ha fatto notare la Associated Press, nelle ultime due settimane solo un paio di superdelegati hanno espresso il loro appoggio alla Clinton, contro i 25 di Obama, tuttavia la senatrice può contare su appoggi pesanti in vista del 4 marzo. Sia il governatore dell'Ohio Ted Strickland (nella foto), che i superdelegati David Hardt e Eddie Bernice Johnson hanno rinnovato il loro endorsement alla Clinton. Strickland in particolare è un fedelissimo, il suo endorsement risale a mesi fa e il suo nome è tra i papabili per la vicepresidenza.
Dal canto suo Obama incassa il sostegno dei superdelegati Sonny Nardi e Leon Lynch, rispettivamente di Ohio e Pennsylvania, due degli stati in cui si deciderà la nomination.
Ma soprattutto, Obama ha ricevuto in settimana l'investitura da parte di Teamsters. Teamsters è uno dei più grandi e influenti sindacati di tutti gli USA, per intenderci è quello reso famoso da Jimmy Hoffa, ed è particolarmente importante in Texas. Jim Hoffa, figlio di Jimmy e attuale presidente di Teamsters, ha dichiarato che Obama è per loro il candidato in grado di ricostruire l'America e di vincere nelle elezioni di novembre. Teamsters, che solitamente appoggia anche un candidato Repubblicano, ha invece rifiutato il sostegno a McCain accusato di essere troppo vicino all'amministrazione Bush.

Obama star dei media
La crescita di Obama non si evidenzia solo dai sondaggi, in cui il suo trend positivo è inarrestabile, ma anche dall'attenzione dei media. L'attore Edward Norton (Fight Club, la 25a ora) ha annunciato che produrrà un documentario-backstage sulla corsa alla Casa Bianca, un progetto in cantiere da due anni e che diventa realtà grazie alla figura del senatore dell'Illinois.
"Quando abbiamo iniziato a lavorare non eravamo ancora sicuri che si candidasse alla presidenza, così il film è diventato qualcosa che ha superato ogni nostra immaginazione" ha detto a 'The Politico' il 39enne attore della pellicola diretta da Amy Rice, sorella di Andrew Rice, senatore democratico dello Stato dell'Oklahoma, ora candidato al Senato.
Il gruppo conservatore Citizens United ha invece realizzato un film-verità contro Hillary Clinton, ma una sua eventuale uscita di scena ad aprile dimezzerebbe il mercato.
Infine, Obama diventerà anche un personaggio del glorioso show Saturday Night Live. Fino a pochi mesai fa SNL non riteneva Obama un personaggio interessante, anche perchè le sue chance di elezione erano al lumicino. Oggi il runner dello show, Lorne Michaels, fa sapere all'Observer che non potrà fare a meno di ignorare Obama.

domenica 24 febbraio 2008

Ultim'ora: Ralph Nader si candida

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Non c'è due senza tre. Dopo la campagna del 2000 e quella del 2004, Ralph Nader ha appena annunciato alla trasmissione NBC Meet the press l'intenzione di candidarsi alle Presidenziali anche quest'anno.
Il noto attivista, critico delle corporations e della politica estera americana, difensore dei consumatori e dei diritti umani, già da giorni aveva iniziato un giro di consultazioni per tastare il polso all'elettorato, e ora ha fatto la sua scelta.
Nel 2004, Nader ha ottenuto 463.653 voti pari allo 0,38%, mentre nel 2000 totalizzò un exploit di 2.883.105 voti pari al 2,7%. A detta degli osservatori, la candidatura di Nader influì in modo decisivo sulla sconfitta di Al Gore. In Florida, lo stato che diede la vittoria a Bush, la differenza tra i due candidati principali fu di 537 voti, e Nader ne prese 97.421, quasi tutti da Democratici. Anche in New Hampshire la quota di voti di Nader superò il distacco tra Bush e Gore, e secondo gli osservatori senza Nader, Gore sarebbe arrivato alla Casa Bianca.

Le primarie in Wisconsin secondo gli esperti

Il team politico della CNN traccia un'analisi della campagna elettorale (tratto dallo speciale televisivo dopo le primarie del 19 febbraio)


Paul Begala, stratega democratico:
(A proposito del discorso di Hillary Clinton dopo le primarie in Wisconsin) Non ha detto cose nuove. Ci eravamo promessi di dire cose nuove questa sera. Penso che ci siano stati dei passaggi interessanti nel suo discorso, ma lei non deve parlare solo di economia, bensì evidenziare i constrasti sui temi economici.


Gloria Borger, analista politica:
(A proposito dei superdelegati): Quanto aspetteranno questi superdelegati di cui abbiamo parlato tanto - perchè sono così importanti - per andare da Hillary Clinton a dirle "Sai una cosa? Se davvero non riesci a vincere in Texas e Ohio nel modo in cui hai bisogno di vincere, noi potremmo chiuderla qui"?
(A proposito del discorso di Obama dopo la vittoria in Wisconsin): Penso che in questo discorso ci sia stata una serietà molto superiore al solito. Certo, ha ripetuto i suoi punti forti, ma è stato molto attento ad essere specifico riguardo ciò in cui crede. Sa che lo ascoltano tutti. E' stato molto attento nel replicare a McCain. E penso che in questo discorso abbia voluto far capire che lui sa - come noi tutti - che adesso per la Clinton le cose si sono fatte molto più dure.


John King, corrispondente politico
(Su McCain e Huckabee): Una cosa che salta all'occhio riguardo Mike Huckabee è la sua opposizione ai Democratici. E questo è ptoptio l'argomento che McCain intende usare per mettere il silenziatore alle critiche, provare che lui sarà un candidato di opposizione al Partito Democratico in autunno
(A proposito del discorso di McCain dopo il Wisconsin): Non pensate che McCain stia scommettendo sul fatto che il suo rivale in autunno sarà Obama? Non ha mai nominato la senatrice Clinton. E' stato un attacco a tutto campo contro Obama, e questo fa capire che nell'entourage di McCain sono abbastanza convinti di come andranno le cose tra i Democratici.


Leslie Sanchez, stratega Repubblicana
(Sulla sconfitta della Clinton): Penso che ci sia un fatto enormemente trascurato, e cioè che ha subito nove sconfitte significative. A parti invertite, se Obama avesse subito queste nove sconfitte, diremmo che è un candidato irrilevante. Questa è la cosa importante. Lei ha avuto a disposizione tutti gli strumenti, i soldi, i consulenti e ogni tipo di establishment Democratico alle spalle, e ancora non ha vinto.


Jeffrey Toobin, analista politico
(Prima del dibattito in Texas): La Clinton ha una sfida da affrontare, giovedì ci sarà un dibattito che è praticamente la sua ultima possibilità di cambiare il corso delle cose. Quali argomenti userà? Finora ne ha usati un sacco. Prima ha detto che lei è l'esperienza contro il cambiamento, ma non ha funzionato. Stasera ha fatto populismo economico, parlando di sindacati. La settimana scorsa ha criticato i finanziatori di Obama. Hanno anche tentato la carta del plagio. Ha moltissimi argomenti a sua disposizione, ma dobbiamo vedere come deciderà di usarli.

Analisi del voto in Wisconsin

Con la sua vittoria nelle primarie del Wisconsin, il "momentum" di Obama guadagna un impatto ancora maggiore, perchè il senatore continua la sua opera di erosione dell'elettorato di Hillary Clinton. La crescita del candidato democratico in quei settori di elettorato che solo agli inizi del mese erano dati come fedelissimi della Clinton va al di là delle previsioni e mette in serio dubbio l'efficacia della strategia comunicativa della senatrice, incentrata soprattutto sull'inesperienza di Obama.
Mentre Obama ha infatti rafforzato la sua base di elettori giovani, istruiti e benestanti, la Clinton sta perdendo i voti degli operai e degli anziani. Martedì, Obama ha conquistato il 53% dei voti fra i bianchi, contro il 41% ottenuto nel Super Tuesday. Ha conquistato il 48% delle donne del Wisconsin contro il 41% del Super Martedì. Ha aumentato di 8 punti il consenso tra i bianchi anziani, e ha diviso 50% a 50% con la Clinton i voti degli elettori con istruzione inferiore al college, elettori presso cui il 5 febbraio aveva raggiunto solo il 42%.
Obama ha conquistato metà degli elettori cattolici, contro un terzo di due settimane fa, e ha fatto lo stesso con i voti rurali.
Ha ottenuto il 55% dei voti tra chi ritiene l'economia il tema prioritario, contro il 44% del Super Tuesday.
I sondaggi hanno anche evidenziato che gli elettori del Wisconsin si sono mostrati profondamente contrari alla campagna mediatica della Clinton contro Obama.
I sondaggi sul Texas mostrano un andamento molto simile a quelli che riguardavano il Wisconsin, e se i trend continuano di questo passo le cose non si mettono bene per la Clinton: Obama ha vinto in Maryland e in Virginia la scorsa settimana anche i voti dei latini.

Tra i Repubblicani, McCain ha vinto i delegati del Wisconsin e l'altra metà di quelli di Washington, ma non riesce ancora a sfondare tra i conservatori. Se in assoluto ha ottenuto una vittoria convincente su Huckabee in Wisconsin, metà degli elettori dello stato che si ritengono "molto conservatori" ha preferito Huckabee, e solo il 40% McCain.
McCain ha ottenuto i voti di metà degli elettori che si ritengono "abbastanza conservatori" e i due terzi dei moderati.
Gli elettori Repubblicani dicono in maggioranza di ritenere l'economia la priorità, ma gli elettori di McCain ritengono in prevalenza che l'argomento più importante sia l'Iraq.
Chi ha scelto McCain, dichiara di averlo fatto perchè punta sull'esperienza, chi ha scelto Huckabee lo ha fatto perchè condivide i suoi valori.
Infine, il 76% dei Repubblicani dello stato ritiene che McCain sarebbe un candidato soddisfacente per le presidenziali, ma il 44% lo ritiene poco conservatore.

Fonti: CNN e Los Angeles Times