sabato 16 febbraio 2008

Rassegna stampa repubblicana: prima i soldi e poi il vice, McCain in equilibrio, ma Bush sr. lo appoggia, i Boston contro Huckabee

Ora che ha la nomination praticamente in cassaforte, specialmente dopo l'endorsement di Mitt Romney, John McCain può permettersi di pensare già al passo successivo, ovvero alla campagna elettorale per le presidenziali di novembe, per cui può contare su un considerevole vantaggio in termini di tempo, visto che i Democratici difficilmente avranno il candidato prima di settembre.
Le priorità sono due, i soldi e la scelta del vicepresidente, ma è chiaro che la raccolta fondi è in testa ai pensieri del senatore. La campagna elettorale si preannuncia difficile e combattuta, e McCain non può permettersi di ripetere il rischio preso alle primarie, quando è sceso in campo con meno della metà dei fondi di Romney e Giuliani. In cima alla lista di McCain ci sono i "fundraiser" del presidente Bush, alcuni dei quali però hanno finora appoggiato altri candidati. Tuttavia, dopo l'accordo nel Gop non dovrebbero esserci problemi ad unirsi al candidato prescelto. Per quanto riguarda il vice, le fonti interne al partito dicono che McCain non proporrà nessun nome prima di sapere chi sarà il candidato democratico.

Bush sr. appoggia McCain
I bene informati assicurano che l'ex Presidente George H. Bush sarebbe sul punto di dare il proprio endorsement ufficiale a John McCain. Lo staff del candidato starebbe cercando di organizzare già nella prossima settimana un incontro in Texas tra Bush senior e McCain, in cui quest'ultimo riceverà pubblicamente l'appoggio. Questo endorsement sarebbe un'ulteriore tappa dell'operazione di 'rafforzamento' di McCain all'interno del partito, oltre ad essere utile in chiave elettorale in vista delle primarie del 4 marzo in Texas. Bush sr. non è popolarissimo tra i conservatori del suo stato, ma comunque l'impressione è che il Gop voglia fare quadrato attorno al candidato.

McCain in equilibrio precario
La maggiore difficoltà di McCain da qui a novembre sarà quella di conquistare l'appoggio della destra del partito senza però perdere quello dei moderati. Questi primi giorni fanno già capire quanto sarà difficile. Da un lato McCain ha ripreso ad attaccare la strategia dell'amministrazione Bush in Iraq, arrivando a dire in un discorso pubblico di essere stato "l'unico a chiedere le dimissioni di Donald Rumsfeld (ex Segretario alla Difesa)", anche se poi è stato notato che McCain non le ha mai chieste, almeno in pubblico. Dall'altro lato ha compiuto una scelta che ha indispettito non poco i moderati: come è noto McCain, da ex prigioniero di guerra, è uno strenuo oppositore delle torture e si è sempre battuto al riguardo sfidando l'amministrazione Bush e il suo stesso partito anche negli ultimi giorni, battendosi per proibire la tecnica di interrogatorio militare dell'"annegamento simulato". Ma mercoledì McCain ha votato contro una proposta di legge (dei Democratici) che intendeva allargare anche alla CIA la proibizione delle torture negli interrogatori. La proposta, per la cronaca, è comunque passata e quindi i servizi segreti non potranno utilizzare l'"annegamento simulato". Il Partito Democratico ha accusato McCain di "mettere da parte i suoi principi per ottenere la nomination"

I Boston contro Huckabee
Nel corso della sua campagna elettorale, Mike Huckabee ha spesso suonato al basso la hit "more than a feeling" dei Boston, e questo ha indispettito Tom Scholz, il leader del gruppo rock, che ha preso carta e penna e ha scritto al candidato. "I Boston non hanno mai appoggiato nessun candidato e, con il dovuto rispetto, non cominceranno con un candidato che è l'esatto opposto di tutto ciò per cui i Boston si battono" si legge nella lettera "Infatti, anche se sono impressionato dal fatto che ha imparato la mia parte di "More than a feeling" al basso, io resto un supporter di Obama. Usando la mia canzone e il nome della mia band, ha preso qualcosa di mio e l'ha usato per promuovere idee opposte alle mie. In altre parole, penso di essere stato scippato, amico!". Qualche settimana fa, era stato il cantante John Mellencamp, sostenitore di Edwards, a chiedere a McCain di smettere di usare una sua canzone come inno della sua campagna.

Un altro candidato?
Nonostante i suoi sforzi, McCain non è riuscito a conquistare il cuore dei conservatori e in particolare della destra religiosa, e a questo punto è difficile che riesca a farlo in futuro. Un gruppo di attivisti cristiani, che già in autunno si era mobilitato contro Rudy Giuliani (in quel momento in testa ai sondaggi), sta prendendo in considerazione l'idea di presentare e sostenere un altro candidato alle presidenziali di novembre. Bob Fisher, imprenditore e attivista anti-abortista, si è detto insoddisfatto della scelta di McCain come candidato e ha annunciato che farà il possibile per dare ai conservatori un'altra chance. Svanita la possibilità di una rimonta di Huckabee, è probabile a questo punto che alcuni movimenti cristiani supportino la nomination di un candidato del Constitution Party, un partito ultraconservatore fondato nel 1992.

Scegli il tuo candidato

Anche il Washington Post propone un suo quiz per la scelta del candidato alle primarie, un quiz che in questo caso intende anche facilitare la decisione per gli indecisi, proponendo su ogni argomento le dichiarazioni dei due candidati (ma senza specificarne l'appartenenza) in modo da poter scegliere quelle da cui ci si sente maggiormente rappresentati.

Choose your candidate

Per la cronaca, il mio risultato è Obama al 51% e Clinton al 43%.

Verso il voto: i caucus repubblicani in Guam

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Il Guam è un'isola dell'Oceano Pacifico a nord della Micronesia e ad est delle Filippine, ed è la più grande dell'arcipelago delle Marianne. Ha lo statuto di territorio non incorporato degli Stati Uniti d'America. Conta 170.000 abitanti, in massima parte indigeni Chamorro, e la capitale è Hagatna.
L'isola fu raggiunta da Ferdinando Magellano nel 1521, e nel 1565 fu dichiarata possedimento della Spagna, utile per le tratte commerciali, ma la colonizzazione vera e propria cominciò solo nel 1668 con le prime missioni cattoliche. Tra il 1668 e il 1815 Guam fu utilizzata come punto di sosta per le navi spagnole che commerciavano sulla rotta tra il Messico e le Filippine.
Nel 1898, con la guerra ispano-americana e la battaglia di Guam, e con il successivo Trattato di Parigi, la Spagna cedette il Guam, Puerto Rico e le Filippine agli USA. Nella prima metà del XX secolo Guam divenne quindi una stazione per le navi americane dirette verso le Filippine. Nel 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, Guam venne invasa e occupata dall'esercito giapponese. I cittadini americani vennero evacuati e sull'isola vennero riportati gli indigeni Chamorro prelevati dalle Marianne per poter servire da interpreti e per i lavori forzati. Durante l'occupazione, vennero uccise circa 1000 persone. L'occupazione durò 30 mesi, ed ebbe fine con la battaglia di Guam del luglio 1944. Ad oggi, Guam è l'unico territorio popolato degli USA ad essere stato occupato militarmente da una potenza straniera.
Nel 1950, l'Organic Act istituì Guam come territorio non incorporato, soggetto alle leggi statunitensi ma con un governo autonomo.
L'economia dell'isola si basa sul turismo, specialmente giapponese, e sulle basi militari statunitensi. E' sviluppata anche l'industria petrolifera, qui si raffina il petrolio, e navale. Ricoprono parti importanti anche l'agricoltura e la pesca.

Per i Repubblicani, Guam mette in palio 9 delegati, di cui 6 elettivi e 3 unpledged. I caucus sceglieranno i 6 delegati alla convention Repubblicana che verranno assegnati "in modo da riflettere al meglio le preferenze dei partecipanti al caucus", per citare testualmente lo statuto. Ancora non è stata fissata la data per la convention di Guam, che oltre ad ufficializzare i 6 delegati elettivi, nominerà i tre superdelegati, che saranno il presidente del partito repubblicano di Guam e due membi del comitato.
Update: i caucus che dovevano originariamente tenersi il 16 febbraio sono stati posticipati all'8 marzo

venerdì 15 febbraio 2008

Update caucus: la Clinton vince in New Mexico

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A "soli" dieci giorni dalla chiusura delle urne, sono definitivi i risultati in New Mexico. Tale ritardo è dovuto al fatto che il distacco minimo tra i due candidati ha richiesto un conteggio particolarmente accurato, e anche al fatto che i luoghi di voto erano circa 17.000, e questo ha reso ulteriormente difficili la proclamazione del risultato, anche perchè in certi casi alcuni votanti presentatisi ai caucus non erano inclusi nelle liste di voto.
La Clinton vince il caucus con 73.105 voti e il 49%, contro 71.396 e il 48% di Obama. La Clinton ottiene 14 delegati e Obama 12.
In due dei tre distretti elettorali, i due contendenti hanno praticamente pareggiato e si sono divisi un egual numero di delegati, nel distretto 2, con un numero dispari di delegati, la Clinton ha invece ottenuto il 55% e ha ottenuto un delegato in più. Dei nove delegati assegnati in base ai risultati totali nello stato, Obama ne ha ricevuti 4 e la Clinton 5 per il maggior numero di voti assoluti.
Lo staff di Obama, che nei giorni scorsi si era detto fiducioso in un risultato positivo, ha annunciato che non chiederà il riconteggio.

Una petizione per i superdelegati

Nella prospettiva sempre più probabile di una nomination democratica decisa dai voti dei superdelegati, il sistema di nomina previsto dal partito dell'asinello entra nell'occhio del ciclone.
Il DNC prevede circa 800 superdelegati scelti tra rappresentanti al Congresso, Governatori ed ex Presidenti e vicepresidenti, che hanno il compito di ratificare la scelta del candidato. La decisione di inserire un numero così elevato di super delegati viene ricondotto agli anni successivi alle presidenziali del 1972, quando i Democratici opposero a Nixon George McGovern, ricordato come il candidato più di sinistra della storia americana.
McGovern (nella foto) venne scelto dagli elettori durante le primarie sull'onda emotiva della guerra in Vietnam, di cui il candidato era uno strenuo oppositore. McGovern però venne sonoramente sconfitto, conquistando quasi 20 milioni di voti in meno del rivale e totalizzando solo 17 grandi elettori contro i 520 di Nixon. Da allora il partito decise di introdurre un sistema di bilanciamento del voto popolare, e il primo effetto si ebbe nel 1984, in una campagna che ricorda molto quella attuale. Gary Hart, candidato giovane e dalle idee innovative, ingaggiò un testa a testa con Walter Mondale, ex vice-presidente di Carter e pezzo grosso del partito. I due arrivarono alla convention praticamente con lo stesso numero di delegati, ma Hart aveva vinto in più stati. Mondale però mobilitò su di sè i super-delegati, ottenne la nomination e venne poi sconfitto da Reagan.
Oggi la storia rischia di ripetersi, e gli stessi superdelegati sono dubbiosi sulla effettiva democraticità del sistema "Non è il sistema più democratico" ha ammesso il super delegato del Maine Sam Spencer.
C'è inoltre il rischio che gli elettori abbiano la percezione che le decisioni vengano prese da pochi anzichè dal popolo "e allora tutte le persone che oggi sono attratte dal sistema, soprattutto i giovani, si sentiranno delusi e disaffezionati" ha detto l'analista Ted Devine.
Per questo motivo il sito MoveOn.Org, che appoggia Obama, ha lanciato una petizione e punta a raccogliere 300.000 firme entro questa settimana in modo da acquistare uno spazio pubblicitario su USA Today per chiedere ai super-delegati di non tradire il voto popolare.
Il testo della petizione dice "I superdelegati sono sotto pressione perchè si esprimano a favore di uno dei due candidatati già da ora. Noi vogliamo incoraggiarli a lasciare che siano gli elettori a decidere tra Clinton e Obama, e poi a supportare la volontà delle persone".
L'associazione Democracy for America, capeggiata dal presidente del Partito Democratico Howard Dean, Jim, ha annunciato che consegnerà a ciascun delegato la petizione.

Toto-vicepresidente: i Democratici

Adesso che il campo è sgombro e i contendenti in gara sono nominalmente cinque, ma fattualmente tre, è ora di cominciare a parlare di vicepresidenza.
Le legge prevede che la candidatura debba essere vagliata e votata dai delegati alla convention nazionale che decide la nomination del ticket, ma di fatto, da molti anni a questa parte, i candidati alla nomination presentano un candidato vice-presidente e lo sottopongono alla ratifica da parte del partito. Come è intuibile, però, la scelta del running mate è molto delicata, tocca gli equilibri interni al partito e va fatta tenendo conto di molti aspetti che vanno ben oltre la simpatia e la fiducia reciproca (George W. Bush, ad esempio, nel 2000 era propenso a scegliere un vice moderato come Hagel, ma dopo aver tastato il polso alla destra del partito presentò Cheney).
Soprattutto tra i Democratici, nel caso in cui si arrivasse (come è sempre più probabile) ad una brokered convention, in cui non c'è una maggioranza assoluta e sono i super-delegati a dover decidere, il nome del vice-presidente potrebbe essere una discriminante decisiva per orientare la scelta.
Non è un segreto il nome del vice-presidente designato dalla Clinton già prima dell'inizio della campagna: Evan Bayh (nella foto), cinquantaduenne ex governatore dell'Indiana e oggi senatore dello stesso stato, un democratico conservatore ache pare predestinato ad essere il futuro candidato alla presidenza fra quattro o otto anni. In realtà Bayh era intenzionato a presentarsi già in queste primarie, ma si è fatto indietro ad ottobe facendo endorsement per la Clinton, e da qui il sospetto di un accordo tra i due. Un altro ex governatore che ha appoggiato la Clinton è Bob Kerrey del Nebraska, già avversario di Bill Clinton nelle primarie del 1992. Kerrey però si è messo fuori gioco con alcune dichiarazioni contro Obama (definito "musulmano") ed Edwards, e non sarebbe gradito ai big del partito. Un altro nome che circola è quello di Ted Strickland, attuale governatore dell'Ohio, che ha fatto endorsement per la Clinton in vista del voto del 4 marzo. Non avrebbe il fascino e il peso di Bayh, ma potrebbe essere un vice meno ingombrante. Tra gli altri big del partito, un vice perfetto potrebbe essere Wesley Clark, altro endorsement eccellente della Clinton. Ex generale dell'esercito, veterano del Vietnam e capo del contingente Usa in Kossovo, si presentò senza successo alle primarie del 2004. Se non verrà scelto come vice, potrebbe tornare in gioco come Segretario di Stato o alla Difesa.
Dopo il suo ritiro dalla corsa, anche Bill Richardson rientra in gioco come vice. Il governatore del New Mexico, di madre ispanica, potrebbe sopperire alle carenze della Clinton in alcuni stati dell'ovest, ma non ha fatto endorsement per la senatrice, e quindi potrebbe essere la scelta di Obama, a cui permetterebbe di colmare il gap con i latini.
Per quanto riguarda Obama, la scelta del vice è attualmente un rebus, e non c'è dubbio che, per quanto riguarda la formazione di uno staff di governo, il senatore dell'Illinois sia molti passi indietro rispetto all'avversaria. I supporter di Obama vorrebbero Caroline Kennedy come vice, ma è evidente che, se Obama ottenesse la nomination, il partito vorrà un vice di peso e di esperienza anche se ingombrante. In questo senso l'identikit potrebbe portare a John Kerry, mentre sarebbe da escludere (forse) Ted Kennedy, che però potrebbe anche esporsi in caso di necessità. Oltre a Richardson si fanno i nomi di altri due ritirati delle primarie, Chris Dodd e Joe Biden. Entrambi si sono espressi in modo molto critico contro la Clinton, ma non hanno espressamente appoggiato Obama. Oltretutto, sono entrambi conosciuti per le posizioni molto radicali, e quindi poco adatti ad accompagnare Obama.

Scartando altri rumors più o meno suggestivi, come Oprah Winfrey o Colin Powell per accaparrarsi i voti degli indipendenti, il nome che ricorre in questi ultimi giorni è invece quello di un outsider, Jim Webb (nella foto), senatore della Virginia, ex repubblicano da poco entrato nei partito dell'asinello, ex segretario alla Marina con Reagan, amico di Obama ma soprattutto eroe del Vietnam: quindi un perfetto anti-McCain in chiave elettorale, e proprio questo potrebbe giocare un ruolo decisivo nella scelta. Si fanno inoltre i nomi di due donne, la Governatrice del Kansas Kathleen Sebelius e la senatrice del Missouri Claire McCaskill.
L'incognita in questo quadro ha un nome e un cognome: John Edwards. Le intenzioni dell'ex terzo incomodo Democratico non sono chiare, dopo il Super Tuesday ha incontrato in rapida successione Hillary e Obama, ma non ha appoggiato nessuno. Inoltre è tutto da vedere che voglia davvero ripetere la sfortunata esperienza del 2004 barattando i suoi delegati per un posto nel ticket presidenziale.

Altre voci suggestive riguardano Al Gore, ma si possono smentire senza problemi: dopo aver rifiutato di candidarsi alle primarie è da escludere che voglia ripetere l'esperienza del 1992-2000, sia come vice della moglie del suo ex presidente, sia come "chioccia" di Obama.
Allo stesso modo, ogni giorno che passa diventa più improbabile il "dream-ticket" Clinton-Obama. Lo scontro tra i due candidati si prolungherà ormai certamente fino alla convention, e un accordo tra i due, allo stato dei fatti, è fuori discussione, e sarebbe probabilmente sgradito agli stessi protagonisti.
L'unico caso in cui il dream ticket potrebbe tornare prepotentemente attuale è quello di una imposizione da parte del Partito nell'ipotesi in cui il distacco tra i due candidati alla convention dovesse essere talmente risicato da non consentire una scelta netta.

giovedì 14 febbraio 2008

Romney appoggia McCain

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La CNN ha riportato in serata che fonti interne alla famiglia di Romney asserivano che l'ex candidato avrebbe avuto intenzione di dare il suo endorsement all'ex rivale John McCain nella corsa alla nomination.
Le voci sono state confermate nelle ore successive dallo stesso Romney, che ha parlato in pubblico a Boston e ha annunciato di voler aiutare McCain ad assicurarsi la nomination in modo da preservare l'unità del partito in vista delle elezioni di november. In questo senso, Romney ha "ceduto" i suoi delegati a McCain, ovvero ha chiesto loro di votare per il senatore dell'Arizona alla convention (ma i delegati non saranno obbligati a seguire l'indicazione). L'ex governatore del Massachusetts ha raccolto secondo la CNN 286 delegati (ma qualcuno in più secondo altre fonti) che aggiunti agli 825 di McCain permetteranno di superare la maggioranza assoluta richiesta per la nomination.

Quattro tappe per una riscossa della Clinton

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di Chris Cillizza (Washington Post)

Ci separano 20 giorni dall primarie in Ohio e Texas, due stati in cui ormai è chiaro che la Clinton dovrà vincere in modo convincente in modo da cambiare il corso degli eventi.
Gli otto giorni dal Super Tuesday alle primarie del Potomac non sono stati belli per lei: ha perso tutti i confronti diretti, ha dovuto tirare fuori 5 milioni di dollari per la sua campagna, ha visto Obama avvicinarsi sempre di più nei sondaggi e ha vissuto un terremoto nel suo staff, con il licenziamento del capo della campagna Patty Solis Doyle e le dimissioni del suo vice Mike Henry.
Cosa può - e deve- fare la Clinton per cambiare le cose da qui al 4 marzo? Abbiamo chiesto ad alcuni strateghi del partito cosa le consiglierebbero di fare. Ecco i consigli, condensati in quattro tappe.

  1. E' l'economia, bellezza. La Clinton ha iniziato la corsa con un chiaro vantaggio su Obama, tra gli elettori che vedevano nell'economia l'argomento più importante per gli USA. Quel vantaggio si è assottigliato per poi scomparire con il proseguimento della gara. Fred Yang, sondaggista Democratico, suggerisce che la Clinton debba farsi portatrice di un messaggio simile a quello di suo marito nelle presidenziali del 1992: "deve parlare di responsabilità fiscale e del boom economico durante l'amministrazione Clinton" ha detto Yang. Un'enfasi sull'economia e sulla sua competenza in materia può servire soprattutto in zone industriali come l'Ohio e la Pennsylvania, in cui si voterà il 22 aprile.
  2. Fare notizia. A partire dal Super Tuesday, la campagna elettorale della Clinton sembra avere perso slancio, e questa non è la strategia giusta per battere Obama. "Deve fare notizia, mostrare di avere cose interessanti da dire" ha detto un analista Democratico che ha chiesto l'anonimato per poter parlare liberamente "è assurdo che la abbiano amndata a '60 minutes' senza un chiaro punto di riferimento su cui insistere". La Clinton non è più in testa, e quindi una strategia "all'acqua di rose" non funziona più. Chris Lehane, consulente economico della Clinton, ha suggerito che la senatrice dovrebbe usare argomenti irresistibili. Ad esempio? "Un tour nei luoghi dell'Ohio che sono entrati in crisi con Bush sr., sono risorti con Bill Clinton, sono rientrati in crisi con Bush jr. e potrebbero risorgere di nuovo con Hillary Clinton."
  3. Fondi da internet=sostenitori leali. Molti di quelli che orbitano attorno alla Clinton pensano che i 12 milioni di $ raccolti dopo il Super Tuesday non siano sufficienti. La questione soldi è stata innegabilmente critica per la Clinton la scorsa settimana - con Obama che ha raccolto 32 milioni di dollari solo a gennaio, e la Clinton ha dovuto tirare fuori di tasca propria 5 milioni. Ma secondo gli strateghi della senatrice, si può fare ancora molto, perchè il paese è pieno di brave persone che credono nella Clinton e sarebbero disposti a dare piccoli contributi alla causa.
  4. Strafare in Wisconsin. Le primarie del Wisconsin sono previste per il 19 e sono l'ultima e migliore possibilità per la Clinton di vincere (o perdere con un distacco inferiore al previsto) prima del 4 marzo. Nello stato, e a Madison in particolare, ci sono molti elettori bianchi della bassa borghesia particolarmente ricettivi al messaggio economico della Clinton. Una pesante sconfitta in Wisconsin - unita al prevedibile trionfo di Obama nelle Hawaii - potrebbe rappresentare l'inizio della fine per lei. "Per fermare l'ascesa di Obama prima del 4 marzo, la Clinton deve vincere in Wisconsin e ottenere subito il sostegno di un vasto numero di superdelegati in modo da riprendere la leadeship" ha detto Steve Murphy, ex consigliere di Bill Richardson.
Semplice, no? Non proprio, la Clinton si trova in una posizione molto difficile. Sa che le sue migliori possibilità di vittoria sono distanti 3 settimane, ma è anche consapevole che gli eventi di questi 20 giorni possono cambiare le carte in tavola.

Vademecum delle primarie: i delegati Repubblicani

In casa repubblicana, la conta di delegati e super delegati è nettamente più facile, in primo luogo perchè in moltissimi stati vige il sistema del winner-take-all, e perciò non è necessario attendere che sia scrutinata fino all'ultima scheda per procedere all'assegnazione dei delegati. E in seconto luogo perchè i delegati non eletti, oltre ad essere sensibilmente meno di quelli dei Dems, spesso vengono assegnati già in partenza ad un candidato come premio di maggioranza, e quindi si possono attribuire definitivamente e senza rischio di veder cambiato il quadro generale.
Tenendo conto che in alcuni stati in cui vige il sistema proporzionale, come Alabama e Colorado, l'assegnazione non è terminata nè definitiva, e che i delegati degli stati in cui si è votato sabato 9 (eccezion fatta per il Kansas) saranno ufficializzati solo nei prossimi giorni con i caucus e le convention, rispettivamente a Washington e in Louisiana, la situazione dei delegati pledged del Gop al momento è questa:

John McCain: 826 delegati
Mitt Romney (ritirato): 290 delegati
Mike Huckabee: 220 delegati
Ron Paul: 16 delegati
Fred Thompson (ritirato): 5 delegati
Rudy Giuliani (ritirato): 1 delegato.

A questi vanno aggiunti i delegati unpledged RNC, dato comprensivo sia di quelli assegnati come premio di maggioranza (e quindi definitivi) sia di quelli che hanno annunciato il proprio voto: McCain ne ha 18, Huckabee 3, mentre Romney ne aveva 3.

mercoledì 13 febbraio 2008

La Clinton attacca Obama in uno spot

La nuova strategia di Hillary Clinton per le prossime tappe elettorali sembra essere quella di tornare ad attaccare Barack Obama, utilizzando in questo caso gli spot televisivi che da mercoledì stanno andando in onda nel Wisconsin, in cui si voterà martedì prossimo, e in cui i sondaggi danno Obama al 50%.
Dopo aver rilasciato uno spot incentrato sul suo programma elettorale, e in particolare sul suo piano sanitario, definito "l'unico che preveda una copertura sanitaria per tutti gli americani", ne ha prodotto un altro in cui lo speaker ricorda che Obama si è sottratto ad un dibattito pubblico proprio in Wisconsin.



"Entrambi i candidati democratici sono stati invitati ad un dibattito televisivo qui in Wisconsin. Hillary Clinton ha detto di sì, Barack Obama no. Forse lui preferisce fare comizi piuttosto che rispondere alle domande. Mentre Hillary Clinton ha l'unico piano sanitario che riguarda ogni americano, e l'unico programma economico che blocca i mutui. Il Wisconsin merita di ascoltare entrambi i candidati che discutono sugli argomenti importanti. E su questo non si discute.

Pressing sui superdelegati


E' il momento in cui la seconda ondata di super-delegati comincia ad esprimere le proprie preferenze. Dopo gli endorsement fatti dai big del partito e dai vari Governatori, è la volta delle figure di secondo piano, dei deputati e dei rappresentanti locali che hanno atteso il Super Tuesday, o che le primarie arrivassero nel loro stato, per esprimersi a proposito dei candidati.
L'ultima e più corposa, nonchè decisiva, ondata si avrà a ridosso della convention, e quest'anno sarà molto probabilmente un'ondata dell'ultimo minuto perchè decisiva, e i super-delegati dovranno decidere forse se ribaltare o no il voto popolare. Non c'è da invidiarli.
In questa fase è il clan dei Clinton a muoversi con la forza di una squadra per fare il pieno di appoggi da parte del partito: i risultati non entusiasmanti culminati con il licenziamento del capo della campagna elettorale Patty Doyle (ispanica, sostituita da Maggie Williams, una nera) potrebbero preludere ad una emorragia di super-delegati, ecco quindi correre ai ripari in maniera anche conclamata, mentre Obama sembra ancora concentrato sulla campagna elettorale vera e propria.
Durante una puntata dell'Early Show in onda sulla CBS, sono stati intervistati tre superdelegati democratici: Jason Rae, il più giovane superdelegato (21 anni), David Hardt del Texas (nella foto) e Nancy DiNardo del Connecticut. Non tre big, ma tutti accomunati dall'essere stati "accerchiati" da Bill e Chelsea Clinton.
Rae ha dichiarato "Non mi hanno fatto pressione, mi hanno semplicemente parlato come si fa ad un elettore qualsiasi."
Hardt ha raccontato di aver ricevuto telefonate da Bill e di essersi incontrato a colazione con Chelsea : "Quando il tuo cellulare squlla e ti dicono che il Presidente Clinton vuole parlarti pensi subito ad uno scherzo, poi senti la sua voce ed è inconfondibile. Sono stato preso alla sprovvista, ma l'opportunità di chiacchierare con l'ex Presidente è sempre una cosa straordinaria"
Anche la DiNardo ha raccontato di aver ricevuto una telefonata privata da Bill Clinton: "Stavo guidando, e anch'io ho pensato sulle prime che fosse uno scherzo".
Nessuno dei tre ha spiegato se questo pressing li ha portati ad una decisione, ma Rae ha tenuto a chiarire "Alla fine è evidente che dipende da me decidere chi sia il miglior candidato per il partito".
E intanto Marcello Foa riferisce di un incontro a porte chiuse tra la Clinton e un buon numero di superdelegati, alla fine del quale sarebbe emersa una posizione condivisa all'interno del partito "Hillary deve prevalere con ampio margine nel Texas e in Ohio altrimenti è fuori".

Risultati 12 febbraio: District of Columbia, Maryland, Virginia

Barack Obama e John McCain sono i trionfatori delle "primarie del Potomac". Obama vince con distacco in tutti e tre gli stati e supera ufficialmente la Clinton in tutte le classifiche dei delegati.
McCain incontra qualche resistenza solo in Virginia, dove Huckabee arriva a poche migliaia di voti di distanza.


Democratici


District of Columbia

Barack Obama: 75,59% (12 delegati)
Hillary Clinton: 24,15% (3)

Maryland

Barack Obama: 61,66% (43)
Hillary Clinton: 37,07% (27)

Virginia

Barack Obama: 64,21% (56)
Hillary Clinton: 35,79% (27)

Repubblicani


District of Columbia

John McCain: 68% (16 delegati)
Mike Huckabee: 17%
Ron Paul: 8%
Mitt Romney: 6%

Maryland

John McCain: 55% (34)
Mike Huckabee: 30%
Mitt Romney: 6%
Ron Paul: 6%

Virginia

John McCain: 50% (63)
Mike Huckabee: 41%
Ron Paul: 5%
Mitt Romney 3%

martedì 12 febbraio 2008

McCain va avanti, Bloomberg si fa indietro

L'Associated Press riporta una conversazione avuta da un giornalista del New York Times con Cuck Hagel, senatore repubblicano del Nebraska, ex responsabile del Dipartimento Veterani durante l'amministrazione Reagan, mancato vice-presidente di Bush nel 2000 e soprattutto molto vicino al sindaco di New York Michael Bloomberg.
Hagel avrebbe parlato delle intenzioni del magnate dell'editoria di candidarsi alle Presidenziali di novembre come indipendente, e ha risposto alle domande del giornalista a proposito di un possibile ticket Bloomberg-Hagel per la Casa Bianca.
Hagel ha confermato di aver parlato recentemente con Bloomberg della possibilità di correre per la presidenza, ma ha fatto capire che, con gli ultimi avvenimenti, le chances che questo accada veramente stanno diminuendo rapidamente.
Il motivo è uno solo: John McCain. La quasi certa nomination del senatore dell'Arizona chiude infatti ogni possibilità di successo per Bloomberg, perchè anche McCain si rivolge prevalentemente all'elettorato moderato e agli indipendenti.
Inoltre, una eventuale nomination per Obama, toglierebbe a Bloomberg anche la possibilità di fare presa sugli indipendenti più spostati a sinistra.
Il giorno dopo la diffusione della notizia, il sindaco di New York ha smentito le dichiarazioni di Hagel negando di aver mai parlato con lui della corsa alla presidenza. Successivamente anche il capo dello staff di Hagel è intervenuto rettificando la notizia e spiegando che le parole di Hagel erano satte enfatizzate dal giornalista.

Verso il voto: le primarie in Virginia

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Il Commonwealth of Virginia, nonostante la sua posizione geografica, è considerato uno stato del sud. E' detto la "madre dei Presidenti" per aver dato i natali a 8 presidenti tra cui Washington e Jefferson. Conta 7.459.827 abitanti, 12° stato più popoloso degli USA, la capitale è Richmond, la città più popolosa è Virginia Beach.
La Virginia, che ospitava vasti insediamenti di tribù di nativi americani, tra cui i Cherokee, venne esplorata nel 1583 dagli inviati della Regina Elisabetta I di Inghilterra, da cui la regione prese il nome (Elisabetta era detta "la regina vergine". Originariamente il territorio denominato Virginia comprendeva, oltre al Kentucky e alla West Virginia, anche la costa dalla Carolina del Sud fino al Maine e le Bermuda. Nel 1607 partì la colonizzazione della Virginia, che andò a rilento per controversie con i nativi americani, fino alla ribellione nel 1676. Negli anni della colonizzazione, e in particolare nel XVIII secolo, la Virginia divenne uno degli stati con il maggior utilizzo di schiavi. Nel 1776 la Virginia aderì alla rivolta contro gli inglesi, e il governatore Thomas Jefferson spostò la capitale a Richmond, ritenutà più sicura da eventuali attacchi. Nel 1788, fu il decimo stato ad entrare nell'Unione, e fu uno dei più attivi nella stesura della Costituzione. Nel 1792 il territorio del Kentucky divenne stato autonomo. Alla metà del XIX secolo le tensioni dovute allo schiavismo si fecero via via più forti, e nel 1861 lo stato dichiarò la secessione dagli USA aderendo ai Confederati, dopo un breve tentativo di diventare uno stato indipendento. Richmond divenne la capitale degli Stati Confederati, e nel 1863 la parte nord-ovest dello stato si separò, diventando la West Virginia. Dopo la fine della guerra di Secessione, la Virginia fu costretta ad abolire la schiavitù e a riconoscere i diritti agli afroamericani, ciononostante le tensioni razziali non si sopirono.
Dalla fine dell'800 in poi la Virginia ha una tradizione Democratica, tanto che per avere un governatore repubblicano si è dovuto aspettare fino al 1970. Negli ultimi decenni tuttavia i Repubblicani hanno guadagnato terreno sia a livello locale che federale.
La popolazione è composta per il 75% da bianchi, e per il 20% da afro-americani, consistente la presenza di asiatici. L'economia si basa sulla coltivazione di tabacco, pomodori e soia, soprattutto al sud, mentre nelle altre parti dello stato è ben sviluppata l'industria dell'alta tecnologia, ma anche il settore governativo, con basi militari e agenzie federali. L'Università della Virginia è una delle più note al mondo.


Per i Democratici, la Virginia mette in palio un totale di 101 delegati, di cui 83 pledged e 18 super-delegati, con il sistema della primaria aperta. Degli 83 delegati elettivi, 54 sono assegnati proporzionalmente in base ai risultati negli 11 distretti elettorali, mentre gli altri 29 sono distribuiti sulla base del risultato globale.
La Virginia è uno degli stati in cui, a giudicare dai sondaggi, Oabama ha effettuato una clamorosa rimonta. Le analisi del Washington Post a ottobre davano la Clinton a quasi il 50%, mentre oggi tutti i sondaggi danno Obama in nettissimo vantaggio: SurveyUSA, che finora è l'istituto più credibile, dà il senatore dell'Illinois al 59% contro il 39% della Clinton, mentre Rasmussen dà Obama al 55% e la Clinton al 37%. Quest'ultimo sondaggio mette in evidenza come la Clinton sia però ancora leader tra le donne bianche e gli anziani. Inoltre, la presenza di entrambi i candidati nello stato nei giorni precedenti alle votazioni, può ancora spostare i valori.


Per i Repubblicani, lo stato mette in palio 63 delegati, tutti elettivi. La formula del "winner-take-all" conferisce al candidato con più voti in assoluto tutti i delegati in palio. Nel caso in cui il candidato vincente dovesse ritirarsi prima della convention nazionale, i 63 delegati saranno liberi da ogni vincolo con quel candidato, anche se dovesse presentarsi come vicepresidente o se facesse endorsement per un altro.
I sondaggi del Washington Post di ottobre davano Rudy Giuliani in testa con il 34%, ma dopo il suo ritiro il leader è sempre stato McCain, con il 45% prima del ritiro di Romney e con il 57% dopo, secondo due diverse ricerche di Survey USA del 6 e dell'8 febbraio. Huckabee è accreditato al 25% e Paul al 9%

Verso il voto: le primarie in Maryland

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La provincia del Maryland nacqua nel 1632 quando George Calvert, Barone di Baltimore, chiese ed ottenne dal re d'Inghilterra Carlo I la patente per poter creare questo nuovo territorio. Calvert morì quell'anno stesso, e la patente passò al figlio, che fondò di fatto la colonia nel 1634. Il nome è un omaggio non alla Madonna ma alla moglie di Carlo I, Henrietta Maria.
Il Maryland fu una delle poche colonie inglesi a maggioranza cattolica, e con l'Atto di Tolleranza del 1649 fu uno dei primi paesi al mondo a riconoscere la libertà religiosa, anche se limitata ai cristiani che riconoscevano la Trinità (venne allargata ad ebrei ed unitaristi due secoli dopo).
Questa particolare caratteristica rese il Maryland teatro di accesi scontri a sfondo religioso: nel 1650, quando la vicina Virginia rese obbligatorio il culto anglicano, i Puritani si spostarono in massa nel Maryland, si ribellarono a Calvert, presero il potere e misero fuori legge cattolici e anglicani, avviando una persecuzione che durò per 8 anni, fino a che i Calvert non ripresero il potere.
Il Maryland fu una delle 13 colonie a ribellarsi agli inglesi, e nel 1788 fu il settimo ad entrare nell'Unione.
Attualmente la popolazione dello stato ammonta a 5.558.058 abitanti, il 19° più popoloso, con una densità di 172 abitanti per kmq. La capitale è Annapolis, la città più popolosa è Baltimora.
Il Maryland è uno stato dalla tradizione saldamente Democratica, anche se negli ultimi anni i Repubblicani sono riusciti a conquistare, dopo quasi mezzo secolo, la poltrona di Governatore.
L'economia si basa sui servizi e in particolar modo sui trasporti, anche a causa della vicinanza con Washington D.C. E' molto sviluppato il settore della ricerca. La popolazione è per il 60% bianca e per il 35% afroamericana.


Per i Democratici, il Maryland mette in palio 99 delegati, di cui 70 elettivi e 29 super-delegati, con il sistema della primaria chiusa. Dei 70 pledged, 46 delegati vengono assegnati proporzionalmente sulla base dei risultati negli 8 distretti elettorali, e i delegati sono sollegati ai candidati già nelle liste di voto. Gli altri 24 delegati elettivi vengono assegnati sulla base dei risultati ottenuti in tutto lo stato. Il 1 maggio si terrà la convention statale che nominerà i 29 super-delegati.
Gli ultimi sondaggi danno Barak Obama in netto vantaggio, un vantaggio cominciato già nei primi di gennaio. Un sondaggio SurveyUSA dell'8 febbraio assegna a Obama il 52% delle preferenze contro 33% della Clinton, mentre Rasmussen accredita a Obama il 57% e alla Clinton il 31%. Secondo quest'ultima indagine, l'83% degli interpellati ritiene che Obama potrà vincere le elezioni se otterrà la nomination.


Per i Repubblicani, il Maryland mette in palio 37 delegati, di cui 34 elettivi e 3 unpledged. 24 delegati sono assegnati in base ai risultati negli 8 distretti elettorali, 3 per ogni distretto con la formula del "winner-take-all", mentre gli altri 10 delegati elettivi vengono assegnati al candidato che otterrà il maggior numero assoluto di voti. Anche i 3 delegati unpledged verranno assegnati automaticamente al candidato vincitore nello stato.
John McCain era favorito dai sondaggi già prima del ritiro di Mitt Romney, anche se era insediato da Rudy Giuliani, ma negli ultimi poll la sua leadership sembra certa: l'ultimo sondaggio di SurveyUSA, dell'8 febbraio, dà il senatore dell'Arizona al 56%, contro il 17% di Mike Huckabee e il 10% di Ron Paul.

lunedì 11 febbraio 2008

Aggiornamento sui delegati Democratici

L'impressionante serie di vittorie incassata da Obama dopo il Super Tuesday ha ulteriormente mosso la agitatissima graduatoria dei delegati in casa democratica, ovviamente spostando i numeri a favore del senatore nero.
Se all'indomani del Super Martedì la NBC era l'unica a dare Obama in vantaggio (anche se senza calcolare i super delegati), oggi anche la CBS e RealClearPolitics, che precdentemente davano la Clinton avanti, hanno rivisto le proprie stime. A favore della Clinton rimangono la ABC, la Associated Press, CNN e Fox News, ma tutti dicono che il distacco si sta assottigliando.
Ecco un riassunto testata per testata
http://www.mccartyphotoworks.com/about/newsimages/abc_news_logo.gif
Clinton: 1.128
Obama: 1.116

http://edwardhtse.googlepages.com/AssociatedPressLogo.PNG/AssociatedPressLogo-full.jpg
Clinton: 1.136
Obama: 1.108

http://www.uniteddefensegroup.com/images/cbs_news_logo.jpg
Obama: 1.134
Clinton: 1.131

http://www.atlantadowntown.com/connectcardsite/images/CNN%20Logo.jpg
Clinton: 1.141
Obama: 1.128

http://www.kosherdelight.com/NewsLogos/NewsLogoFoxNews.jpg
Clinton: 1.136
Obama: 1.108

http://www.cbc.ca/gfx/pix/msnbc_logo.jpg
Obama: 943 (senza superdelegati)
Clinton: 895

http://fantasy08.realclearpolitics.com/aav2/images/rcPolitics/logo_sub.gif
Obama: 1.143
Clinton: 1.138

Aggiungo infine che, stando ai conteggi che ho tenuto, la Clinton ha 922 delegati elettivi e 1119 delegati in totale, mentre Obama ha 986 delegati elettivi e 1094 delegati in totale.

Lo spot di Caroline Kennedy per Obama

Questo è lo spot con protagonista Caroline Kennedy e che sta facendo il giro dei network americani dalla vigilia del Super Tuesday



"Un tempo avevamo un presidente che riempiva le persone di speranza, e ci ha portato a fare grandi cose insieme. Oggi Barack Obama ci dà la stessa opportunità. Ci fa sperare di nuovo in noi stessi, perchè se restiamo uniti possiamo affrontare ogni sfida. Le persone mi ricordano sempre quanto mio padre le ha ispirate, io provo lo stesso entusiasmo adesso. Barack Obama può risollevare l'America e renderci di nuovo una nazione"

Verso il voto: le primarie nel Distretto di Columbia

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District of Columbia è un distretto federale degli Stati Uniti che comprende la capitale, Washington D.C. Fu fondato dal Congresso nel 1791, a seguito di una disposizione della Costituzione, e venne scelta un'area di 159 kmq (poi saliti a 179) tra il Maryland, la Virginia e il fiume Potomac. Il sito fu scelto dal presidente Washington con lo scopo di creare un distretto che ospitasse tutte insieme le istituzioni della nazione. Le due cittadine, una del Maryland e un della Virginia, al cui posto nacque DC divennero due distretti municipali distinti.
Lo scopo di D.C. è quello di ospitare la città di Washington, capitale degli USA. Washington D.C. conta 588.292 abitanti, ma la'rea metropolitana della città è molto più vasta, e si allarga negli stati confinanti: oltre al Distretto di Columbia conta 7 contee del Maryland, 5 contee della Virginia e 5 città autonome della Virginia, per un totale di 5.290.000 abitanti, l'ottava città più grande degli USA.
L'economia di Washington D.C. si basa quasi esclusivamente sul governo federale che impiega, direttamente o indirettamente, una buona parte della popolazione. E' il motivo per cui la zona è una delle poche degli USA, se non l'unica, a non soffrire la recessione.
La popolazione è composta per quasi il 60% da afroamericani, e per il 40% da bianchi.

Per i Democratici, D.C. mette in palio un totale di 38 delegati, di cui solo 15 elettivi e ben 23 super-delegati. I 15 delegati pledged vengono eletti il 12 febbraio, con una soglia di sbarramento al 15%. 10 delegati vengono assegnati proporzionalmente sulla base dei voti nei due distretti municipali, mentre gli altri 5 sono assegnati sulla base dei risultati assoluti. La convention del 3 aprile selezionerà invece i 23 super delegati che parteciperanno alla convention nazionale.
Non ci sono sondaggi recenti sul distretto, anche a causa del basso numero di delegati elettivi, ma Barack Obama ha ricevuto l'endorsement dell'attuale sindaco di Washington Adrian fenty e del suo predecessore Marion Barry.

Per i Repubblicani, Washington D.C. mette in palio 19 delegati, di cui 16 elettivi e 3 unpledged, con la formula della primaria chiusa. I 16 delegati elettivi vengono assegnati con il sistema del "winner-take-all" al candidato con il maggior numero di voti in assoluto, mentre i 3 selezionati dal partito andranno alla convention senza assegnazione.
Alcuni "straw polls" sul distretto davano Mitt Romney in vantaggio, ma adesso dovrebbe essere John McCain il favorito, anche se Ron Paul dovrebbe ottenere qui un risultato notevole. Poche le chance di Huckabee.

Risultati 10 febbraio: Maine

A dispetto di tutte le previsioni, l'onda lunga di Obama travolge la Clinton anche nel bianco e borghese Maine, stato a detta di tutti decisamente favorevole alla senatrice. Più che per numero dei delegati, questa vittoria è importantissima dal punto di vista simbolico.


Democratici


Maine

Barack Obama: 59,5% (15 delegati)
Hillary Clinton: 39,9% (9)

domenica 10 febbraio 2008

Un giornalista offende Chelsea, la Clinton minaccia il boicottaggio



La campagna elettorale di Hillary Clinton si arricchisce di un altro capitolo polemico. Stavolta l'obiettivo non è Barack Obama ma il canale all-news della NBC, la MSNBC, colpevole di aver usato una metafora volgare sulla ex first-daughter Chelsea.
Sul banco degli accusati è il cronista David Shuster che, commentando l'impegno di Chelsea Clinton nella campagna di Hillary ha detto che la ragazza era stata "pimped out" ("mandata a battere") dalla madre per farle prendere più voti.
Howard Wolfson, capo ufficio stampa di Hillary, ha definito il commento "al di là della soglia del disprezzo", e ha ventilato l'ipotesi che la senatrice boicotti ogni futura apparizione sull'intero network, e quindi anche sul canale principale, che dovrebbe ospitare presto un dibattito tra i candidati).
Shuster si è scusato in più occasioni già dal giorno successivo, ed è stato poi sospeso dal network, ma la NBC continua ad essere nel mirino dello staff della Clinton perchè è ritenuta simpatizzante di Obama (ricordiamo che è stato il primo network a dare Obama in vantaggio nel numero di delegati).
Dopo l'attivazione dei canali diplomatici, la Clinton ha inviato una lettera aperta al direttore di NBC News, Steve Capus, dicendo di aver apprezzato le scuse ma di non essere ancora pronta per accettarle e chiudere l'incidente.

Verso il voto: i caucus democratici nel Maine

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A poco più di una settimana di distanza dal turno repubblicano, la giostra della primarie torna nel piccolo stato dell'estremo nord-est degli USA, uno dei primi territori esplorati dai conquistatori europei, un tempo parte del vicino Massachusetts.
Il Maine è composto da una popolazione bianca per oltre il 97%, con un 1% di neri e presenze residuali di ispanici e nativi americani.
Il PIL del Maine è il 29° degli USA, e l'economia dello stato si basa essenzialmente sull'agricoltura, in particolar modo sulla coltivazione di frutta. La pesca, un tempo principale fonte di guadagno, conserva un posto di rilievo nell'economia, soprattutto per quanto riguarda il commercio di aragoste.

Per i Democratici, il Maine mette in palio 34 delegati, 24 elettivi e 10 super-delegati, con la formula del caucus chiuso. Oggi, nei caucus municipali, verranno scelti i delegati presenti alla convention statale del 31 maggio. In quella occasione, i 24 delegati elettivi verranno ripartiti come segue: 16 delegati vengono assegnati proporzionalmente in base alle preferenze dei delegati statali nei due distretti elettorali del Maine (9 delegati per il primo distretto e 7 per il secondo), mentre i restanti 8 delegati vengono assegnati in base ai risultati dei candidati in tutto lo stato, con una soglia di sbarramento al 15%. In quella occasione vengono nominati anche i 10 super-delegati che andranno alla convention di Denver, ufficialmente senza assegnazione.
Gli ultimi sondaggi risalgono all'ottobre scorso, e la Clinton era in testa con il 46% delle preferenze. In favore della Clinton ci sono anche la particolare composizione dell'elettorato democratico (in maggioranza donne e anziani, benestanti) che coincide con il target della senatrice, che infatti ha vinto anche nei vicini stati del New Hampshire e del Massachusetts. Finora, però, la formula del caucus ha visto quasi sempre vincere Obama, e questo elemento potrebbe rendere più incerto il risultato.

Risultati 9 febbraio: Louisiana, Nebraska, Kansas, Virgin Islands, Washington

Barack Obama sbanca i caucus del 9 febbraio, doppia la Clinton in Nebraska e a Washington, supera il 90% nelle Virgin Islands e vince con distacco in Louisiana, colmando così parte del gap nel numero totale di delegati.

Huckabee vince in Kansas e Louisiana beneficiando del ritiro di Romney. McCain è matematicamente irragiungibile, ma non è detto che riesca a conquistare la maggioranza assoluta di delegati: il turno di sabato non è stato molto positivo per l'eroe del Vietnam

Democratici


Louisiana

Barack Obama: 57,39% (28 delegati)
Hillary Clinton: 35,63% (20)

Nebraska

Barack Obama: 67,70% (16 delegati)
Hillary Clinton: 32,30% (8)

U.S. Virgin Islands
Barack Obama: 91,8% (3 delegati)
Hillary Clinton: 8,2%

Washington

Barack Obama: 68,40% (35)
Hillary Clinton: 31,60% (14)


Repubblicani



Kansas

Mike Huckabee: 59,58% (36 delegati)
John McCain: 23,50% (0)
Ron Paul: 11,18%
Mitt Romney: 3,35%


Louisiana

Mike Huckabee: 43,18%
John McCain: 41,91%
Mitt Romney: 6,34%
Ron Paul: 5,33%

Washington

John McCain: 25,74%
MIke Huckabee: 23,94%
Ron Paul: 20,77%
Mitt Romney: 16,72%