sabato 2 febbraio 2008

Verso il Super Tuesday: le primarie in Massachusetts

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Con 6.416.000 abitanti, il Massachusetts è il 13° stato più popoloso degli Usa, ed è quello in cui, nel 1620, attraccarono i Padri Pellegrini a bordo della Mayflower. Nel 1776 fu roccaforte degli indipendentisti. La capitale è Boston, che con 589.000 abitanti è anche la città più popolosa.
La sua particolare posizione ha reso questo stato particolarmente soggetto alla migrazione da parte europea, e infatti ancora oggi è piuttosto consistente la percentuale di cittadini di origine italiana.
L'economia dello stato si basa essenzialmente sull'industria, in particolare tessile e cartaria, l'agricoltura ha un ruolo marginale mentre è particolarmente fiorente l'industria del turismo. Il Massachusetts ospita due delle università più famose al mondo, Harvard e il MIT.

Nelle primarie del 2000 e del 2004, il candidato democratico uscito vincente dal Massachussets ha anche ottenuto la nomination, ma nel 1992 Bill Clinton perse contro Paul Tsongas, che dello stato era rappresentante al Congresso. Il Massachusetts assegna ai Democratici 121 delegati: 93 pledged e 28 super-delegati. I 93 delegati eletti vengono assegnati proporzionalmente come segue: 61 sono assegnati in base ai risultati dei 10 collegi elettorali, mentre 32 sono distribuiti sulla base dei voti ottenuto globalmente in tutto lo stato. I 28 superdelegati vengono successivamente scelti dalla convention statale tra leader del partito e rappresentanti eletti.
I sondaggi di gennaio davano Hillary Clinton in netto vantaggio su Barack Obama, con oltre 20 punti di distacco. L'ultimo sondaggio, di Rasmussen, risalente al 30 gennaio, vede invece ridotto il distacco a 6 punti, con la Clinton al 43% e Obama al 37%. Al momento del sondaggio, Edwards non si era ancora ritirato e gli era stato assegnato un 11% di preferenze, che a questo punto andrà a ridistribuirsi tra i due contendenti rimasti in gara, decidendo il risultato finale. Tra gli elettori di Edwards, il 78% ha una buona opinione di Obama, mentre solo il 58% la ha della Clinton. I sondaggi di Survey Usa successivi al ritiro di Edwards danno invece la Clinton in vantaggio di 24 punti.

Per i Repubblicani, il Massachusetts assegna 40 delegati eletti, più 3 unpledged. I delegati vengono assegnati secondo questo meccanismo: 30 vanno proporzionalmente ai candidati su base statale, con una soglia di sbarramento al 15%. Il 13 maggio la convention statale elegge gli altri 10 delegati, che vengono assegnati sulla base del risultato elettorale nello stato, e nella stessa occasione vengono nominati delegati 3 leader di partito.
Nel 2000 John McCain aveva sconfitto George W. Bush, ma questa volta gli sarà impossibile fare il bis. La gara sembra inevitabilmente appannagio di Mitt Romney, che del Massachusetts è stato governatore dal 2003 al 2007, lasciando un ottimo ricordo di sè.
Tutti i sondaggi sembrano d'accordo nell'assegnare un vantaggio di oltre 20 punti a Romney, che è al 55% secondo Rasmussen e al 57% secondo Survey Usa, mentre McCain oscilla tra il 23% (ma questo dato risale a prima del ritiro di Giuliani) al 34%. Huckabee, nonostante la forte componente cristiana nello stato, dovrebbe fermarsi al di sotto della soglia di sbarramento. Nei sondaggi Rasmussen si riporta tuttavia che la stessa percentuale di elettori nello stato ritiene Romney e McCain adatti a ricevere la nomination.

Il Los Angeles Times fa endorsement per Obama e McCain


A tre giorni dal Super Tuesday anche il Los Angeles Times fa endorsement, ed è un endorsement importante non solo perchè riguarda il principale quotidiano dello Stato che assegna il maggior numero di delegati, ma anche perchè il LA Times è piuttosto restio ad esplicitare il proprio sostegno.
I candidati scelti dal quotidiano sono John McCain per i Repubblicani e Barack Obama per i Democratici.
Ecco alcuni passaggi significativi dei due editoriali:

"In un momento differente della storia americana, avremmo esitato a sostenere un candidato con vedute così diverse dalle nostre. Ma in queste elezioni, c'è in ballo nientemeno che il ruolo dell'America nel mondo. Perciò la nostra scelta per la nomination Repubblicana è sicura e di cuore. E' John McCain.
McCain si oppone all'aborto ed è contrario ai matrimoni omosessuali - due posizioni che rifiutiamo. Supporta la guerra in Iraq, laddove noi riteniamo che un immediato ritiro delle truppe sia nell'interesse della nazione. Ma il conservatorismo del senatore dell'Arizona, anche se non di nostro gradimento, è genuino. Riflette il suo individualismo di fondo, la sua sfiducia in un grande governo, il suo supporto a una riforma dell'immigrazione e la sua insistenza su una nuova politica estera. [...]
Unico tra i candidati Repubblicani, chiuderebbe il centro di detenzione di Guantanamo, che è diventato un simbolo mondiale dell'arroganza statunitense.
[...] Poi c'è un argomento in cui McCain ha rotto l'ortodossia Repubblicana, e su
cui il partito farebbe bene ad appoggiarlo: l'immigrazione. Mentre i Repubblicani hanno trasformato questa campagna in un'orgia di ignoranza sull'immigrazione, McCain ha sponsorizzato una legislazione che favorirebbe la cittadinanza per gli 11 o 12 milioni di immigrati clandestini.[...] Allo stesso modo, McCain ha messo il suo partito di fronte alla dura realtà
dell'emergenza climatica. [...]
Noi apprezziamo l'abilità analitica di Mitt Romney e il suo operato come
governatore del Massachusetts, ma ha passato così tanto tempo a convincere i
Repubblicani di essere uno di loro da aver perso di vita i valori [...] Mike
Huckabee è un brav'uomo, con un ammirevole curriculum da governatore
dell'Arkansas, ma il suo fondamentalismo cristiano infonde talmente tanto le sue
visioni da averlo messo ai margini.
Non siamo d'accordo con John McCain su tutti gli argomenti. Ma ammiriamo la
sua convinzione e siamo con lui sugli argomenti che ora sono più importanti"


"Invitiamo gli elettori a rendere storico questo momento scegliendo il Democratico più impegnato a portare la nazione ad un vero cambiamento. Noi appoggiamo con convinzione Barack Obama.
Il Senatore dell'Illinois si è distinto come leader in grado di superare le divisioni tipiche delle campagne elettorali e proporsi in opposizione alla politica distruttiva. Elettrizza i giovani, non solo perchè è giovane, ma perchè impersona il desiderio di passare ad un nuovo capitolo della storia americana. Porta con sè le profonde conoscenze delle relazioni estere e delle lotte della nostra nazione. [...]
Obama e la sua rivale Hillary Clinton hanno posizioni simili. Entrambi sono favorevoli
ad un ritiro delle truppe dall'Iraq. Entrambi si sono impegnati a riformare il
sistema sanitario. Entrambi criticano i fallimenti della presidenza Bush. [...]
Con due candidati così allineati sulle stesse posizioni, guardiamo alle loro abilità e alle potenzialità come leaders. La Clinton è una servitrice dello stato la cui elezione porterebbe competenza alla Casa Bianca. Ma l'esperienza non ha valore senza il coraggio e la capacità di giudizio.
Non c'è stato questo giudizio quando, nel 2003, il Congresso è stato chiamato a decidere se accettare o rifiutare la disastrosa invasione dell'Iraq. La Clinton ha fallito
il test.[...] Nell'ultimo dibattito, la Clinton ha ricordato che Obama non era ancora in Senato durante quella votazione. Ma Obama era comunque in politica, vedeva il pericolo di quella scelta e delle sue conseguenze e lo diceva. E aveva ragione.
Obama dimostra di essere attento al terrorismo, e non si opporrebbe ad un'azione militare quando necessaria. Non si oppone a tutte le guerre ma, come ha detto una volta, solo alle "guerre stupide".[...]
Di contrasto, un ritorno della Clinton alla Casa Bianca in cui è stata first lady per 8 anni, porterebbe ad un revival dei trionfi e delle polemiche di quell'era. Certo, la Presidenza di Bill Clinton è stata un periodo di crescita, e i Democratici ne sono giustamente nostalgici. Ma sono stati anche anni di infuocate polemiche politiche, come hanno ricordato anche i recenti commenti dell'ex presidente. L'elezione di Hillary Clinton porterebbe a due decenni di duelli post-reaganiani tra due famiglie, i Bush e i Clinton. [...]
Parlando per metafore, la Clinton è un saggio solido e ragionato; Obama è un poema,
lirico e ricco di possibilità. La Clinton sarebbe un dirigente competente, ma Obama ha la sua stessa sostanza e qualcosa in più che manca da molto alla nazione - un senso di aspirazione"

Rassegna stampa democratica: il dibattito, caccia ai delegati, il perchè dell'endorsement di Kennedy, Jackson getta acqua sul fuoco

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Il primo dibattito uno-contro-uno non si trasforma in un duello all'arma bianca come in molti prevedevano. Rispondendo agli inviti ad abbassare i toni, arrivati da tutte le parti, Obama e la Clinton hanno messo da parte le ostilità dando vita ad un dibattito sereno in cui hanno messo in evidenza le loro differenze tanto quanto le loro affinità. La Clinton è sembrata più spigliata e in forma di Obama, ma questo può dipendere da un gioco delle parti finalizzato a mostrarsi sotto una nuova luce: la ex-first lady ha provato a nascondere l'aria severa e glaciale che le viene sempre imputata, mentre il senatore dell'Illinois ha adottato uno stile più sobrio e "presidenziale".
Nella cornice del Kodak Theatre di Los Angeles, con una folla di supporter in strada degna di stelle del cinema, i due candidati si sono confrontati essenzialmente su tre temi: il sistema sanitario, la guerra in Iraq, e la rispettiva esperienza politica.
Sul primo tema, Obama ha riconosciuto che i due programmi sono uguali "al 95%", ma il suo permetterà di ridurre i costi. La Clinton ha ribattuto che lei è intenzionata ad allargare l'assistenza sanitaria a tutti gli americani. Sull'Iraq, la Clinton si è dovuta difendere dall'accusa di aver votato a favore dell'intervento militare nel 2002 (adducendo come giustificazione che la Casa Bianca le aveva detto che l'intervento sarebbe servito solo per far tornare gli ispettori dell'Onu) mentre Obama ha ribadito che è meglio avere un presidente "che fin dall'inizio abbia ritenuto quell'intervento una cattiva idea". Sull'ultimo tema, c'è stato uno scambio di battute sorridenti su chi dei due sarebbe più capace di far iniziare il cambiamento sin dal primo giorno.
E' stata poi la volta dell'attacco ai Repubblicani, in particolar modo a Bush e a John McCain, evidentemente visto come il più probabile candidato. McCain è stato accusato di aver spalleggiato un ingiusto taglio di tasse per i benestanti.
E' seguito uno sperticato elogio di John Edwards, in cui ognuno dei due candidati ha cercato di accreditarsi come il più vicino alle posizioni del senatore della North Carolina.

Caccia ai delegati
Con il Super Martedì le Primarie entrano in una nuova fase, e per la prima volta negli ultimi 20 anni rischia di finire con una caccia all'ultimo delegato invece che in una corsa a vincere con ampio margine negli stati più importanti. "Dobbiamo competere in ogni stato, non possiamo trascurarne nessuno, ma la cosa più importante è conquistare quanti più delegati puoi" ha detto David Plouffe, capo dello staff di Obama. Questo, oltre a causare un approccio aggressivo e dinamico, comporta un particolare metro di giudizio dei singoli risultati, poichè il candidato con più voti potrebbe non essere quello che avrà conquistato più delegati. Tra i Democratici potrà infatti verificarsi il caso in cui, la notte del 5, un candidato festeggerà la vittoria nel maggior numero di stati, e l'altro festeggerà la conquista della maggioranza di delegati.
Un altro discorso riguarda i super-delegati. In caso di mancato quorum da parte di uno dei due candidati, i super-delegati (governatori, dirigenti di partito, ma anche ex presidenti e vicepresidenti e candidati ritirati come Christopher Dodd) potrebbero essere l'ago della bilancia. Alcuni di loro decideranno secondo le proprie inclinazioni personali o vicinanza politica, altri hanno già fatto sapere che appoggeranno il candidato che uscirà vincente dal Super Tuesday. Introdotti nel 1980, i super-delegati hanno sempre appoggiato il candidato uscito in vantaggio dalle primarie, ma se questo non dovesse esserci allora dobbiamo prepararci ad una convention dall'esito incertissimo, in cui i super-delegati dovranno fare una scelta decisiva (e magari cambiare idea rispetto alle precedenti intenzioni di voto).

Il perchè dell'endorsement di Ted Kennedy
Sul Washington Post, la columnist Mary Ann Akers propone un retroscena dell'endorsement dato da Ted Kennedy a Barack Obama. "Una fonte vicina alla famiglia dice che Kennedy si è molto adirato quando la Clinton ha lodato il ruolo del presidente Lyndon B. Johnson nell'approvazione del Civil Rights Act nel 1964". Kennedy ha visto in quel commento un'implicita offesa di suo fratello John Fitzgerald, che fu il primo a lanciare l'iniziativa. L'irritazione è aumentata quando la Clinton, anzichè correggersi ha ribadito la sua posizione. Pare che, successivamente, la senatrice abbia telefonato a Ted Kennedy per scusarsi, ma ormai era tardi. Inoltre Kennedy si è detto"furioso" per il tono e la strategia adottati da Bill Clinton in questa campagna. Va ricordato che il clan Kennedy, che tradizionalmente si muove come un sol uomo, in questa campagna si è spaccato, poichè gli eredi di Robert Kennedy (che Obama ricorda certo più di JFK) si sono invece schierati con la Clinton. "Ho una grande ammirazione per Obama, ha un carisma straordinario, parla benissimo, parla in poesia, e so che questo è molto attraente, ma Hillary è più preparata a guidare, dal primo giorno, il paese" ha detto la figlia di Bob.

Jesse Jackson getta acqua sul fuoco
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Bill Clinton, per sminuire la vittoria di Obama in South Carolina, ha ricordato che Jesse Jackson aveva vinto nello stato con capitale Columbia nel 1984 e nel 1988, senza poi ottenere la nomination. Come a dire che Obama era il solito perdente.
Già domenica il reverendo, paladino della lotta per i diritti dei neri, ha gettato acqua sul fuoco dichiarando di non aver trovato nulla di offensivo nelle dichiarazioni dell'ex presidente. Jackson ha però spiegato di aver parlato con Obama a proposito delle recenti polemiche, e di avergli consigliato di "resistere alla tentazione di scendere a quel livello". Tuttavia, cercando di mantenere il perfetto equilibrio, ha aggiunto che "Bill Clinton ha fatto così tanto per favorire le relazioni interraziali che tenderei a non leggere nessun accento negativo nei suoi commenti".
Il revedendo Jackson è uno degli sponsor politici di Obama, così come suo figlio Jesse Jackson Jr., mentre la moglie Jacqueline ha fatto endorsement per la Clinton.

venerdì 1 febbraio 2008

Rassegna stampa repubblicana: il dibattito, i cristiani "scomunicano" McCain ma Schwarzenegger lo appoggia



Erano in quattro, a contare davvero erano in tre, ma la sfida è stata a due. Il dibattito repubblicano con McCain, Romney, Huckabee e Paul si è tenuto nella Reagan Library, con alle spalle nientemeno che l'Air Force One usato dal presidente Reagan.
Il dibattito è stato senza esclusione di colpi, sia Romney che McCain sanno quanto è importante la sfida di martedì prossimo, ma i temi e i toni hanno ricordato la "vecchia politica", quella che gli americani vorrebbero sorpassare.
Romney ha accusato l'avversario di usare "dirty tricks", con particolare riferimento alle dichiarazioni degli scorsi giorni, quando McCain aveva citato un presunto piano di ritiro dall'Iraq da parte di Romney. L'ex governatore del Massachusetts ha respinto l'accusa, ma McCain ha replicato ricordando che è stato proprio Romney a dare il via alla campagna di veleni, con milioni spesi in pubblicità denigratorie all'inizio delle primarie. Successivamente lo ha accusato di usare tattiche da "era Nixon".
Il dibattito - in cui per una volta non si è parlato della Clinton - ha avuto come tema di fondo "chi è il più conservatore?", e vista la location, lo spettro di Reagan aleggiava sui presenti. Spettro diventato concreto alla domanda: "Reagan farebbe endorsement per te?"
Romney ha risposto: "Certo, perchè abbiamo lo stesso punto di vista. Vinceremo la guerra, abbasseremo le tasse e la spesa pubblica, proteggeremo la vita e il matrimonio"
Paul: "Ho fatto campagna elettorale per lui nel 1976. Non so cosa farebbe oggi, ma sicuramente saremmo in sintonia"
McCain: "Di certo Reagan non approverebbe chi cambia le proprie posizioni solo per essere eletto. Era saldo nei suoi principi"
Huckabee: "Sarei incredibilmente presuntuoso ed arrogante suggerire che Reagan mi avrebbe appoggiato. Non so chi avrebbe appoggiato, ma io appoggerei lui"

I cristiani "scomunicano" McCain...
James Dobson, presidente dell'associazione cristiana Focus on the Family ha dichiarato che "in nessuna circostanza appoggerà McCain". Il leader cristiano gestisce una radio e una rivista che raggiungono milioni di persone ogni giorno, presso cui ha una grande influenza.
La dichiarazione è arrivata durante una trasmissione radiofonica in cui era ospite di Jerry Johnson, ed ha seguito la riproposizione di una dichiarazione di McCain in cui il candidato faceva un'apertura nei confronti dei matrimoni gay.
Dobson ha una visione molto netta della questione: sostiene che "la tolleranza e la diversità solo sciocchezze dette per promuovere sottotraccia l'omosessualità" a proposito della quale sostiene che si tratti di una preferenza non genetica, la cui colpa va ascritta a quei padri che non insegnano ai figli a praticare "la mascolinità".
Alla dichiarazione di Dobson ne sono seguite altre da parte di opinion maker cristiani, che hanno promosso la candidatura dell'evangelico Huckabee e del mormone Romney.

...ma Schwarzenegger lo appoggia
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Non più di due settimane fa aveva detto che non avrebbe fatto endorsement nei confronti di nessun candidato, ma poi dopo gli ultimi risultati ha cambiato idea. "Governator" Arnold Schwarzenegger alla Reagan Library, il giorno dopo il dibattito repubblicano, ha annunciato il suo pieno appoggio a John McCain, di cui ha lodato soprattutto la crociata contro gli sprechi nella spesa pubblica. L'endorsement del governatore della California ha un'importanza pari a quello del governatore della Florida Charlie Crist, il cui appoggio a McCain è da tutti ritenuto un elemento chiave nella vittoria del senatore dell'Arizona nello "stato del sole". Schwarzenegger ha un grande seguito tra i Repubblicani californiani, e potrebbe consentirgli un grosso appoggio anche nella raccolta fondi. Allo stesso tempo, Schwarzie è anche ben visto dagli indipendenti per alcune sue posizioni poco conservatrici (tra l'altro è anche sposato con Maria Shriver, nipote di John F. Kennedy) e il suo endorsement potrebbe fare presa sugli indecisi.

Romney & Huckabee
Romney sembra aver perso il "momentum" ma, forte anche delle sue risorse personali, è ben deciso ad andare sino in fondo. Romney sa benissimo che, nel caso in cui nessun candidato arrivi alla convention con la maggioranza assoluta di delegati, sarà il partito a decidere la nomination, e il partito supporta lui molto più di McCain. Così, mentre il rivale si spende personalmente in meeting e conferenze, Romney spende i milioni di dollari raccolti in una massiccia campagna pubblicitaria in tutti gli stati del Super Tuesday.
Anche Huckabee è deciso ad andare sino in fondo e, a dispetto delle previsioni, non si ritirerà prima del 5 febbraio. Huckabee, dopo il dibattito, è corso a fare campagna negli stati del Sud in cui ha maggiori possibilità di vincere. La sua presenza in gara preoccupa soprattutto Romney, a cui il pastore battista contende l'elettorato cristiano più accanito.

Un'analisi sull'elettorato di Edwards


di Jon Cohen (Washington Post)

Edwards esce dalla corsa più conosciuto - sia in positivo che in negativo - di quando ci era entrato. Nell'ultimo sondaggio WPost-Abc, il 57% ha detto di avere un'impressione positiva di lui, contro il 34% che ne aveva un'impressione negativa. A Dicembre 2006, il 49% aveva una visione positiva e il 25% negativa (nel frattempo, le percentuali di chi non aveva opinione sono passate dal 25 al 9%).
Chi è che lo sosteneva, e cosa farà adesso?
Per certi versi, Edwards occupava uno spazio intermedio tra la Clinton e Obama. I suoi sostenitori, secondo i sondaggi Post-Abc, hanno come priorità "il cambiamento" più di quelli della Clinton, ma sono meno propensi a metterlo in pratica rispetto a quelli di Obama.
Ma sotto altri aspetti, l'ex senatore ha avuto un appeal unico nei primi stati in cui si è votato. In Iowa, New Hampshire, South Carolina e Florida gli elettori che hanno dichiarato di votarlo perchè "è quello che si interessa maggiormente alle persone come noi" sono almeno il doppio di quelli che hanno dichiarato la stessa cosa riguardo gli altri due contendenti. In South Carolina, più della metà degli elettori di Edwards ha dichiarato che l'empatia è la caratteristica più importante in un candidato, e in questo segmento di elettorato Edwards ha sempre vinto o è stato competitivo in tutti e quattro gli stati.
E chi conquisterà questi elettori? Negli ultimi sondaggi Post-Abc, la Clinton era di una incollatura sopra Obama come candidato che comprende meglio i loro problemi.
Ci sono altri segnali che dicono che gli elettori di Edwards affronteranno una dura scelta: in South Carolina e in Florida, in cui gli exit poll chiedevano come si sarebbero sentiti in caso di nomination della Clinton o di Obama, i due candidati hanno ottenuto la stessa percentuale di gradimento. Inoltre, 6 elettori su 10 della Carolina del Sud e circa metà degli elettori della Florida hanno detto che sarebbero stati soddisfatti allo stesso modo di entrambi i candidati.
Nonostante la sua campagna sia stata concentrata sul tema della povertà, Edwards non ha mai avuto un grande seguito tra i votanti meno abbienti. La Clinton ha avuto la leadership tra i più poveri negli stati in cui si è votato finora.

giovedì 31 gennaio 2008

I soldi delle primarie

Mai come quest'anno i soldi hanno rappresentato un elemento così importante nella campagna elettorale per le primarie. La presenza di candidati dotati di un grande patrimonio personale, assieme alla presenza di notevoli interessi economici in ballo, ha fatto sì che in queste primarie 2008 siano state raccolte e spese cifre da record, mai viste in precedenza. Questo ha anche avuto come conseguenza un rapido calo del numero di candidati in ballo, e ha diminuito il numero di outsider (praticamente ridotto al solo Huckabee).
Basti pensare che nelle prime due settimane di primarie, i sei candidati favori dei due partiti hanno raccolto in totale 400 milioni di dollari, e ne hanno speso l'80%. Ora, nelle vicinanze del Super Tuesday, molti candidati sono letteralmente in bolletta, e i motivi dei ritiri eccellenti di queste ultime ore vanno ricercati anche in questo aspetto.
E per il Super Tuesday, molti candidati stanno dirottando i loro investimenti pubblicitari sulle reti via cavo CNN e Msnbc, più economiche, piuttosto che sui tradizionali spazi all'interno del Super Bowl, che quest'anno hanno raggiunto prezzi da capogiro.

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I Democratici sono quelli che hanno raccolto la maggior parte di questi fondi. Al primo posto c'è ovviamente Hillary Clinton, che ha ricevuto un totale di 90.935.788 $ di cui la stragrande maggioranza da singoli individui, tanto da potersi permettere anche di rifiutare l'appoggio di un discusso gruppo californiano, Vote Hope. Finora ne ha spesi oltre 40.000.000.
Al secondo posto c'è Barack Obama, con 80.256.426 $ interamente donati da singoli individui. Finora ne ha spesi 44.000.000. Il mese di gennaio ha visto però il senatore dell'Illinois superare la rivale, con ben 32 milioni raccolti.
Ben distanziato c'è (c'era) John Edwards, che ha raccolto 30.329.152 $ e ne ha spesi circa 18 milioni. Pur avendo ancora in cassa 12 milioni, non poteva pensare di fare il botto il 5 febbraio, ed ecco uno dei motivi del suo ritiro.
Con Edwards fuori gioco, rientrano in ballo i suoi finanziatori. Pochi minuti dopo il suo ritiro, i consiglieri di Obama e della Clinton si sono subito fatti sotto con i donatori chiedendo il loro appoggio. Deborah Rappaport, una filantropa di San Francisco che nell'ultimo mese ha finanziato Edwards, ha già annunciato che questa settimana farà raccolta fondi per Obama, garantendogli il suo aperto supporto. Anche l'avvocato Mitchell berger, che in passato ha appoggiato Al Gore, si unirà al team di Obama. Per ora, tra i finanziatori di Edwards, solo l'avvocato J.J. McKernan ha annunciato che appoggerà la Clinton, di cui è vecchio amico.
Tra gli altri Democratici, i soldi sono stati la più importante causa di ritiro: Dodd, Biden e Kucinich hanno raccolto circa un decimo dei due front-runner, e Richardson ha fatto poco meglio, con circa 18 milioni di dollari, tutti finiti nel giro di poche settimane. Chi ha raccolto meno di tutti è Mike Gravel, con meno di mezzo milione di dollari, che però è ancora in corsa.

L'immagine “http://media.washingtonpost.com/wp-dyn/content/photo/2007/01/17/PH2007011701330.jpg” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.
Tra i Repubblicani, l'unico che non ha problemi è il milardario Mitt Romney. L'ex governatore del Massachusetts ha messo insieme 62.829.070 $, di cui oltre 17 milioni provengono dal suo patrimonio personale. Finora ne ha spesi ben 53 milioni, ma non c'è dubbio che in caso di bisogno potrà ancora attingere alle proprie tasche.
Chi ha raccolto più fondi tra i privati cittadini è stato Rudy Giuliani, con 47.253.521 $, di cui oltre 30 però spesi nella fallimentare campagna elettorale in Florida. Sembra paradossale, ma lo staff di Giuliani ha lavorato senza ricevere stipendio proprio perchè tutti i milioni raccolti sono stati investiti in pubblicità e altro.
Nel caso di Giuliani, il suo principale finanziatore, Richard Hug, ha già detto che non sosterrà altri candidati, mentre il facoltoso avvocato Richard Naylor (che era candidato come delegato per Giuliani in California) si è già unito alla campagna di McCain.
Proprio John McCain è sicuramente il candidato che finora è riuscito ad ottenere il miglior risultato con il minore sforzo. Ha raccolto 32.124.785 $, la maggior parte da singoli cittadini ma una minima parte anche da gruppi di potere e dal partito, e ne ha spesi 28.636.157. McCain aveva terminato il 2007 con oltre 4 milioni di dollari, ma la vittoria nelle prime votazioni gli ha permesso di mettere insieme 7 milioni di dollari nelle ultime settimane. Adesso l'appoggio di Naylor lo dovrebbe mettere in una situazione finanziaria più solida.
Chi è invece letteralmente in bolletta è Mike Huckabee, che però ha davvero fatto miracoli, visto che è arrivato ancora in corsa al Super Tuesday avendo raccolto solo 2.345.798 $, di cui quasi 2 milioni già spesi. Anche lo staff di Huckabee lavora senza aver ancora percepito uno stipendio, e il candidato ha deciso di non spendere altri soldi per la pubblicità nei maggiori stati.
E' particolarmente parsimonioso Ron Paul, che ha raccolto 8.268.453 $ e ne ha spesi meno di 3, visto che la sua campagna elettorale si svolge soprattutto con apparizioni 'in loco' più che con spot pubblicitari.
Aveva raccolto 12.828.111 $ Fred Thompson, ma ne ha spesi quasi la metà nelle prime settimane, senza risultati.

Il New York Post appoggia Obama

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L'altro quotidiano di New York, il Post di proprietà del magnate Rupert Murdoch, fa endorsement e appoggia Barack Obama.
Il Post non ha certo l'autorevolezza del NYTimes, ed è spesso accusato di eccedere nel sensazionalismo e del gossip. Oltretutto è di tendenze politiche piuttosto conservatrici.
Tuttavia con un editoriale uscito oggi traccia un quadro piuttosto netto, anche se in linea con il suo stile aggressivo, della situazione in campo democratico, e invita a votare per il senatore dell'Illinois. Ecco la traduzione dei passi salienti.

"Noi invitiamo gli elettori a votare per Obama - un candidato ancora da mettere alla prova, questo è vero, ma da preferire alla senatrice di New York. Obama rappresenta un nuovo punto di partenza. La sua avversaria, e suo marito, rappresentano invece un deja vu - un ritorno agli anni opportunistici, segnati dagli scandali e moralmente reprensibili della infinitamente indulgente co-presidenza Clinton.
L'America davvero vuole passare di nuovo attraverso tutto questo? Lo farà, se la Senatrice Clinton diventerà Presidente. Questo è diventato dolorosamente evidente.
I trucchi della campagna violentemente egocentrica di Bill Clinton portano alla mente ricordi talmente brutti e tristi che è difficile capire da dove cominciare [...]
Certo, Obama non è privo di difetti[...] Sulla sicurezza nazionale, la sua visione è
oltremodo ingenua, candidamente inconsapevole del fatto che l'America deve
difendersi contro chi ha giurato di distruggerla [...] "Cambiare" tanto per cambiare non è una base di partenza credibile. Tuttavia è un uomo molto intelligente, con grandi precedenti da conciliatore. E, di nuovo. non è il Team Clinton. E questo conta davvero molto.[...]
E non dimentichiamo il cinismo politico che è un marchio di fabbrica dei Clinton. Come spiegare altrimenti la contraddittorietà della politica della Clinton: ha votato per la guerra in Iraq, ma ora dice che è stata una cattiva idea. [...]
Almeno Obama ha la capacità di ispirare. Di nuovo, non siamo d'accordo con Obama su tanti argomenti, ma molti Democratici sì. E lui dovrebbe essere la loro scelta, martedì prossimo. "

Verso il voto: i caucuses repubblicani nel Maine

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Schiacciati tra il "big event" della Florida e il Super Martedì, i caucuses nel piccolo stato reso celebre in tutto il mondo da tanti romanzi e racconti di Stephen King rischiano di passare inosservati.
Con 1.317.253 abitanti, lo stato montuoso all'estremo nord est degli Usa è il 40° stato più popoloso d'America, la sua capitale è Portland ed è diviso in 16 contee.
Le votazioni si svolgeranno in tre giorni, tra l'1 e il 3 febbraio. Il sistema di voto è un caucus chiuso modificato, in cui gli indipendenti e coloro che votano per la prima volta possono registrarsi come Repubblicani fino a 30 minuti prima del voto. Possono partecipare anche i minorenni che compiranno 18 anni entro novembre.
I delegati in palio sono 18, e vengono assegnati con il sistema proporzionale, mentre 3 delegati unpledged verranno decisi dalla convention statale.
Poichè il 3 febbraio è anche il giorno del Super Bowl, quel giorno saranno aperti solo 3 caucuses, e pertando i risultati quasi definitivi saranno diramati già dalla serata del 2 febbraio.
I sondaggi svolti nel Maine prima dell'inizio delle primarie davano in vantaggio Mitt Romney con 4 punti di vantaggio su Rudy Giuliani, ma il 50% degli intervistati si era dichiarato indeciso. Vista la vicinanza dello stato con il New Hampshire, è facile imaginare un risultato simile, con un testa a testa tra Romney e McCain. Dovrebbe piazzarsi bene anche Ron Paul, l'unico dei candidati a fare campagna elettorale nel Maine nell'ultima settimana.

Giuliani si ritira e sostiene McCain



E' la giornata dei ritiri eccellenti, e quello di Giuliani è senz'altro il più clamoroso. La corsa di quello che doveva essere uno dei front-runner di queste primarie non è praticamente mai cominciata, vittima di una strategia rivelatasi fallimentare e, probabilmente, di un consenso nel paese decisamente inferiore a quanto ci si aspettasse. D'altronde Giuliani è un personaggio dalla fama controversa, che fino al 10 settembre 2001 è stato al centro di critiche e attacchi feroci per la sua gestione di New York, salvo poi diventare un eroe nazionale dopo gli attacchi alle Torri Gemelle. Inoltre, alcune posizioni politiche sull'immigrazione e sull'aborto lo hanno messo ai margini dell'ortodossia repubblicana, e l'aver concentrato il suo programma sulla lotta al terrorismo mentre l'attenzione degli americani è sull'economia ha fatto il resto.
In ogni caso, Giuliani ha preso atto della disfatta e, con dignità, ha preferito evitare l'umiliazione di essere sconfitto proprio nella "sua" New York e si è fatto indietro.
Stasera, alla Reagan Library in California, Giuliani ha annunciato la sua decisione e, contestualmente, ha fatto endorsement verso un raggiante John McCain, che ha vissuto oggi una giornata da incorniciare.
"John McCain è il più qualificato candidato ad essere il prossimo comandante in capo degli USA, è un eroe americano" ha detto l'ex sindaco.
Visto che Giuliani ha un solo delegato e quindi il suo ruolo nella convention sarà più che marginale, bisognerà ora vedere se l'appoggio è semplicemente 'morale', o se Giuliani farà anche campagna elettorale per McCain, e in quest'ultimo caso potrebbe anche entrare in gioco per una eventuale vicepresidenza.
Intanto, dalla California giungono voci secondo cui McCain potrebbe ricevere l'endorsemente del Governatore Arnold Schwarzenegger prima di martedì.

mercoledì 30 gennaio 2008

Ultim'ora: John Edwards si ritira

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Non aspetterà il Super Tuesday, John Edwards annuncerà quest'oggi alle 19 ora italiana il suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca. Seguiranno aggiornamenti.
Il ritiro di Edwards solleva tre ordini di questioni:
in primo luogo, i 26 delegati conquistati finora (più 3 super-delegati accreditati). Come voteranno alla convention? Se anche Edwards dovesse appoggiare un candidato, i delegati non sono obbligati a seguirlo, perchè dal momento in cui Edwards si ritira, i suoi delegati sono liberi da qualsiasi vincolo.
In secondo luogo, ci sono almeno 30 super delegati in stati in cui ancora non si è votato, che avevano dichiarato il loro appoggio ad Edwards. Come si riposizioneranno?
In terzo luogo, gli elettori. Edwarda aveva un seguito di donne di età medio-alta (che solitamente sono più vicine alla Clinton) e di uomini appartenenti alle classi sociali più basse (vicini a Obama). A prescindere da un eventuale endorsement di Edwards, il loro riposizionamento sarà decisivo in molti stati del Super Tuesday in cui Obama e la Clinton sono piuttosto vicini.
Nel discorso tenuto a New Orleans, Edwards ha parlato delle cause per cui si è battuto - la povertà, il sistema scolastico, il sistema sanitario - e ha spiegato di aver parlato in questi giorni con i suoi due contendenti
"Sia la Senatrice Clinton che il Senatore Obama mi hanno garantito che metteranno al centro del loro impegno le mie cause, la lotta alla povertà e l'appoggio alle classi proletarie. Mi hanno entrambi garantito che se verranno eletti alla Casa Bianca si impegneranno a mettere fine alla povertà" ha dichiarato. Ha poi ringraziato tutti i suoi supporter e li ha invitato a continuare a impegnarsi e a far sentire la loro voce.
Come previsto, nessun endorsement, e nel primo pomeriggio un senatore repubblicano ha dichiarato che Edwards aveva intenzione di appoggiare Obama ma a questo punto "non crede più nella possibilità che Obama possa ottenere la nomination".

La Clinton chiede i delegati della Florida?



Nei giorni scorsi, i soliti bene informati all'interno dell'entourage di Hillary Clinton facevano sapere che la senatrice era molto seccata per il fatto che la Florida non avrebbe avuto delegati eletti alla convention. Quando il partito ha deciso di penalizzare lo stato, tutti i candidati sono stati d'accordo nel boicottaggio, ed evidentemente la Clinton non pensava che quei voti potessero essere decisivi. Quando, in settimana, si è recata in Florida a fare campagna elettorale nonostante tutto, si è sparsa la voce che la ex first lady abbia anche chiesto non ufficialmente la restituzionei delegati sottratti allo stato. E' bastata questa semplice voce a indispettire pesantemente il partito, che ha parlato apertamente di scorrettezza. Oggi, dopo la sonante vittoria, potrebbe essere il giorno della verità, e la Clinton potrebbe far sapere se davvero ha intenzione di appoggiare presso il partito il ricorso della Florida. Ma è molto, molto improbabile che accada, sia per la disapprovazione che genererebbe nel partito, sia perchè rappresenterebbe un precedente molto grave. Nel caso in cui però si arrivi alla convention di agosto senza candidati con la maggioranza dei delegati, la questione potrebbe tornare a galla.

Risultati 29 gennaio: Florida

Dopo un testa a testa risolto solo con l'ultima manciata di voti, John McCain vince le primarie in Florida superando Romney e, grazie al sistema "winner takes all", si aggiudica tutti e 57 i delegati in palio, facendo un deciso salto verso la nomination.
Per la vittoria di McCain è stato decisivo il successo ottenuto tra gli over-60 e soprattutto tra gli ispanici e gli elettori di origine cubana, che hanno votato per lui nella misura del 54%, contro il 14% di Romney.
Ma il risultato più clamoroso riguarda Rudy Giuliani. Si sapeva che era in caduta libera, ma la realtà è stata anche peggiore delle previsioni: 15%, quasi raggiunto da Huckabee. A questo punto l'ex sindaco di New York è vicinissimo alla resa, e già di parla di endorsement a favore di McCain (per quel che può contare, visto che ha solo un delegato).

La sfida simbolica tra i Democratici viene invece vinta dalla Clinton, che conquista esattamente la metà dei votanti., anche se va detto che l'affluenza al voto degli elettori democratici è stata abbastanza bassa.

Democratici

GENNAIO


3 gennaio: Iowa

Barack Obama: 37,6% (16 delegati)
John Edwards: 29,8% (14)
Hillary Clinton: 29,5% (15)
Bill Richardson: 2,11%
Joe Biden: 0,93% (ritirato)
Chris Dodd: 0,2% (ritirato)


8 gennaio: New Hampshire

Hillary Clinton: 39% (9 delegati)
Barack Obama: 37% (9)
John Edwards: 17% (4)
Bill Richardson: 5%
Dennis Kucinich: 1%

15 gennaio: Michigan

Hillary Clinton: 55,4%
Uncommitted: 39,9%
Dennis Kucinich: 3,7%
Chris Dodd (ritirato): 0,6%
Mike Gravel: 0,4%

19 gennaio: Nevada

Hillary Clinton: 50,71% (12 delegati)
Barack Obama: 45,19% (13 delegati)
John Edwards: 3,75%
Dennis Kucinich: 0,05%

26 gennaio: South Carolina

Barack Obama: 55,4% (25 delegati)
Hillary Clinton: 26,5% (12)
John Edwards: 17,6% (8)
Mike Gravel: 0,05%

29 gennaio: Florida

Hillary Clinton: 49,7% (0 delegati)
Barack Obama: 33% (0)
John Edwards: 14,4%
Mike Gravel: 0,3%

FEBBRAIO
Next: 5 febbraio: Alabama, Alaska, American Samoa, Arizona, Arkansas, California, Colorado, Connecticut, Delaware, Democrats aboard, Georgia, Idaho, Illinois, Kansas, Massachusetts, Minnesota, Missouri, New Jersey, New Mexico, New York, North Dakota, Oklahoma, Tennessee, Utah
9 febbraio: Louisiana, Nebraska, U.S. Virgin Island, Washington,
10 febbraio: Maine
12 febbraio: Washington DC, Maryland, Virginia
19 febbraio: Wisconsin, Hawaii

MARZO
4 marzo: Ohio, Rhode Island, Texas, Vermont
8 marzo: Wyoming
11 marzo: Mississippi

APRILE
22 aprile: Pennsylvania

MAGGIO
3 maggio: Guam
6 maggio: Indiana, North Carolina
13 maggio: West Virginia
20 maggio: Kentucky, Oregon
24 maggio: Wyoming (5 di 12)

GIUGNO
1 giugno: Puerto Rico
3 giugno: South Dakota, Montana


Repubblicani


GENNAIO


3 gennaio: Iowa


Mike Huckabee: 34,3% (17 delegati)
Mitt Romney: 25,3% (12)
Fred Thompson: 13,4% (3)
John McCain: 13,1% (3)
Ron Paul: 10% (2)
Rudolph Giuliani: 3,5%
Duncan Hunter: 0,4%

5 gennaio: Wyoming (12 delegati su 28)

Mitt Romney: 67% (8 delegati)
Fred Thompson: 25% (3)
Duncan Hunter 8% (1)

8 gennaio: New Hampshire

John McCain: 37% (7 delegati)
Mitt Romney: 32% (4)
Mike Huckabee: 11% (1)
Rudy Giuliani: 9%
Ron Paul: 8%
Fred Thompson: 1%
Duncan Hunter: 0,53%

15 gennaio: Michigan

Mitt Romney: 38,9% (24 delegati)
John McCain: 29,7% (5)
Mike Huckabee: 16,1% (1)
Ron Paul: 6,3%
Fred Thompson: 3,7%
Rudolph Giuliani: 2,8%
Uncommitted: 2,1%
Duncan Hunter: 0,3%

19 gennaio: Nevada

Mitt Romney: 51,10% (18 delegati)
Ron Paul: 13,73% (4)
John McCain: 12,75% (4)
Mike Huckabee: 8,16% (2)
Fred Thompson: 7,94% (2)
Rudy Giuliani: 4,31% (1)
Duncan Hunter: 2,01%

19 gennaio: South Carolina

John McCain: 33% (19 delegati)
Mike Huckabee: 30% (5)
Fred Thompson: 16%
Mitt Romney: 15%
Ron Paul: 4%
Rudy Giuliani: 2%

29 gennaio: Florida

John McCain: 36% (57 delegati)
Mitt Romney: 31,1% (0)
Rudy Giuliani: 14,6%
Mike Huckabee: 13,5%
Ron Paul: 3,2%

Nb. I caucuses della Lousiana si tengono il 22 gennaio, ma le primarie sono spostate al 9 febbraio e l'assegnazione finale dei delegati è fissata per il 16 febbraio alla convention statale.

FEBBRAIO
Next: 1-3 febbraio: Maine
5 febbraio: Alabama, Alaska, Arizona, Arkansas, California, Colorado, Connecticut, Delaware, Georgia, Illinois, Massachusetts, Minnesota, Missouri, Montana, New Jersey, New York, North Dakota, Oklahoma, Tennessee, Utah, West Virginia (18 di 27)
9 febbraio: Kansas, Louisiana, Washington (18 di 37)
12 febbraio: Washington DC, Maryland, Virginia
16 febbraio: Louisiana (convention statale), Guam
19 febbraio: Wisconsin, Washington (19 di 37)
23 febbraio: US Virgin island
24 febbraio: Puerto Rico

MARZO
1 marzo: American Samoa
4 marzo: Ohio. Rhode Island, Texas, Vermont
11 marzo: Mississippi

APRILE
22 aprile: Pennsylvania

MAGGIO
6 maggio: Indiana, North Carolina
13 maggio: Nebraska, West Virginia (9 di 27)
16 e 18 maggio: Hawaii
20 maggio: Kentucky, Oregon
27 maggio: Idaho
31 maggio: Wyoming (2 di 18)

GIUGNO
3 giugno: South Dakota, New Mexico
14 giugno: Iowa convention (3 di 14)

martedì 29 gennaio 2008

Sei motivi per cui l'endorsement di Kennedy è importante

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Di Mark Halperin (TIME)

  1. Ted Kennedy ha un grande seguito di ispanici, e molta influenza in California e in altri stati del Super martedì in cui Obama è debole
  2. Il marchio dei Kennedy: il messaggio di cambiamento, vitalità, legittimazione del partito, e energia giovanile.
  3. La stampa nazionale sarà ossessionata da questo fatto per i prossimi giorni, senza controindicazioni per Obama; la copertura della stampa locale nei luoghi in cui Kennedy farà campagna elettorale sarà gigantesca.
  4. Manda un messaggio agli altri senatori e super-delegati: va bene essere per Obama, non bisogna aver paura dei Clinton.
  5. Ha un enorme seguito nella classe operaia tradizionalmente democratica, un punto debole di Obama.
  6. Ha un enorme seguito tra i sindacati della grande industria, un altro punto debole di Obama.

Rassegna stampa repubblicana: il dibattito in Florida, volano accuse tra candidati, Lieberman appoggia McCain

L'immagine “http://i.l.cnn.net/cnn/2008/POLITICS/01/24/republicans.debate.ap/art.GOP.ap.jpg” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.
Il dibattito tra i cinque candidati repubblicani superstiti, alla vigilia del delicato voto in Florida, sembra confermare l'ipotesi del Washington Post su una base del GOP riunita per attaccare Hillary Clinton. L'ex first lady è stata al centro dei pensieri soprattutto di Romney, Giuliani e McCain. La Clinton è stata accusata soprattutto di non avere una posizione ben delineata sull'Iraq, e di essere a favore di un aumento delle tasse. Proprio la questione economica sta assumento un'importanza cruciale nella campagna elettorale, un recente sondaggio ha mostrato che il tema è al primo posto fra le preoccupazioni degli americani, seguito dalla sicurezza e solo dopo dalla politica estera. Questa situazione avvantaggia Romney, che sin dall'inizio ha fatto del taglio delle tasse il suo cavallo di battaglia. McCain ha cercato di recuperare terreno (lui che è definito dai detrattori "un democratico travestito" in tema fiscale) garantendo il suo voto per rendere permanente il taglio delle tasse voluto da Bush.
Giuliani è stato messo di fronte al crollo dei consensi registrato nelle ultime settimane: l'ex sindaco di New York se l'è cavata con una battuta a sfondo sportivo, paragonandosi alla squadra di football dei NY Giants, che dopo una stagione travagliata è arrivata a giocare il SuperBowl. In realtà la situazione di Giuliani non è rosea e molti osservatori sottolineano che la sua strategia di partire dalla Florida, anche se in un certo senso obbligata, è destinata a fallire.
Il dibattito è stato all'insegna del fair-play, e alla fine c'è stata anche la riconciliazione tra Huckabee e McCain dopo l'episodio con protagonista Chuck Norris.

Volano accuse tra i candidati
Terminato il dibattito, è però terminato anche il fair-play, e vista l'importanza della posta in palio (soprattutto con il premio di maggioranza) c'era da aspettarselo. McCain ha attaccato Romney ricordando delle dichiarazioni di un anno fa in cui l'ex governatore del Massachusetts si dichiarava a favore di un ritiro dall'Iraq. Romney ha reagito stizzito chiedendo le scuse di McCain che a suo avviso "stra tentando disperatamente di spostare l'attenzione del discorso dall'economia all'Iraq". McCain ha a sua volta risposto che "le scuse le deve fare Romney agli uomini e alle donne che stanno servendo la nazione e che noi non abbandoneremo".
Successivamente, McCain è tornato all'attacco ricordando una serie di provvedimenti presi da Romney da governatore (sull'emissione di gas serra, sull'immigrazione e sul fisco) che ha poi rinnegato nel corso di questa campagna elettorale e nel suo programma politico. In particolare, McCain ha sottolineato che per Romney "combattere l'inquinamento rappresenta un danno per l'economia".
Questo scambio di gentilezze fa ben capire che per i due candidati conquistare la Florida è importantissimo, e fa anche comprendere che entrambi ritengono Giuliani fuori dai giochi.

Lieberman appoggia McCain
L'immagine “http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b8/Joe_Lieberman_official_portrait.jpg/160px-Joe_Lieberman_official_portrait.jpg” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.
Rudy Giuliani tenta la carta cubana. In settimana ha parlato ad un gruppo di cittadini originari di Cuba e ha ricordato loro di essersi opposto a una visita di Fidel Casto e New York.
L'elettorato di origine cubana sembrerebbe però più favorevole a McCain, la cui campagna elettorale al momento è in pieno fermento. Il senatore dell'Arizona ha ottenuto l'endorsement di Mel Martinez, influente senatore di origine cubana e principale referente della numerosa comunità americo-cubana di Miami "Appoggio l'uomo che sono certo diventerà il peggiore incubo di Fidel Castro" ha dichiarato, in inglese e in spagnolo. E ieri McCain ha incassato anche l'endorsement del Governatore dello Stato, Charlie Crist.
Ma un appoggio inaspettato per McCain arriva da un Democratico, e non da uno qualsiasi, ma dal candidato vicepresidente di Al Gore alle presidenziali del 2000, Joe Lieberman.
Primo candidato ebreo alla vicepresidenza, Lieberman è molto influente tra la nutrita comunità ebraica di Miami (che viene ritenuta più vicina a Giuliani perchè composta da vecchi newyorkesi trapiantati) .
Lieberman è un Democratico sui generis: dopo la sconfitta del 2000 si è progressivamente allontanato dal partito, soprattutto a causa delle sue posizioni in politica estera. Favorevole all'intervento in Iraq e in generale alla politica estera di Bush, perse le primarie democratiche per il Senato due anni fa e uscì dal partito candidandosi da indipendente e vincendo.
Lieberman, secondo un suo collaboratore, "non è d’accordo con McCain su parecchie questioni di politica interna, compreso aborto e leggi antidiscriminazione, ma sulla questione chiave, cioè sulla questione centrale del comandante in capo e del leader nella guerra contro l’estremismo islamico, la pensa esattamente come lui” (da Italian Blogs For McCain) e si sta spendendo per farlo vincere in Florida.

Interrotto il riconteggio in New Hampshire

(ANSA) - WASHINGTON - Lo stato del New Hampshire ha interrotto il riconteggio dei voti nelle primarie dei democratici dello scorso 8 gennaio, senza aver trovato traccia di frodi e confermando la vittoria della senatrice Hillary Clinton. Era stato uno dei candidati minori, Dennis Kucinich, a chiedere il riconteggio, sostenendo che c'erano indizi di imbrogli e perfino di interventi di hackers sui computer elettorali per cambiare l'esito del voto.Kucinich ha pagato di tasca propria le operazioni, come prevede la legge del New Hampshire. Le autorità locali si sono fermate dopo aver riesaminato il 40% delle schede, interrompendo il riconteggio non appena sono andati esauriti i 27.000 dollari versati da Kucinich. Le operazioni hanno permesso di individuare solo una manciata di conteggi errati, dovuti a errori umani. La Clinton ha perso 25 voti su oltre 48.000 ricontati, mentre Barack Obama, arrivato secondo, ne ha persi 7 su oltre 38.000.

lunedì 28 gennaio 2008

Verso il voto: le primarie in Florida

L'immagine “http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/ad/Florida_state_flag.png/120px-Florida_state_flag.png” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.

Con una popolazione di 17.397.161 abitanti, la Florida è il quarto stato più popoloso degli Usa e di conseguenza una tappa fondamentale nel cammino delle primarie, non solo per numero di delegati in palio. La Florida ha una composizione di abitanti piuttosto simile a quella della maggior parte della nazione e soprattutto delle zone più popolose e produttive, pertanto il voto espresso alle primarie e alle presidenziali viene considerato sempre molto indicativo delle tendenze generali. Non è un caso che i candidati usciti vincitori dalla Florida negli ultimi vent'anni siano sempre stati quelli che poi hanno conquistati la nomination (per non parlare dell'importanza cruciale dello stato nelle presidenziali, Al Gore ne sa qualcosa): Michael Dukakis, Bill Clinton, Al Gore e John Kerry per i Dems, George Bush, Bob Dole e George W. Bush per il GOP hanno vinto in Florida ed hanno poi ottenuto la nomination.

Anche la Florida, come già successo al Michigan, è stata penalizzata per aver deciso di tenere le elezioni al di fuori della data concordata del 5 febbraio. I candidati hanno deciso di disertare la campagna elettorale e il Partito Democratico ha deciso che nessun delegato della Florida sarà ammesso alla convention nazionale, lasciando alla tornata elettorale del 29 gennaio un valore puramente simbolico. Ad essere penalizzata da questa decisione è soprattutto Hillary Clinton, che dai sondaggi risultava in grandissimo vantaggio nello stato, e che quindi poteva portare a casa una buona parte dei 185 delegati (+ 25 superdelegati) originariamente assegnati dalla Florida. Secondo gli ultimi sondaggi, la Clinton dovrebbe sfiorare il 50% di voti con un vantaggio medio di quasi il 20% su Obama, vantaggio che però è nettamente in calo rispetto ai sondaggi delle settimane scorse, che in certi casi superava il 30%.

Il Partito Repubblicano ha invece deciso di limitarsi a dimezzare il numero dei delegati assegnati dalla Florida, che così passano a 57 dai 114 originariamente previsti.
In Florida vige un sistema elettorale con premio di maggioranza, e in origine la suddivisione dei 114 delegati seguiva questo schema: 75 sarebbero stati divisi tra i candidati con più voti nei 25 distretti elettorali mentre i restanti 39 (36 delegati + 3 unpledged selezionati alla convention statale) sarebbero stati assegnati come premio di maggioranza al candidato col più alto numero di voti in tutto lo stato. Con la penalizzazione, questi numeri verranno dimezzati.
La Florida è lo stato-chiave della campagna elettorale di Rudy Giuliani, e la cartina di tornasole delle sue reali possibilità, essendo il primo in cui scende realmente in campo. L'ex sindaco di New York ha fatto campagna elettorale in Florida e/o a proposito della Florida sin dall'inizio delle primarie, spendendo qui una gran parte delle sue risorse economiche e non solo. I sondaggi precedenti alle primarie lo davano in vantaggio, ma a partire dall'Iowa in poi Giuliani ha perso costantemente terreno a favore di Romney, McCain e anche di Huckabee.
Le primarie in Florida sono chiuse agli indipendenti, e questo potrebbe penalizzare John McCain. Gli ultimi sondaggi sottolineano una situazione di grande incertezza: tre dei maggiori istituti di ricerca danno Romney in vantaggio di circa 4 punti percentuali, ma altri tre danno in vantaggio McCain con circa 2 punti sul rivale. Reuters/Zogby non si sbilancia e dà i due contendenti in pareggio (27,1% di Romney contro il 26,7% di McCain). Giuliani non è più dato in vantaggio da nessuno degli ultimi sondaggi, gli allibratori danno la sua vittoria probabile al 3,1% e dovrebbe alla fine fermarsi al 20% dei voti.

Bill Clinton has a dream...

Che Bill Clinton sia sfiancato dalla campagna elettorale al seguito della moglie è risaputo, come dimostra il suo viso tirato e gli scatti d'ira, insoliti per lui, nei confronti della stampa.
La conferma è arrivata durante una delle tante commemorazioni di Martin Luther King tenutesi in questa settimana. Durante un appassionato discorso sul reverendo di "I have a dream", l'ex presidente non è riuscito a tenere gli occhi aperti, e sono stati inutili i tentativi di dissimulare il sonno annuendo ripetutamente.

domenica 27 gennaio 2008

Risultati 26 gennaio: South Carolina

Va oltre le più rosee previsioni il risultato di Barack Obama nello stato a maggioranza afroamericana. Il senatore dell'Illinois conquista più del doppio dei voti di Hillary Clinton, distanziandola del 28%. Basterà questo a riaprire i giochi? Difficile dirlo, ma senza dubbio dimostra che la Clinton ha e avrà notevoli difficoltà con l'elettorato nero. Ma un dato clamoroso riguarda anche il voto fra i bianchi: secondo le stime, tra l'elettorato bianco Edwards ha preso più voti di tutti, anche della Clinton.

Intanto, notizia dell'ultim'ora, Ted Kennedy ha dichiarato che appoggia Obama e farà campagna elettorale per lui.


Democratici

GENNAIO


3 gennaio: Iowa


Barack Obama: 37,6% (16 delegati)
John Edwards: 29,8% (14)
Hillary Clinton: 29,5% (15)
Bill Richardson: 2,11%
Joe Biden: 0,93% (ritirato)
Chris Dodd: 0,2% (ritirato)


8 gennaio: New Hampshire

Hillary Clinton: 39% (9 delegati)
Barack Obama: 37% (9)
John Edwards: 17% (4)
Bill Richardson: 5%
Dennis Kucinich: 1%

15 gennaio: Michigan

Hillary Clinton: 55,4%
Uncommitted: 39,9%
Dennis Kucinich: 3,7%
Chris Dodd (ritirato): 0,6%
Mike Gravel: 0,4%

19 gennaio: Nevada

Hillary Clinton: 50,71% (12 delegati)
Barack Obama: 45,19% (13 delegati)
John Edwards: 3,75%
Dennis Kucinich: 0,05%

26 gennaio: South Carolina

Barack Obama: 55,4% (25 delegati)
Hillary Clinton: 26,5% (12)
John Edwards: 17,6% (8)
Mike Gravel: 0,05%

Next: 29 gennaio: Florida

FEBBRAIO
5 febbraio: Alabama, Alaska, American Samoa, Arizona, Arkansas, California, Colorado, Connecticut, Delaware, Democrats aboard, Georgia, Idaho, Illinois, Kansas, Massachusetts, Minnesota, Missouri, New Jersey, New Mexico, New York, North Dakota, Oklahoma, Tennessee, Utah
9 febbraio: Louisiana, Nebraska, U.S. Virgin Island, Washington,
10 febbraio: Maine
12 febbraio: Washington DC, Maryland, Virginia
19 febbraio: Wisconsin, Hawaii

MARZO
4 marzo: Ohio, Rhode Island, Texas, Vermont
8 marzo: Wyoming
11 marzo: Mississippi

APRILE
22 aprile: Pennsylvania

MAGGIO
3 maggio: Guam
6 maggio: Indiana, North Carolina
13 maggio: West Virginia
20 maggio: Kentucky, Oregon
24 maggio: Wyoming (5 di 12)

GIUGNO
1 giugno: Puerto Rico
3 giugno: South Dakota, Montana


Repubblicani


GENNAIO


3 gennaio: Iowa


Mike Huckabee: 34,3% (17 delegati)
Mitt Romney: 25,3% (12)
Fred Thompson: 13,4% (3)
John McCain: 13,1% (3)
Ron Paul: 10% (2)
Rudolph Giuliani: 3,5%
Duncan Hunter: 0,4%

5 gennaio: Wyoming (12 delegati su 28)

Mitt Romney: 67% (8 delegati)
Fred Thompson: 25% (3)
Duncan Hunter 8% (1)

8 gennaio: New Hampshire

John McCain: 37% (7 delegati)
Mitt Romney: 32% (4)
Mike Huckabee: 11% (1)
Rudy Giuliani: 9%
Ron Paul: 8%
Fred Thompson: 1%
Duncan Hunter: 0,53%

15 gennaio: Michigan

Mitt Romney: 38,9% (24 delegati)
John McCain: 29,7% (5)
Mike Huckabee: 16,1% (1)
Ron Paul: 6,3%
Fred Thompson: 3,7%
Rudolph Giuliani: 2,8%
Uncommitted: 2,1%
Duncan Hunter: 0,3%

19 gennaio: Nevada

Mitt Romney: 51,10% (18 delegati)
Ron Paul: 13,73% (4)
John McCain: 12,75% (4)
Mike Huckabee: 8,16% (2)
Fred Thompson: 7,94% (2)
Rudy Giuliani: 4,31% (1)
Duncan Hunter: 2,01%

19 gennaio: South Carolina

John McCain: 33% (19 delegati)
Mike Huckabee: 30% (5)
Fred Thompson: 16%
Mitt Romney: 15%
Ron Paul: 4%
Rudy Giuliani: 2%

Next: 29 gennaio: Florida
Nb. I caucuses della Lousiana si tengono il 22 gennaio, ma le primarie sono spostate al 9 febbraio e l'assegnazione finale dei delegati è fissata per il 16 febbraio alla convention statale.


FEBBRAIO
1 febbraio: Maine
5 febbraio: Alabama, Alaska, Arizona, Arkansas, California, Colorado, Connecticut, Delaware, Georgia, Illinois, Massachusetts, Minnesota, Missouri, Montana, New Jersey, New York, North Dakota, Oklahoma, Tennessee, Utah, West Virginia (18 di 27)
9 febbraio: Kansas, Louisiana, Washington (18 di 37)
12 febbraio: Washington DC, Maryland, Virginia
16 febbraio: Louisiana (convention statale), Guam
19 febbraio: Wisconsin, Washington (19 di 37)
23 febbraio: US Virgin island
24 febbraio: Puerto Rico

MARZO
1 marzo: American Samoa
4 marzo: Ohio. Rhode Island, Texas, Vermont
11 marzo: Mississippi

APRILE
22 aprile: Pennsylvania

MAGGIO
6 maggio: Indiana, North Carolina
13 maggio: Nebraska, West Virginia (9 di 27)
16 e 18 maggio: Hawaii
20 maggio: Kentucky, Oregon
27 maggio: Idaho
31 maggio: Wyoming (2 di 18)

GIUGNO
3 giugno: South Dakota, New Mexico
14 giugno: Iowa convention (3 di 14)